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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO NONO
    • XV - Il Marito, la Moglie e il Ladro
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XV - Il Marito, la Moglie e il Ladro

 

Un marito era pazzo innamorato,

innamorato, intendo, di sua moglie,

ma si credeva un uomo disperato

e sfortunato in tutte le sue voglie,

ché sempre ad ogni dolce tenerezza

la moglie rispondea colla freddezza.

 

Mai d'uno sguardo e mai d'una parola,

mai d'un sorriso rispondea la bella

e mai con ciò che gli uomini consola.

Onde il marito si credea da quella

mal tollerato e a stento compatito,

ed io lo compatisco... era marito!

 

Non la prendeva ei già col matrimonio,

anzi ne ringraziava ognor gli dèi,

ma coll'amor l'avea, tristo demonio

che turba anche la pace agli Imenei,

amor che non invecchia, anzi è peggiore

nel matrimonio che non sia di fuore.

 

La donna era sì fatta e di tal gelo,

che non avea mai stretto in caldo amplesso

colui che a fianco aveale posto il cielo.

E di ciò ei ne piangea fra se stesso

una notte, quand'ecco fu interrotto

da un ladro che tentava aprir di sotto.

 

Per paura del ladro (e Dio vel dica

se fu grande spavento) entro le braccia

la fredda sposa ahimè! troppo pudica,

del marito, tremando, ecco si caccia:

lieto costui lasciò che il suo buon ladro

la sua casa mettesse anche a soqquadro.

 

- O ladro, e che tu sia sempre lodato! -

dicea piangendo, - ché se tu non eri,

davver io non avrei giammai provato

questo grande piacere dei piaceri -.

Il ladro (gente spiccia e di man schietta)

fece la casa del più bello netta.

 

Traggo da questa istoria la morale

che la paura d'ogni sentimento

è il più potente ed ha una forza tale

che sull'amor la vince e sul talento,

ma vinta dall'amor mi si assicura

fu qualche volta anch'essa la paura.

 

Si narra che in Ispagna fu un patrizio,

che per poter la sua donna abbracciare,

dié fuoco al suo palazzo e a precipizio

dalle fiamme colei corse a salvare.

Fu tratto di gran cor, se non è fola,

e degno inver d'un'anima spagnola.

 

 




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