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Jean de La Fontaine
Favole

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  • LIBRO DECIMOPRIMO
    • IV - Il sogno d'un abitante del Mogòl
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IV - Il sogno d'un abitante del Mogòl

 

Un tale nel Mogòl, narra la storia,

fe' un sogno e vide in cielo un gran bascià

beato in braccio dell'eterno gaudio.

 

Poi si cangiò la scena e un po' più in là

vide in mezzo alle fiamme un vecchio monaco

dannato, che facea proprio pietà.

 

Gli parvero due casi un poco insoliti

e strani, a men che il giudice Minosse

non avesse stavolta preso un gambero.

 

Tanta fu la sorpresa, che si scosse:

e pensando sul sogno, ad un astrologo

chiese se aveva un senso e quale fosse.

 

L'astrologo rispose: - La mia pratica

mi dice che c'è un senso anche qui sotto.

I sogni son del ciel spesso gli oracoli.

 

In vita questo gran bascià corrotto

cercava spesso la pia solitudine:

e allora questo monaco bigotto

 

andava a fargli una gran corte, ed eccoti,

amico, la ragione

per cui giace dannato in perdizione -.

 

Se osassi un motto aggiungere a questa favoletta,

vorrei di solitudine spiegare i dolci incanti.

Essa a' suoi cari amanti

offre una guida amabile, pronta, sincera e schietta

e beni che fioriscono a' piedi lor davanti.

 

O dolce solitudine, o luoghi ov'io trovai

dolci e segreti amori,

potessi ancor lontano dal mondo e dai rumori

goder l'ombre ed i freschi soggiorni e i chiusi asili

dei boschi, senza guai!

Quando verranno ancora le muse mie gentili

lontano da cittadi, lontano dalle corti,

ad indicarmi in cielo i nomi delle belle

e vagolanti stelle,

da cui sul capo agli uomini si ordiscono le sorti?

 

Che se nato a risolvere non son gli alti quesiti,

oh almeno qui m'inviti

lo specchio dei torrenti,

e sui fioriti margini

alzi i soavi accenti!

 

Di fili d'or le Parche non tesseran la trama

della mia vita e all'ombra non dormirò di fino

e ricco baldacchino,

ma non minor è il prezzo di queste alme delizie

per chi tesor non brama.

 

Beata solitudine, sola beatitudine,

qui voglio alla mia Parca

far sacrifici, e quando comanderà la Sorte

ch'io scenda di Caronte nella sdruscita barca,

me d'ogni affanno sciolto

nudo accorrà, ma libero

il regno della morte.

 

 




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