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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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XIV - L'Amore e la Follia
Amor è un gran mistero: mistero i dardi, la faretra, il foco, e dell'infanzia sua mal noto è il vero. Non io pretendo adesso in pochi versi movergli il processo e spiegar questa scienza, che, confesso, vuol tempo per chi sa ben decifrarla. Ma voglio colla solita mia ciarla narrar soltanto come il cieco iddio perdesse gli occhi e il mal che ne seguì, un mal, che a parer mio potrebbe essere un ben... Ma in questo affare agli amanti rimetto il giudicare.
Amor giuocava un giorno in compagnia della Follia. Aveva il fanciullino in quell'età aperti gli occhi ch'ora più non ha. Nata una fiera disputa, voleva Amor portarla innanzi ai Numi, ma la Follia, perduta la pazienza, gli die tal colpo che gli spense i lumi.
Venere, donna e madre, a quella vista alza le strida e stordisce gli Dèi. Giove dal cielo e Nemesi e tutti insieme accorrono con lei i giudici d'inferno. La madre piange e narra della trista l'orrenda azione, e come il suo bambin non possa, ahi! moversi senza bastone.
Non c'è pena sì grande, che corrisponda ad opre sì nefande; ma poi che riparata esser dovea l'ingiuria, visto il caso, il danno, il male, e visto l'interesse generale, la corte mise fuori questa grida: - Sempre Follia faccia all'Amor di guida!
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