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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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XV - Il Corvo, la Gazzella, la Testuggine e il Topo (Alla signora de La Sablière)
Bello io volevo un Tempio a voi, Signora, in queste mie carte dedicare, un Tempio su quell'arte divina fabbricare che vince il tempo, al vostro bel nome assicurato. Avrei scritto sull'arco: “Palazzo dedicato ad Iride celeste”. Iride, non già quella ch'è di Giunone ancella: Giove e Giunone a questa saranno, sto per dire, superbi di servire. Avrei fatto nel mezzo tra raggi luminosi, e tra gli dèi d'Olimpo, la vostra Apoteosi.
Dipinti andrìan dei fasti di vostra vita i muri, segni non già d'oscuri e cupi avvenimenti ai popoli presenti. Ma in fondo al Tempio immagino nei dolci tratti il viso, il guardo, il bel sorriso, e quella che innamora bell'arte di piacere che pur se stessa ignora.
A questo altar verrebbero, al solo cenno mio, mortali, grandi eroi, ed anche forse un dio. Sì, ciò che il mondo adora s'inchinerebbe a voi.
Il Topo, la Testuggine, il Corvo, la Gazzella vivean insiem d'accordo in bella compagnia. Un certo angolo oscuro asilo a lor offria lontano dagli sguardi dell'uomo esploratore; ma fruga l'uomo in fondo del ciel, del mar, del mondo, e nulla sfugge all'occhio indagatore.
Gazzella in bocca a un cane (strumento maledetto che serve al gran diletto dell'uomo cacciatore) un dì quasi cadea, ma così ben fuggì che la sua traccia perdette il can da caccia.
All'ora della cena disse agli amici il Topo: - Gazzella ci dimentica, dov'è? Noi siam soltanto tre. - O Corvo, avessi l'ali, - soggiunse la Testuggine, - e subito vorrei volar, cercar di lei, se mai cattiva stella (il cor è un triste astrologo) nuoce alla bestia dalla gamba snella -. Il Corvo apre le penne e vola come il vento e giunge in quel momento che proprio la Gazzella poveretta invano dibattevasi in una rete stretta. Ai suoi compagni subito rivola il Corvo e in vane chiacchiere non perde il tempo, in come, in quando, in quamquam, come farebbe un professor di scuola.
Ma tien tosto consiglio, e in esso vien trattato che i due che son più lesti si rechino sul luogo che fu da lui segnato, e l'altra a casa resti a custodir la porta. Testuggine è sì lunga a camminar che ha tempo di morire la poverina, innanzi ch'ella giunga.
E vanno il Corvo e il Topo là dove la compagna Capretta di montagna sen giace prigioniera. Invece d'obbedire sen volle anche la stupida Testuggine partire e muove alla sua povera maniera, colla sua gamba corta e con quel guscio che sul gobbo porta.
Va Rodicordicelle (il nome è di diritto) i lacci a rosicchiare della gabbia. Addio, Gazzella! Quando il cacciator rediva, il Topo scompariva in una macchia, il Corvo sopra un albero fuggiva, Gazzella iva in un bosco ov'è più fitto... e il cacciator disfoga la sua rabbia sulla lenta Testuggine che arriva.
- Tu pagherai per tutti, - gridò quell'uomo a modo, - e della magra zuppa farai squisito il brodo -. Ciò detto, in un suo sacco la ripone. Ma il Corvo che sull'albero faceva da spione, vola nel bosco in fretta e chiama la Capretta che uscì per un istante, e fingendosi un poco zoppicante, attrasse l'uomo a sé, che per meglio inseguirla, in terra getta il sacco e quel che c'è. Rode la cordicella ancora e disviluppa il Topo il sacco, e libera la sua minor sorella, e lungo restò il brodo della zuppa.
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