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Jean de La Fontaine Favole IntraText CT - Lettura del testo |
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XXIV - Il Sole e le Rane
Le rauche degli stagni abitatrici al Sol d'ogni soccorso e protezione andavan debitrici. Né povertà, né guerra, né disastri, mercé questo gran re di tutti gli astri, turbavan degli stagni la nazione. Queste Rane (chiamandole alla fine col nome lor non reca disonore), quest'umide regine osaron contro il Sol levar le ciglia e maledire al lor benefattore.
Imprudenza, superbia, ingratitudine, e quanti mali aduna dentro i cuori leggieri la fortuna, fecer tanto gridar questa insolente razza, che il sonno ne perdé la gente.
Sollevar esse credevano ogni buona creatura col gracchiar, col rauco stridere contro l'occhio di natura. Chi credeva alle parole, sgocciolar dovea del Sole la candela e in un momento spuntar schiere a cento a cento. E se un cenno, un piccol passo ei faceva a quei rumori, era un correre di gracchianti ambasciatori, spaventati degli stagni per gli Stati. A sentirle in conclusione iva il mondo in gran sconquasso per tre rane cicalone.
Non sperar mai di vedere che le rane un giorno imparino l'arte bella di tacere. Ma se il Sole un dì si mette sui puntigli, poverette!
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