Scena XX
PENO, BLANDO, TINCA, MESSER VERGOLO e ARMILEO
PENO Di
quella tacita carità che infonde in noi la clemenzia de la natura fa fede sua
magnificenzia e sua signoria, avvenga che ne hanno tanta copia nel petto, che
basterebbe a fornire mille di quegli che sono più ignudi di ragione: si che non
è maraviglia, se si sono contentati d'essere cosa di voi, che traete la
prudenzia da l'avversità e dal timor di Dio, conciossiaché l'una v'ha
esercitato ne la discrezion de' pensieri, e l'altro introdotto ne l'osservanza
de la pazienzia,
BLANDO Io
non sono sì discosto da la umanità de la carne, ch'io mi dovessi mostrar duro
in verso la molta benignità di sua signoria e di sua magnificenzia ora, perché
si vegga che a me non dispiace quel che è piaciuto a Cristo, lo confermo col
cingere il collo di voi parenti con le braccia del corpo e de l'anima.
TINCA O
consulta de le mie occorrenze!
VERGOLO
Parente soavissimo!
PENO
Armileo, io voglio che tu remuneri l'augurio che cl ha menato messer Blando in
casa, col torre per moglie colei che t'è paruto la schiava, conciossia che sono
talmente simili, che il tuo cuore è per accorgersi del mutar de l'affezione,
come si accorge una gemma legata d'anello in uno altro.
ARMILEO
Egli è in modo da me desiderato quel che voi mi dite, che il mio consentire a
ciò pare più tosto volontà che ubbidienza.
BLANDO O
Iddio, concedimi grazia; ch'io sopporti le felicità presenti con la modestia
che ho sofferti gli infortuni passati.
ARMILEO
Suocero e padre mio, io v'abbraccio e bascio in segno de le grazie, che io
debbo rendervi nel contentarvi ch'io vi sia figliuolo e genero.
BLANDO Le
mie lagrime ti rispondono.
ARMILEO
La gioventù e l'amore mi tira da la mia consorte, la quale vi menerò qui,
adorna e vestita, come sposa novella.
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