Scena XXI
BLANDO, TINCA e MESSER VERGOLO
BLANDO Io doto Lucilla di tre mila fiorini doro
in oro, ed altrettanti ne dò a l'Oretta.
TINCA
Cotesta propria quantità sborserò io per Marmilia nel banco del Signor Luigi
Gaddi.
BLANDO
Sia in laude di chi ha concessi cotali beni.
VERGOLO
La letizia mi soprabbonda.
BLANDO
Chi crederebbe, che io quanto meno ne le miserie mie ho trovata via da
consolarmi, tanto più mi sono sentito consolare? avvenga che il comprendere che
tali calamità procedevano da Dio, per isperimentarmi l'animo, mi è stato di
somma consolazione.
TINCA
Anco me ha scampato Iddio da' campi, perché egli è misericordioso, e perché io
non messi mai pié né mano ne le sue chiese e ne' suoi monasteri.
BLANDO
Chi teme Cristo, ama sé.
TINCA
Circa la roba, credo, spenderla da capitano come io sono.
VERGOLO
Le ricchezze senza generosità sono povertà de' plebei.
BLANDO Il
mio cuore infiammato dal desiderio di vedere i miei figliuoli, mi palpita nel
petto con quegli movimenti che suol far quel di colui, che dopo il lungo
esilio, giunto a l'uscio de la casa paterna, ode la voce de' parenti, onde
sente soprapprendersi da una certa letizia, che gli ricerca tutte le vie de le
viscere e penetrando ne le ossa, fa provargli ne l'anima quante siano le
dolcezze del sangue.
TINCA Io
veggo i nostri.
VERGOLO
Voi dite il vero.
|