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Pietro Aretino
La Talanta

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  • ATTO QUINTO
    • Scena XXI
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Scena XXI

BLANDO, TINCA e MESSER VERGOLO

 

BLANDO Io doto Lucilla di tre mila fiorini doro in oro, ed altrettanti ne a l'Oretta.

TINCA Cotesta propria quantità sborserò io per Marmilia nel banco del Signor Luigi Gaddi.

BLANDO Sia in laude di chi ha concessi cotali beni.

VERGOLO La letizia mi soprabbonda.

BLANDO Chi crederebbe, che io quanto meno ne le miserie mie ho trovata via da consolarmi, tanto più mi sono sentito consolare? avvenga che il comprendere che tali calamità procedevano da Dio, per isperimentarmi l'animo, mi è stato di somma consolazione.

TINCA Anco me ha scampato Iddio da' campi, perché egli è misericordioso, e perché io non messi mai piémano ne le sue chiese e ne' suoi monasteri.

BLANDO Chi teme Cristo, ama sé.

TINCA Circa la roba, credo, spenderla da capitano come io sono.

VERGOLO Le ricchezze senza generosità sono povertà de' plebei.

BLANDO Il mio cuore infiammato dal desiderio di vedere i miei figliuoli, mi palpita nel petto con quegli movimenti che suol far quel di colui, che dopo il lungo esilio, giunto a l'uscio de la casa paterna, ode la voce de' parenti, onde sente soprapprendersi da una certa letizia, che gli ricerca tutte le vie de le viscere e penetrando ne le ossa, fa provargli ne l'anima quante siano le dolcezze del sangue.

TINCA Io veggo i nostri.

VERGOLO Voi dite il vero.

 

 




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