Domenico Cavalca
Vite dei Santi Padri

Di Santo Pacomio

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Di Santo Pacomio

 

Di S. Pacomio, lo quale ricevette la regola dall'angiolo.

 

Fu un altro santo Padre in Tebaida che stava in quel luogo che si chiamava Abenen, lo quale aveva nome Pacomio, ed era uomo di mirabile santitade, intantochè l'angelo gli parlava e spesse volte per divina revelazione conosceva le cose future, ed era anche inestimabilmente misericordioso e amoroso al prossimo. A costui, sedendo egli nella spelonca, venne l'angelo di Dio e dissegli:

 

"In tutto ciò che s'appartiene al tuo proponimento, sappi che se' perfetto; e però Iddio vuole che eschi di questa spelonca e raguni questi monaci giovani che sono per questo diserto e ammaestrigli secondo la regola che io ti darò".

 

E dette queste parole, sì gli diede tavole di metallo, nelle quali era scritto così:

 

"Permetti a ciascuno che mangi e bea quanto vuole, e non costrignere alcuno di mangiare, di digiunare, ma dispensa e imponi le fatiche secondo la fortezza di ciascuno, sicchè a quelli che più sono forti e più cibo richieggono tu imponghi più gravi fatiche e opere corporali. Farai anche diverse celle infra il monasterio e ordinerai che ne stiano tre per ciascuna, ma pur in un luogo tutti mangino; non dormano giacendo, ma sedendo e inchinandosi sopra certe cattedre fatte a ciò, e sempre, quando dormono, tengano la faccia velata. Usino anche di notte vestiti di lino, ch'essi chiamano levitongi; stieno cinti e ciascuno porti di sopra pelli caprine ben concie, le quali mai non lascino, eziandio mangiando e dormendo; ma quando si vanno a comunicare lo sabato e la domenica, ciascuno si scinga il cingolo, levisi le pelli e vada pur in cocolla, la quale voglio che sia picciola, a modo di fanciullo, e abbiavi alquanti segni di porpora tessuti".

 

Ordinò anche l'angelo che tutti gli frati fossero distinti in ventiquattro ordini secondo il numero delle lettere greche, e a ciascuno ordinò e puose il nome di una lettera e ordinò un proposto, sicchè quando Pacomio voleva sapere come si portassero li frati, domandava lo proposto de' frati suoi sotto spezie e nome di queste lettere greche, a loro intitolate. Ed era anche scritto in quelle tavole che nullo altro monaco d'altra regola ricevuto a mangiare con loro, se non si trovassero già forse in cammino insieme, e chiunque vi volesse entrare non fosse ricevuto alla compagnia dentro de' monaci, insinochè non fosse tre anni continui provato in molte fatiche ed esercizi corporali. Anche v'era scritto che quando mangiassero, tenessonochinato il cappuccio della cocolla in sulla faccia che non potesse vedere l'uno l'altro quanto o come mangia, isguardare altrove se non innanzi a ciascuno e sempre tenessero silenzio a mensa. E ordinò anche quanti salmi e orazioni dovessero dire a ciascun'ora e quanti per benedizione di mensa. E dicendo San Pacomio che poche orazioni aveva comandato, rispuose l'angelo che però aveva comandato picciolo numero d'orazioni, acciocchè ai giovani e debili imperfetti monaci non increscesse, e potessero senza tristizia compiere la regola; che i perfetti monaci non è bisogno di costrignere a legge, perocchè eglino stessi si sanno regolare e reggere e per puro amore fanno il più che possono. Per li monaci dunque imperfetti, disse, ho così ordinato, acciocchè incominciando a osservare queste cose, prendano poi fiducia e amore di più e meglio fare per medesimi. Or dette queste parole e ordinate queste cose, l'angelo si partì e in breve tempo poi tanti monaci si congregarono a S. Pacomio ad osservare questa regola che fra molti monasteri divisi sono in numero ben settemila; ma il principale è quello dove stava S. Pacomio, dal quale tutti gli altri procedono. Vidi anche per diversi monasteri del predetto Pacomio, li quali io visitai, molti artefici di diverse arti, secondo che erano nel secolo, li quali servivano alli monaci dell'arte loro, e ciò che guadagnavano sopra le spese, davano ai poveri monasteri di donne e agl'incarcerati. Vidi anche fra loro alcuni che pascevano li porci, la qual cosa parendomi sconvenevole, e riprensibile, dissermi che era bisogno ch'egli notricassero de' porci, acciocchè non gittassero la purgatura delle biade e dell'erbe e dell'altre cose che mangiavano. Era anche quest'usanza fra loro, che quelli che erano deputati a ciò, insino all'aurora ponevano le mense e apparecchiavano li cibi, e poi in sulla terza li ponevano in mensa e poi ciascuno, quando voleva, veniva a mangiare e chi veniva a terza e chi a sesta e chi a nona e chi a vespro, e alquanti più perfetti indugiavano insino all'altro o insino al terzo ; e facevano anche diverse arti, ma tutti lavoravano in comune, e ciascuno quanto poteva si sforzava d'imprendere a mente le Scritture divine.

 

 


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