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D'Elpidio e d'alquanti altri santi e perfetti monaci.
Fu un altro di Cappadocia, il quale ebbe nome Elpidio discepolo di un santo vescovo, lo quale per sua gran santitade fu fatto prete nel monasterio del predetto vescovo. Questi si rinchiuse in una spelonca del monasterio, e stava quasi in continue orazioni ed era in tanta astinenzia che in venticinque anni che visse in penitenzia non mangiò se non lo sabato e la domenica, e poi tutta notte stava ritto e orava e contemplava e cantava. Questi fece tanti discepoli che quel diserto, dove stava, parea quasi una cittade per la moltitudine di quelli che v'abitavano sotto il suo magisterio. Questi cantando una notte l'uficio, fu punto da uno scarpione, la qual puntura egli sentendo, non si mosse però del suo luogo, nè lasciò di cantare, ma uccise lo scarpione e perserverò orando e cantando, e la puntura non gli fece male. E un giorno un de' suoi discepoli tenendosi in mano un sermento secco di quelli che si potano dalle viti, sedendosi in sulla cima di un monticello, lo quale era sopra lo monasterio, sì lo ficcò in terra a modo come si sogliono ponere gli magiouli, non essendo però tempo da piantare, eziandio se il sermento non fosse stato secco, e da indi a poco miracolosamente in testimonio della santità del predetto monaco crebbe tanto e diventò si gran vite e dilatossi sì che copria quasi tutto il tetto della chiesa. Erano anche col predetto Elpidio due perfettissimi compagni, cioè Enesio e Eustazio, li quali furono mirabili e perfetti e famosi monaci; e in tanto lo predetto Elpidio per la detta astinenzia era diseccato e purificato che quasi tutte le giunture dell'ossa sotto la pelle, e 'l buccio li si pareano. Udii anche da alcuni suoi discepoli che di tanta stabilità di mente e di corpo fu che in tutti li predetti venticinque anni non guatò inverso l'occidente, orando sempre pure all'oriente, e mai non discese del predetto monte insino alla morte. Di questo Elpidio fu discepolo Sisinnio di Cappadocia, lo quale nato secondo il corpo di schiatta servile, ebbe tanta libertà e gentilezza d'animo in Dio che facea vergogna la perfezione della sua vita a quelli ch'erano più gentili di lui. Questi poichè fu stato sotto il magisterio del predetto Elpidio bene ott'anni, o in quel torno, si rinchiuse in un sepolcro, e stando ritto orò continuamente per tre anni e non si mutò di luogo, nè puosesi a sedere nè a giacere; onde meritò singular grazia contro al demonio; e poi tornando nella sua contrada, fu fatto prete e congregò insieme molta gente, maschi e femmine, e in tanta puritade gli resse che già parea compiuto in loro quello che dice San Paolo, cioè che nella beata vita, in Cristo Gesù non è differenzia di maschio a femmina, ma fia tutto in tutti Cristo. E avvegnachè fosse molto povero, nientemeno intendea volentieri a ricevere li poveri pellegrini. La qual cosa a gran vergogna torna di molti che, essendo ricchi, non intendono a fare misericordia di quello che abbonda loro. Vidi anche e cognobbi in Palestina un monaco antico, ch'avea nome Gadano, lo quale sempre vivette intorno al fiume Giordano, non entrando mai per qualunque tempo fosse, sotto tetto. Contro costui venendo un giudeo armato per fedirlo, Iddio ne mostrò cotal miracolo che la mano diritta la quale avea levata col coltello per fedirlo, se gl'inaridette e seccò, e 'l coltello gli cadde di mano, e no lo potè fedire. A un altro monaco ch'avea nome Elia, lo quale stava ne' predetti luoghi in una spelonca, venendo meno lo pane un giorno che molta gente l'era venuto a visitare ricorrendo all'orazione secondochè egli medesimo ci disse, ed entrando nella spelonca un poco malinconico e vergognoso, trovò tre pani sì belli e grandi che venti frati de' due sufficienti furono pasciuti, e del terzo che gli rimase egli poi n'ebbe assai venticinque giorni, li quali che Iddio miracolosamente gli mandasse, non è da dubitare. Fu un altro ch'ebbe nome Saba: questi era uomo secolare nato di Iericonto e avea moglie, e tanto amava gli monaci e in tanta reverenzia gli avea ch'ei spesse volte di notte cercava tutto il diserto, e innanzi alla cella di ciascuno ponea certa misura di dattari e tanta erba da cuocere, quanta parea a lui che bastasse, conciossiacosachè massimamente quelli monaci che stanno nel sito del fiume Giordano, ai quali per lo predetto modo sovvenía, non abbiano in uso di mangiar pane. Contro a costui un giorno un leone impetuosamente andò per divorarlo, ma Iddio non permise se non che egli il gittasse a terra e mettessegli paura e mangiassegli l'asino suo. Fu un altro d'Egitto ch'ebbe nome Abramo, lo quale molto aspra e dura vita menò nel diserto. Questi per superbia impazzò e perdette il senno, e venendo alla chiesa incominciò a contendere co' preti e disse:
"Io sono fatto prete da Cristo stanotte".
Lo quale gli Santi volendo curare, sì 'l cacciarono del diserto e ridussero allo stato secolare e alla comune conversazione degli uomini, e per questo modo umiliandolo lo feciono riconoscere sè medesimo.