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Capitolo.I
Incomincia la Leggenda di Santo Antonio; e prima del mirabile suo fervore nel principio della sua conversione.
Antonio, nato di nobili e religiosi parenti delle contrade d'Egitto, e notricato in tanti vezzi e con tanto studio che appena era lasciato uscire fuori di casa, essendo ancora in etade puerile, inspirato e ammaestrato da Dio, fuggia l'usanza e le compagnie de' vani garzoni, e non per isviarsi con loro non permise d'essere posto alla scuola. E fuggendo ogni studio di vana scienza, stavasi innocentemente, secondochè narra la Scrittura, che facea Giacob patriarca quando era fanciullo. E stando in casa e andando alla chiesa col padre e colla madre, studiava d'orare e ringraziare Iddio con gran desiderio e amore: e ascoltando diligentemente quello che si dicea nella chiesa, studiavasi di metterlo in opera. Non era grave ai suoi parenti chiedendo, come sogliono fare i fanciulli, vari e dilicati mangiari o altri ornamenti, ma contento di quello che dato gli era, più non chiedea. E passati già di questa vita lo padre e la madre, rimanendo in età d'anni diciotto, ovvero di venti, governava diligentemente e onestamente la casa e la famiglia tutta, e massimamente una piccola sorella che gli era rimasa. E passati già quasi sei mesi dopo la morte del suo padre e della sua madre, acceso d'un santo e vivo desiderio, venne pensando come gli Apostoli, dispregiando e lasciando ogni cosa, aveano seguitato Cristo, e molti altri discepoli degli Apostoli, vendendo ogni loro possessione, poneano lo prezzo ai loro piedi, e per loro mano gli comunicavano a tutti i fedeli. E stando in questo pensiero una fiata con gran desiderio di seguitarli, pensando il merito e la gloria che perciò ricevuto aveano, avvenne che entrò nella chiesa per udire la messa. E come piacque a Dio, avvenne che si lesse quello evangelio lo quale narra come Cristo disse a uno giovane ricco: "Se tu vuoi essere perfetto, va e vendi ogni cosa che tu hai, e dallo ai poveri, e vieni dipo' me e seguitami, e averai tesoro in cielo".
La qual parola udendo non come da uomo, ma come da Dio, e imaginandosi che propriamente Iddio per lui e a lui l'avesse fatta dire, e dicesse, trasse a sè stesso cotale comandamento e tornando a casa disperse e distribuette o vendendo o donando ai vicini e a i poveri ogni sua sustanzia, riserbandone una picciola quantitade per la sorella. E fatto questo, entrando un altro giorno nella detta chiesa alla messa, udì leggere quello evangelio nel quale dice Cristo: "Non abbiate sollecitudine per lo dì di domande".
La qual parola anche intendendo detta per sè, tornando a casa diede anche quello cotando che avea serbato ai poveri. E raccomandando la sorella ad alquante santissime vergini d'un monasterio, che la informassero al loro esempio, non potendo più sostenere d'abitare colle genti del secolo, acceso d'un santo desiderio, fuggì in solitudine e incominciò a fare asprissima e santissima vita. In quello tempo erano pochi monasteri in Egitto, e nullo, che si sapesse, abitava soltanto nel diserto. Ma chiunque voleva uscire del mondo, e convertirsi a Cristo, e a vita più perfetta, dilungavasi un poco dalla sua contrada, e qui separato e scostato dagli altri facea penitenzia per questo modo. Essendo quivi in una villa presso, uno santo e antico eremito, e molti altri quindi e per altre contrade dintorno, Antonio come ape prudentissima tutti visitando, e le virtudi di ciascuno considerando, di tutti si studiava di guadagnare e di trarre mele spirituale. E per una santa invidia tutti con ardentissimo desiderio istudiava di seguitare, considerando in quale virtù massimamente ciascuno abbondasse. E per questo modo ciascuno visitando e di ciascuno frutto ed esemplo traendo, tornava al suo abitacolo. Per li esempli de' quali acceso di migliorare, dimenticandosi d'ogni sua prima ricchezza, parenti e onori e tutto 'l mondo, orava quasi assiduamente. E sapendo quello che dice l'Apostolo, cioè che chi non lavora, non manduchi, lavorava colle sue mani, e del suo lavoro e guadagno vivea, e quel tanto che gli soperchiava dava ai poveri. E con tanto studio e desiderio intendea la Scrittura santa che mai non la dimenticava; ma, servando nel suo cuore tutti li comandamenti divini, avea la memoria in luogo de' libri, della qual fatto avea quasi un armario delle Scritture sante. Sì graziosamente la sua vita menava e con tanta reverenzia s'inchinava e ubbidiva a tutti quelli li quali visitava, che ciascuno l'amava e di puro cuore e singulare affetto. Considerava studiosamente quale virtù massimamente e singularmente in ciascuno rilucea, ed acceso a seguitarli d'un santo zelo, e per una santa invidia, dall'uno imprendea astinenzia, dall'altro umiltade, ed ora la mansuetudine di questo, ed ora la carità di quell'altro seguitare si studiava. E per questo modo tutti considerando e da tutti esemplo e studio d'alcuna virtù traendo, quasi come pasciuto e caricato di fiori tornava al suo romitorio, e quivi tutte le virtudi ch'avea in altrui singularmente vedute, si riducea a memoria, e quasi per santa considerazione masticandole, brigava d'incorporarlesi amando e seguitando. Non considerava, come sogliono fare i negligenti, li suoi pari o quelli che in virtù minori di lui fossero, ma infiammato di mirabile fervore e d'una santa superbia, studiava che nullo l'avanzasse, nè eccedesse in qualunque cosa: e questo faceva sì umilmente e sì graziosamente che, avvegnachè tutti quasi già avanzasse in fama e in verità di santità, a tutti non però di meno era caro e grazioso, e nullo gli avea invidia, anzi tutti quando il vedeano, lo chiamavano deicola, cioè uomo di singolare devozione, e tutti l'amavano e riceveano come figliuolo e fratello.