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Capitolo III
Come, entrando più addentro nel diserto, fu battuto e in diversi modi tentato dalle demonia.
Volendo dunque Antonio trarre esemplo di Santo Elia, e riputando che fosse bisogno e utile al servo di Dio a quello specchio la sua vita componere, partissi dal primo abitacolo, e andò molto dilunge dalla villa dove stava in prima, a luogo più segreto in uno diserto, dov'erano certi sepulcri antichi, imponendo a uno suo amico dimestico che certi dì della settimana gli portasse mangiare; e facendosi rinchiudere dal predetto suo amico e dimestico in un casale antico e diserto, rimase, e stava ivi solitario. La qual cosa vedendo il nemico, e temendo che al suo esemplo l'ermo non si incominciasse ad abitare, sforzossi con ogni sua malizia di lui quindi cacciare, e in tal modo che nullo più mai ardito fosse d'andare ad abitare all'eremo. E come Iddio gli permise, venendo una notte con molte demonia, flagellaronlo sì duramente che quasi Antonio rimase e parea morto, e non poteasi più muovere nè più parlare; onde egli po scia solea dire che quelli flagelli furono sì gravi che passarono ogni tormento umano. Ma come piacque alla divina provvedenza, la quale non viene mai meno a quelli che in lui sperano, venne lo predetto suo amico, lo quale solea arrecare da mangiare, per visitarlo e per recargli del pane; e trovando rotto l'uscio di quel casale ed Antonio in terra giacere quasi morto, levollosi in collo e recollo alla villa dove prima stava perchè fosse aiutato e veduto e confortato da quelli suoi amici monaci ed eremiti che quivi stavano. La qual cosa udendo tutti i vicini ed amici della contrada, corsero là e vedendolo stare come morto, con grande tristizia piagnendo sopra lui come se fosse morto dicevano salmi e l'ufficio come si fa sopra i morti. E venendo in sulla mezza notte, già tutti come piacque a Dio, addormentati, Antonio, tornando un poco in sè, sospirò molto forte e levò il capo; e vedendo tutti dormire, eccetto quello suo amico che l'avea qui recato, accennógli pianamente e pregollo che, nullo di coloro isvegliando, pianamente che non fosse sentito il dovesse rimenare al luogo di prima; e poichè fu là giunto, mandonne quello suo amico e rimase solo. E non potendo stare ritto per le piaghe, che erano ancora molto fresche, stava prostrato in terra, orava e come valente cavaliere di Dio, quasi richeggendo battaglia alle demonia, gridava e diceva:
"Ecco qui sono io Antonio: non fuggo e non curo le vostre battaglie; eziandio se vie peggio mi faceste, nulla mi potrà partire dalla carità di Cristo"; e cantando dicea quel verso del salmo: "Se oste mi fosse fatta, non teme il cuor mio; e se battaglia mi giugne, honne grande speranza di guadagnare".
E udendo queste parole, e vedendo tanta baldanza il nimico d'ogni buono uomo, e maravigliandosi che era stato ardito dopo tanti flagelli ancora tornare, congregati tutti i suoi seguaci maligni spiriti, tutto quasi dilaniandosi, infremendo dicea:
"Vedete che nè per tentazione di diletto di fornicazione, nè per dolore ed afflizione di corpo lo possiam vincere: anzi pare che si faccia beffe di noi e riccheggiaci di battaglia. Ciascuno si sforzi ed armi con tutto suo potere contra di lui, e diamogli più dure battaglie, sicchè egli provi e senta la nostra potenza e chi siamo noi, li quali promove al combattere con esso".
E dette queste parole, e acconsentendogli tutti gli spiriti maligni, ecco subitamente per opera del diavolo un suono repentino e subito sopra l'abitacolo d'Antonio sì grande e mirabile, che tutto quello edificio si commosse dal fondamento, e quasi aprendosi le parete e le mura, entrarono dentro molte turbe e forze di demonii, le quali avendo preso forma di varie bestie e di serpenti, tutto quel luogo empierono di forme fantastiche di leoni, di tori, di lupi, di basilischi, di serpenti e di scorpioni e di leopardi e d'orsi, li quali tutti animali gridavano e ruggivano ciascuno secondo sua proprietà e natura. Ruggiva lo leone dando vista d'andargli addosso; lo toro mugghiando lo minacciava di fedire colle corna della superbia; lo serpente verso lui acceso sibilava; gli lupi urlavano; e così ciascuno con crudele vista e volto e grida contra lui fremivano: delle quali tutte cose Antonio, quantunque ancora debole e pesto per li flagelli di prima, facendosi beffe, istava con mente sicura e immobile, e diceva:
"Se nulla potenzia aveste, bastava uno di voi a uccidermi; ma perciocchè Iddio v'ha prostrati e tolta la potenzia, per moltitudine tentate di mettermi paura, conciossiacosachè grande segno di vostra impotenzia sia ch'avete preso forma di varie bestie".
E poi anche in Dio prendendo maggiore fiducia, diceva:
"Se nulla potenzia avete, e se Dio contra me v'ha data licenzia, divoratemi; ma se non potete, perchè v'affaticate in vano? Lo segno della croce con buona fede di Dio a noi cristiani è muro inespugnabile".
E vedendo lo nemico che in nulla contra lui poteva prevalere, ma d'ogni cosa rimanea confuso, facea grandissimo strepito e romore. E poich'ebbe Iddio veduto la costanzia del suo cavaliere Antonio, degnossi di lui visitare; onde levando gli occhi Antonio verso il tetto, parvegli, che si aprisse, e cacciate le tenebre vide luce e splendore ismisurato verso di sè discendere e lui tutto coprire; per l'avvenimento della quale luce le demonia disparvero, ed egli ricevette perfetta sanitade e fortezza del corpo, e lo suo abitacolo, lo quale venendo le demonia era stato tutto conquassato, fu perfettamente rifatto e restaurato. E intendendo che Cristo era in quella luce, traendo grandi sospiri gridò e disse:
"Ove eri, o buon Gesù, quando fui battuto, dove eri? perchè non venisti infino al principio a sanare le mie piaghe?".
"Antonio, qui i'era teco presente, ma io aspettava di vedere come tu combattessi e fossi valente, e perchè ti se' bene e valentemente portato, sempre ti darò lo mio aiuto e per tutto il mondo ti farò nominare".
E gittandosi Antonio in terra prostrato, orando e ringraziando Iddio, sentendosi molto più forte che imprima, la visione disparve.