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Capitolo XI
Come poi fuggì in un altro diserto occultamente, temendo la vanagloria per li miracoli che faceva e per la gente che lo visitava; e delle molte tentazioni che quivi sostenne.
Onde, temendo che per li molti segni e maraviglie che Iddio faceva per lui, non insuperbisse, o gli uomini non lo reputassero migliore che non era, fuggì per andarsene nella Tebaida di sopra, ove non fusse conosciuto. E pervenendo al fiume del Nilo con alquanti pani che avea portati con seco, aspettava di poter passare. E stando egli alla ripa del fiume per passare, venne una voce e dissegli:
"Antonio, dove vai? e per che?".
Alla quale voce Antonio senza nulla paura, come uomo che n'era usato, rispose:
"Perchè i popoli mi fanno troppa noia, ho diliberato di fuggire alla Tebaia di sopra, spezialmente perchè gli uomini mi richieggono di fare tali cose che eccedono la mia virtù".
"Se tu anderai in Tebaida, o in altri luoghi diserti, due cotanti fatica sosterrai; ma se tu vuoi trovare bene e pace, entra ora ben addentro in questo diserto".
"Or chi mi mostrerà la via e il luogo?", incontanente quella voce gli disse che andasse dietro a certi Saracini, che allora quindi passavano e andavano in Egitto per mercatanzia. Alli quali accostandosi Antonio, pregavagli che il menassero nel diserto con seco, per lo quale conveniva loro passare; li quali molto volentieri ricevendo la sua compagnia, poichè furono iti tre dì e tre notti, pervennero ad un molte molto altissimo, appiè del quale era una bellissima fonte e una bella pianura non lavorata, con alquante palme; lo quale luogo Antonio considerando, e estimando che Iddio per lui avesse apparecchiato, accommiatandosi dai mercatanti e prendendo da loro del pane, rimase quivi solitario. Veramente era quel luogo del quale la voce gli aveva detto. E vedendo li Saracini, che passavano per quello diserto con mercatanzie, la fiducia d'Antonio, che stava in quel monte solo, sì gli portavano del pane, del quale con alquanti datteri, che trovava quivi, vivea, e beeva dell'acqua. E dopo certo tempo ispiando i discepoli questo cotale luogo, mandavangli sollicitamente, come figliuoli al loro padre, cibi da vivere. Onde vedendo Antonio che molti avevano gravezza di lui e sollecitudine di mandargli che vivere, pregò un di quelli che gli recavano qualche cibo, che gli recasse uno ferramento di lavorare la terra e alquanto grano: le quali cose poichè ebbe, mirando intorno al monte, trovò uno poco spazio e un piccolo luogo da potere lavorare, nel quale da certa parte di sopra l'acqua si potea fare discendere; e quivi seminando, e riccogliendo tanto pane che gli bastava, rallegravasi molto che senza altrui gravezza vivea nel deserto della propria fatica. Ma non lasciando però alcuno di visitarlo, avendo Antonio compassione alla loro istanchezza, fece un poco d'orto per potere avere dell'erbe per i frati che giugnessono stanchi. Avvenne che una fiata certe bestie del diserto venendo a quella fonte a bere dell'acqua, rosero e guastarono tutta quella semente e tutto l'orto. La qual cosa vedendo Antonio corse là, e presene una, e poi disse verso di tutte:
"Perché mi fate danno, non ricevendone da me? partitevi da me nel nome di Dio, che da ora innanzi qua non vi approssimiate".
E da quell'ora innanzi non furono mai ardite di venirvi più. E standosi così Antonio, fuggendo le genti, e vacando pure a Dio in quel diserto, l'avversario dell'umana generazione ciò vedendo, diedegli grandissime e diverse battaglie, che, secondochè egli poscia disse, ispesse fiate sentì grandi tumulti e strepiti e voci come di gente che passasse, a suono d'arme e di cavalli, come addiviene nelle battaglie; e alcuna volta vide tutto quel monte pieno di moltitudine di demonia. Secondochè dissono poi alquanti frati che, avendolo visitato, sentirono parte delle predette cose, tanta era la resistenza d'Antonio incontro alle demonia che pareva quasi una battaglia visibile e sensibile; lo quale confortava li frati che erano venuti a visitarlo, e orando e gridando a Dio, vincea lo nimico e facealo disparire. Molto è certo da maravigliare un uomo istare solitario e non temere nè tante bestie, nè fiere, nè sì dura e continua battaglia come gli facevano le demonia, anzi a tutti signoreggiare e di tutti rimanere vincitore. Ma come dice David: "chi si confida in Dio, istà immobile e forte ad ogni impeto di tentazione"; onde Antonio, perfettamente confidandosi e gittandosi tutto in Dio, vincea le bestie e le demonia. Onde avvenne, che vegghiando Antonio una notte in orazione, tanta moltitudine di fiere e bestie crudeli per opera del diavolo gli entrarono nel suo monastero, che parve che tutte le bestie di quello ermo fossero qui congregate; le quali con urli e voci orribili aprendo la bocca, e venendo in verso Antonio davano vista di divorarlo; e incontanente Antonio armandosi col segno della croce, e intendendo che questa era opera del diavolo, rivolsesi inverso loro e disse:
"Se da Dio v'è data licenzia incontro a me, divoratemi; ma se per opera di demonio siete qui venute, comandovi che vi partiate da me, perocchè sono servo di Cristo": al comandamento del quale tutte quelle bestie, come se fossero battute, fuggirono. Ora aveva in uso Antonio di sempre lavorare alcuna cosa, e sì per fuggire ozio, e sì per avere che dare a quelli che gli recavano del pane e dell'altre cose. E dopo alquanti giorni, dopo la predetta apparizione delle bestie, lavorando Antonio e tessendo una sportella, sentì tirare la 'ntrecciatura, della quale facea la sportella; onde levandosi per vedere chi fosse, vide una bestia mostruosa, secondochè il diavolo aveva formata, la quale parea dal mezzo in su uomo, e d'indi in giù asino. La qual cosa vedendo Antonio, armandosi col segno della croce disse:
"Servo di Cristo sono: se se' mandato da lui a me, non fuggo, fa' di me ciò che t'è permesso".
Alla quale parola quello cotale prodigio, incontanente fuggendo, cadde quasi morto, in segno che lo demonio era sconfitto; lo quale per nullo suo ingegno potè traggere Antonio del diserto.