Domenico Cavalca
Vite dei Santi Padri

Vita di S. Antonio Abate

Capitolo XII

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Capitolo XII

 

Come tornando coi monaci al primo abitacolo, venendo tutti quanti meno di sete nel diserto, gittandosi in orazione, impetrò da Dio una fonte, e poi come ritornò al monte.

 

Dopo le predette cose maravigliose, restano a dire alquante altre più mirabili. Dopo gran tempo che Antonio era stato al predetto monte, e avute molte vittorie delle demonia, lasciandosi vincere umilmente e per grande caritade ai preghi de' monaci, partivasi quindi e tornava insieme con loro al luogo di prima per visitare li suoi fratelli e discepoli, portando seco sopra un cammello acqua e pane, perocchè da quivi all'altro luogo eradeserto e sterile che non v'era acqua da bere. E come furono giunti a mezza via, venuta meno l'acqua, e gli uomini e 'l cammello affogavano di sete, e cercando d'intorno se niente d'acqua trovassero, e non trovandovene, Antonio, vedendo che ogni remedio e consiglio umano veniva loro meno, avendo compassione a quelli suoi fratelli e discepoli, partissi un poco da loro, e con grande fiducia si pose in orazione ginocchione, pregando e levando le mani giunte e gli occhi verso il cielo. Ed ecco incontanente come le lagrime incominciarono ad uscire degli occhi d'Antonio, così in quel luogo dove egli orava incominciò a rampollare e uscire acqua ottima, e fecevisi una bella fonte; della quale acqua tutti bevendo, poichè ebbero pieni gli otri, cercavano per lo cammello per caricarlo, lo quale in prima aveano lasciato andare, credendosi tutti quivi morire di sete; e trovandolo come piacque a Dio, perocchè la fune che aveva in collo s'era avviluppata ad una pietra, sicchè non s'era potuto molto dilungare, preserlo e caricaronlo d'acqua e d'altre loro cose, e continuando la via giunsero al monisterio, al quale andavano: la cui venuta sentendo li frati, tutti gli vennero incontro, e con grande reverenzia salutandolo e abbracciandolo lo ricevettero. Lo studio e 'l fervore de' quali vedendo Antonio, molto rallegrandosi gli confortò, e quasi recando loro delle gioie del monte onde venia, fece loro bellissimo sermone; e poi visitando la sua sorella, la quale nella sua puerizia avea raccomandata alle donne d'uno monastero quando egli entrò al diserto, e trovandola già vecchia e come santissima madre e maestra di tutte, molto rallegrandosi, e ringraziando Iddio, poichè ebbono insieme consolatosi e parlato di Dio, partissi quindi; e dopo alquanto tempo confortando gli frati, tornò alla diletta solitudine del predetto monte, avvegnachè non potesse tenere la solitudine, come egli desiderata, perocchè grande moltitudine d'infermi e di sani, costretti per diverse necessitadi a lui correvano; li quali egli tutti consolando e sanando, confortava di credere e d'amare Iddio. E ragunandogli insieme con gli monaci che lui visitavano, diceva loro:

 

"Credete in Gesù fedelmente e conservate la mente pura dalle male cogitazioni ed il corpo da ogni immondizia; fuggite e odiate la golosità e la vanagloria; orate e lodate Iddio spesso, massimamente la mattina e la sera; ripensate e recatevi a memoria li comandamenti della Scrittura e gli esempli dei Santi, per li quali provocati a bene possiate fuggire li vizi e seguire le virtudi. Massimamente vi prego che, secondo la sentenzia dell'Apostolo, la vostra ira non duri in sino a sera, avvegnachè simigliantemente ogni altro vizio dobbiatevincere ed estirpare, che di e di notte sempre la coscienzia sia pura. Anche secondochè ne ammonisce l'Apostolo, digiudicate voi medesimi, e mettete ragione con voi stessi la mattina e la sera, ed esaminatevi diligentemente; e se trovate in voi alcun difetto, ammendatelo e punitelo; e se vi sentite innocenti e virtuosi, studiate sempre di megliorare e di guardare di non insuperbire e dispregiare li difettuosi, confidarvi innanzi tempo, ma sempre temere e con umiltà tutti avere in reverenza, perciocchè solo Iddio sa gli nostri occulti e il nostro fine; chè il giudicio umano molto è fallace, che spesse volte tal cosa ci parrà buona, che è ria, e tal uomo ci pare rio, che è buono. Riserbiamo dunque a Dio lo nostro giudicio, perocchè, come dice la Scrittura, gli uomini veggiono la vista di fuori, ma Iddio vede gli occulti dentro; e pogniamo che pur fossimo certi de' difetti de' nostri prossimi, conviensi e dobbiamo, secondochè ci ammonisce S. Paolo, sopportargli con caritade e compassione, pensando anche che noi simigliantemente potremo cadere".

 

Massimamente ammoniva e induceva a umiltà, di non mai negare, escusare li nostri difetti, e di revelare sempre li pensieri e le tentazioni nostre ai nostri padri spirituali; e diceva che la vergogna che è nella confessione, e il revelare e aprire il nostro cuore ai nostri padri e fratelli toglieva la forza al nimico ed era grande soddisfazione de' nostri peccati: e per contrario lo negare ed escusare e appiattare li peccati raddoppiava la colpa e dava maggiore forza al nimico contra di noi; e però se ciò che facessimo, credessimo per certo che fosse saputo da Dio e dagli uomini, non peccheremmo mai. Di questi cotali sermoni consolava, e incitava a studio di virtù li frati che venivano a lui e gl'infermi che venivano per essere guariti. De' quali Iddio molti liberando per li suoi meriti, non si vanagloriò però mai per quelli che liberava, mai si contristò, mormorò per quelli che non erano liberati; ma, rimanendo sempre colla mente tranquilla e colla faccia serena ringraziava Iddio, e ammonendo quelli che erano liberati che ringraziassero Iddio, non lui, e diventassono migliori, e pregando quelli che erano rimasti infermi, di portare in pace la correzione e il flagello di Dio; lo quale quando, e a cui vuole, e come gli piace, in loro meglio la sua medicina.

 

 


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