Domenico Cavalca
Vite dei Santi Padri

Vita di S. Antonio Abate

Capitolo XIII

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Capitolo XIII

 

Come liberò uno indemoniato e curò una grave infermità, e i molti altri miracoli che fece.

 

Un gentiluomo de' Baroni dello Imperadore essendo vessato e tormentato da un crudelissimo demonio, intanto ch'egli si rodeva la lingua e perdea il vedere, venne ad Antonio e pregollo che dovesse pregare Iddio per lui che egli il liberasse. Allora Antonio, avendogli compassione, pregò Iddio per lui, e poi levandosi, sì gli disse:

 

"Pártiti e sarai guarito".

 

La qual cosa quelli non credendo; ma pure importunamente dimandandogli e pregando che pur quivi lo liberasse, Antonio pur rispondeva e diceva:

 

"Qui non puoi tu essere curato, ma va, pártiti, e incontanente che tu entrerai in Egitto, sarai liberato".

 

All'ultimo quegli credendo partissi; e incontanente, essendo entrato in Egitto, come Antonio gli disse, al quale Iddio aveva ciò revelato, fu perfettamente guarito. Una giovane vergine era nelle contrade di Tripoli, la quale era inferma di gravissime e inaudite infermitadi, in tanto che la purgatura del naso e le lagrime degli occhi e il fracido umore che le usciva degli orecchi cadendo in terra, incontanente ritornava in vermini, ed era anche tutta paralitica, e aveva gli occhi orribili contro natura. Udendo dunque la fama d'Antonio li suoi parenti, pregarono alquanti monaci della loro contrada, i quali in quelli giorni andavano a visitare Antonio, che piacesse loro per pietà di menare questa loro figliuola ad Antonio; la qual cosa quelli non presumendo, e renunziando d'accompagnarla insino a lui, vennero quelli suoi parenti, cioè il padre e la madre, insieme con loro insino al monastero del venerabile monaco Panuzio, lo quale, essendogli tratti gli occhi da Massimiano imperadore per lo nome di Cristo, molto di questa laidezza si gloriava. E giunti che furono li monaci ad Antonio, volendogli incominciare a dire di quella giovane così inferma, Antonio gli prevenne in parlare, e come se egli fosse stato per tutta quella via con loro, disse loro per ordine l'infermità di colei e ciò che nella via era incontrato fino al monastero di Panuzio; e pregandolo quelli monaci che egli permettesse intrare e venire a lo padre e la madre di quella vergine insieme con lei, non volle, ma disse:

 

"Andate, e se ella non è morta, voi la troverete guarita. Nullo dovrebbe venire a me uomo vilissimo per questa cagione, perocchè la cura che da me domandate, non è di potenzia e misericordia umana, ma di Gesù Cristo, lo quale a chi fedelmente lui dimanda volentieri lo suo aiuto. Per la qual cosa vi dico che quella giovane per li suoi preghi fedeli è liberata, che pregando io Iddio per lei, sì mi fu revelata la sua liberazione".

 

E andando gli monaci, trovarono, come Antonio aveva detto, la giovane liberata. Da indi a alquanti giorni avvenne che due frati venendo ad Antonio venne loro meno l'acqua nella via, sicchè per la sete l'uno morì, e l'altro era presso a morte; la qual cosa Antonio conoscendo per ispirito, disse a due monaci i quali in quel l'aveano visitato:

 

"Prendete tosto un vasello d'acqua, e andate per la via che mena in Egitto, e troverete nella via un monaco morto di sete, e l'altro che quasi già anche si muore, se tosto non lo soccorrete, e dategli bere".

 

Li quali andando trovarono come Antonio aveva loro detto, e dopo che ebbero refocillato e dato bere a quel monaco che trafelava di sete, seppellirono quell'altro monaco, e tornarono ad Antonio con quell'altro vivo, la cella del quale Antonio era di lungi da quel luogo, nel quale questi trovarono quelli frati, bene una giornata; sicchè Antonio non potè questo sapere se non per revelazione. Ma se forse nullo si movesse e dicesse:

 

"Perchè non fu questo fatto revelato a Antonio innanzi che quel frate morisse, che come sovvenne all'uno, così avesse sovvenuto all'altro?".

 

Rispondo che questo non si conviene dimandare a nullo buono cristiano; perocchè questo fu giudizio di Dio, non d'Antonio, lo quale e sopra l'uno diede quella sentenzia che gli piacque, e dell'altro si degnò di revelare; onde il giudicio di Dio dobbiamo avere in reverenzia, perocchè sempre è giusto, pognamo che sia occulto, e d'Antonio ci dobbiamo maravigliare, e santissimo reputarlo, pensando che, stando 'n sul monte solitario, per revelazione di Dio vedeva le cose occulte. Un'altra volta stando solitario su quel monte, subitamente levando gli occhi al cielo vide molti angioli menare un'anima con grande allegrezza al cielo: della qual cosa maravigliandosi e rallegrandosi, pregò Iddio che gli revelasse chi fosse quell'anima; e incontanente udì voce che gli rispuose e disse che quella era l'anima di quel santo monaco che dimorava in Nitria, che avea nome Ammone. Della qual cosa Antonio concepette tanta allegrezza, che non la poteva nascondere: e dimandandolo i monaci della cagione di quella allegrezza, rispuose:

 

"Sappiate che ora Ammone n'è ito a vita eterna".

 

E disse loro la visione che aveva veduta. Questo Ammone era stato dalla sua puerizia insino alla vecchiezza e insino al punto della morte in sante penitenza, ed era molto famoso di santità per li molti miracoli che Dio fece per lui a sua vita, e spesse volte solea visitare Antonio; e però Antonio e quelli altri frati, come suoi famigliari e amici, ne fecero singulare allegrezza; e notando i frati lo e l'ora che Antonio avea veduta la detta visione, venendo poi alcuni frati di Nitria, seppero che in quel e in quell'ora Ammone era passato di questa vita. Un'altra volta volendo andare a certo luogo, era bisogno che guadasse e passasse un fiume ch'era allora molto pieno d'acqua, che si chiamava Lico; onde dovendosi spogliare, pregò Teodoro, che era con lui, che si partisse da lui e andasse a passare tanto più dilungi che l'uno non vedesse la nudità dell'altro. E partito Teodoro, volendosi Antonio spogliare, vergognavasi in medesimo che si dovesse vedere nudo; e subitamente pensando egli sopra questa vergogna, per divina virtù si trovò passato di dal fiume; e tornando Teodoro a lui, essendo passato in un altro luogo, maravigliavasi che sì tosto fosse passato, e massimamente che i vestimenti i piedi erano bagnati; onde, immaginandosi quello che era, pregollo e scongiurò umilmente che gli dicesse come era passato; e non volendogli Antonio revelare questo fatto, Teodoro, come valente e importuno, si gli gittò a' piedi, e tennelo, dicendo e affermando che mai non lo lascerebbe infino che non gli revelasse il modo del suo passamento; per li cui prieghi importuni e santa forza Antonio costretto revelare lo fatto, facendosi in prima promettere che non lo manifesterebbe innanzi la sua morte, glielo revelò. Onde Teodoro, poichè Antonio fu morto, revelò questo fatto. Archelao conte, visitandolo, trovandolo nel monte fuori del romitorio, pregollo che pregasse Iddio per la figliuola di Publio, la quale era vergine consegrata a Dio in Laudazia, e patía gravissimi dolori di stomaco e di lato, ed era molto indebolita per li troppi digiuni e vigilie e asprezze che aveva fatte: e orando Antonio per lei, Archelao notò lo e l'ora, e tornando in Laudazia trovò quella giovane guarita; e dimandandolo del e dell'ora della sua sanitade, conobbe che appunto in quel e in quell'ora che Antonio aveva pregato Iddio per lei, ella era guarita. Spesse volte Antonio a quelli che veniano a lui prediceva la cagione e 'l tempo della loro venuta e molte altre cose; e avvegnachè la via fosse molto lunga e difficile, niente meno venendovene molti, chi per desiderio di vederlo, e chi per essere liberato di qualche infermità, nullo si lamentava mai della via, pareva che si stancasse, perocchè tanta consolazione riceveano della dottrina e cura d'Antonio che ogni fatica pareva loro leggiere. E vedendo Antonio che molti delli suoi miracoli e della sua dottrina si maravigliavano, e aveanlo in reverenzia, sì gli ammoniva che ne lodassero Iddio, e non lui, lo quale si a conoscere, e virtù agli uomini secondo la sua volontà e loro capacitade. Un'altra fiata volendo visitare li monasteri de' suoi frati d'intorno a quelle contrade, entrò in una navicella con alquanti frati che andavano a quei luoghi medesimi, e stando in quella navicella sentì una grande e non usata puzza, la quale nullo altro sentiva; e dicendo ciò ai frati, e quelli rispondendo che era il fetore di certi pesci che erano in quella nave, diceva che pur sentiva altra puzza che di pesci. Ed ecco subitamente parlando Antonio di ciò, uscì fuori un giovanetto indemoniato, che era appiattato nella sentina, e cominciò a gridare; lo quale Antonio nel nome di Cristo liberando, la puzza si partì; indi fece conoscere a tutti che quella puzza che egli aveva sentita era puzza del diavolo. Un altro gentiluomo gli fu menato innanzi compreso di sì pessimo demonio, che mangiava le sue immondizie, ed era sì fuori di che non sapeva che egli fosse innanzi ad Antonio; al quale Antonio avendo compassione, vegghiò tutta notte per lui in orazione con molta istanzia e fatica; ed essendo già quasi giorno, ed essendo Antonio stanco del vegghiare e dell'orare, quello indemoniato venne incontro ad Antonio e sospinselo fortemente, onde quelli che l'aveano menato furono irati contro di lui per l'ingiuria che aveva fatta ad Antonio; ai quali Antonio benignamente disse:

 

"Non vogliate l'altrui colpa imputare a questo misero giovane, che questo furore è da imputare al demonio, che l'occupa, non a lui; lo quale però ha mostrata questa furia, perchè Iddio gli ha comandato che si parta e vada alla sterile solitudine, dove a nullo fare possa male; sicchè questo èmpito fatto contra di me fu segno del suo partimento".

 

Dopo le quali parole quel giovane incontanente si sentì guarito, e ricevuto perfettamente sanitade e conoscimento, conobbe dove era, e ringraziando Iddio e Antonio, gittóglisi ai piedi e, abbracciandolo tutto, parea che il volesse leccare per grande amore, riconoscendo da lui lo beneficio della sua liberazione.

 

 


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