Domenico Cavalca
Vite dei Santi Padri

Vita di S. Giovanni eremita

Capitolo II

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

Capitolo II

 

Della dottrina che diede a certi monaci che andarono a lui.

 

Sette compagni fummo che andammo a lui, e poichè c'ebbe ricevuti con gran letizia e fatta l'orazione, secondochè s'usa in Egitto, che i peregrini sempre sieno ricevuti con orazione, dimandò se fra noi era nullo cherico; e negando noi tutti, e dicendo che no, vide fra noi uno che era diacono, ma occultavasi in tal modo, che eccetto uno, di cui molto si fidava, nullo de' compagni lo sapeva; perocchè volendo visitare così santo uomo, voleasi occultare per non essere da lui onorato per rispetto dell'ordine, più che non parea a lui che portasse il merito suo. Ma il santissimo Giovanni incontanente che 'l vide, a dito il mostrò e disse:

 

"Ecco questi è diacono".

 

Ed era questi più giovane di tutti; e volendo egli ancora negare che non fosse, presegli la mano e baciolla, e dissegli:

 

"Non volere, figliuolo, la grazia di Dio negare, acciocchè tu non ne incorri per bene in male, e per umiltà in mendacio, lo quale al tutto, o per bene o per male che si dica, sempre è reprensibile e da fuggire".

 

Le quali parole quegli udendo e umilmente la sua correzione sostenendo, confessò quello che era. E poi volendoci noi partire, fatta l'orazione secondo l'usanza e ricevuta da lui la benedizione uno de' nostri compagni, lo quale avea la febbre terzana, lo pregò che 'l guarisse; al quale Giovanni rispuose:

 

"Tu domandi d'essere liberato di cosa che t'è molto utile; e come i corpi si purificano per certi medicamenti, perchè guariscano, così l'anime si purificano per le infermitadi".

 

E poichè sopra questa materia, cioè come sono utili le 'nfermitadi, ebbe assai e molto bene parlato, volendo satisfare al prego del frate predetto, benedisse dell'olio, e fecenelo ugnere, e incontanente quegli vomitando molta amaritudine, fu perfettamente sanato. E dipo' queste cose, fececi apparecchiare da mangiare ai suoi discepoli, e fare grande onore, avvegnachè di fosse tanto negligente e crudele, che eziandio allora, avendo già novant'anni, non mangiava cibo cotto, onde avea lo corpo attenuato e arido per la molta astinenzia. E poichè fummo sufficientemente recreati e pasciuti nella casa dove li si riceveano, tornammo a lui. Allora quegli con un'allegra faccia ricevendoci, ci fece sedere incontro alla finestra della cella, donde parlava, e dimandandoci chi fossimo e donde venissimo e perchè; e rispondendo noi che venivamo di Gerusalemme per essere ammaestrati da lui, perocchè, avvegnachè molte grandi cose avessimo udite, per le quali e delle quali potevamo trarre molto frutto, nientemeno credevamo, corporalmente vedendolo e udendolo, trarne più utilitade: rispuose, e disse con una faccia lieta e quasi sorridendo:

 

"Maravigliomi molto, dolcissimi figliuoli, che tanta fatica abbiate voluta sostenere per venire a me uomo inutile e che non son quello, che voi credete, anzi sono uomo vile, e che non ho virtù in me, la quale l'uomo debba voler seguitare o che l'uomo se ne debba maravigliare; e se pur fosse alcuna cosa secondo il vostro parere, or è la mia virtù simile a quella de' Santi Apostoli e profeti, la vita de' quali però è scritta e leggesi nella Chiesa di Dio, acciocchè da loro prendiamo esempio, e non faccia altrui bisogno d'andare cercando altri esempli dalla lunga; ma ciascuno, standosi in casa, possa, la loro vita considerando, avere esemplo e specchio d'ogni virtù. Onde mi maraviglio molto di voi che per tanti spazii e pericoli di via vi sete messi a venire a me per utilità e frutto dell'anime vostre, conciossiacosachè io sia di sì poca virtù che non m'ardisco d'uscire fuori di casa: tuttavia, perocchè, voi mi reputate alcuna cosa, e importunamente dimandate da me dottrina, di questo in prima v'ammonisco che vi guardiate, e consideriate che questa vostra venuta non abbia alcuno rispetto di vanitade per vantarvi poi tornando e dire in vostra lode che abbiate visitati li santi Padri; che molti sono che per questo vano rispetto vanno visitando li santi Padri del diserto, non per migliorare, per seguitare la dottrina loro. Grave è questo vizio e pericoloso troppo e da impedire e far perdere ogni perfezione; e ha questo vizio due spezie. L'una si è quando l'uomo d'alcun bene che fa altrui si gloria, reputandosi migliore di colui a cui fa queste cose; l'altra si è quando delle virtudi e della perfezione che si sente, cerca la gloria sua non quella di Dio, imputando queste cose ai suoi meriti e a sua industria, non puramente alla grazia di Dio: onde addiviene a questi cotali che, cercando gloria e laude dagli uomini, perdono quella di Dio. Per la qual cosa, figliuoli miei, fuggiamo questo vizio, acciocchè non caggiamo, come fece lo diavolo. La seconda cosa, di che io v'ammonisco, si è d'osservare che nullo peccato mal desiderio sia radicato nel vostro cuore; perciocchè se le radici de' vizi sono in noi, bisogno è che ne nascano molte male cogitazioni, le quali impediscono la nostra orazione, e fanno la mente spargere e vagare per diverse cose, facendole perdere la sua stabilità e saldezza. Chi dunque gli pare d'avere renunziato al mondo, se egli non ha perfettamente renunziato a tutti li desiderii ed affetti mondani e ad ogni vizio e propria volontà, poco gli giova aver lasciate le possessioni e le ricchezze materiali. Questi desiderii dunque sono da lasciare, perocchè, secondochè dice l'Apostolo, sono vani, inutili e nocivi in tanto che demergono e profondano l'anima in morte eterna. Dunque se i vizii sono ancora nel cuor nostro, venendo il nimico, entrarvi come in casa sua, perocchè da lui sono e fannogli luogo come a loro signore. E questa è la nostra cagione che questi cuori viziosi mai non possono avere pace, ma sempre sono in perturbazione e paura: e ora per vana letizia, or per inrazionabile tristizia si mutano e confondono. E per contrario la mente che ha bene renunziato a tutto il mondo e ad ogni suo desiderio e ha preciso e mosso da ogni vizio e sua cagione, fa luogo in al Santo Spirito, lo quale l'allumina e dálle sempre letizia e pace, e riempiela di tutti li frutti e virtudi che da lui procedono. Vera è dunque la sentenzia di Cristo nel Vangelio, che l'albero buono non può fare rei frutti, il rio buoni; perocchè, come abbiamo veduto, lo vizio, come male arbore, fa rei frutti nel cuore, e la virtù lo riempie di buoni e graziosi frutti. Molti sono certo che mostrano e hanno vista d'avere renunziato al mondo, e non hanno cura e studio di mondare lo cuore di vincere le loro passioni e vizii dentro, ma studiansi pur d'andare viositando li santi uomini per udirli parlare, e gloriansi poscia fra i popoli, ridicendo la loro dottrina, quasi come loro seguitatori e discepoli: e incontanente che o per questo modo udendo o leggendo hanno impresa alcuna cosa, pognamo che non si studino di farla, vogliono diventare maestri e dottori d'altrui e insegnano non quello che hanno fatto, ma quello che hanno udito d'altrui, e dispregiando gli altri che tacciono umilmente, procurano d'essere fatti maestri e cherici e sacerdoti e maestri e rettori de' popoli; non considerando che di molto minore condannazione è essere virtuoso e tacere, e non insegnare altrui per una superbia e indiretta umiltà, che essendo vôto di virtudi, presumere di parlare e d'insegnare. Non dico però, figliuoli miei, che l'officio del chericato sia da fuggire, dico che l'uomo non lo procuri o desideri; ma dico che ciascuno si studii diradicare del suo cuore li vi zii, e piantarvi le virtudi e poi commetta al giudicio e alla volontà di Dio cui egli voglia promuovere a questo stato e grado del chericato: perocchè, come dice S. Paolo, non chi si inframette e procuralo, ma cui Iddio elegge, quegli è approvato. Proprio dunque è del monaco non procurare officio di magistero, ma d'offerire a Dio le sue orazioni con purità di cuore, rimettendo ogni ingiuria al prossimo suo, secondochè Cristo ci ammonisce nel Vangelio dicendo: Quando offerite lo sacrificio della vostra orazione a Dio, rimettete alli fratelli vostri di cuore ogn'ingiuria; chè se non perdonate loro non fia perdonato a voi, e se perdonate ai vostri fratelli, perdonerà Iddio a voi li vostri peccati. Se dunque, come detto è, con puro cuore staremo nel cospetto di Dio, potremo, in quanto è possibie all'umana fragilitade, contemplare e vedere Iddio, non con occhi di corpo, ma con intelletto di mente; perocchè la divina essenzia non è circoscritta e limitata da alcuna forma o immagine corporale, ma è bene spirituale di mente, lo quale si può sentire, ma non vedere; puossi avere, ma non si può dire: e però è bisogno che con grandissima reverenzia e timore l'anima contempli Iddio, e qualunque splendore e dolcezza la sua mente può vedere o sentire, reputi meno che lui e sotto a lui, e lui sopra tutto ineffabilmente; e a questo massimamente deono intendere quelli che hanno renunziato al mondo, cioè di vacare a Dio, contemplare e orare. E se per questo modo l'anima verrà a conoscimento di Dio in quanto è possibile ad uomo di venire, sia certo che eziandio quelle cose che eccedono sua natura e condizione e li secreti misteri di Dio gli fieno a lui revelati per lo merito della sua puritade; e quanto più fia pure la mente, tanto Iddio più gli mostrerà li suoi segreti, perocchè è già divenuto amico come li Santi Apostoli, ai quali Cristo disse: 'Già non vi dico servi, ma amici'; perocchè ogni cosa ch'io ho udita dal mio padre, v'ho fatta a sapere; e come a suo amico donerà ciò che gli addimanderà, e tutti li Santi angeli di Dio, come amici del loro Signore, l'avranno in reverenzia e farannogli onore e servigio, e mai nulla cosa dalla carità di Dio lo potrà partire. E però, carissimi figliuoli miei, poichè avete eletto di piacere e servire a Dio, studiatevi di vincere ed estirpare de' vostri cuori ogni iattanzia e vanità e desiderio disordinato, e di fuggire ogni delizia, non pur la qualità de' cibi dilicati, ma il desiderio e l'appetito disordinato di qualunque cibo, quantunque vile; perocchè se eziandio mangiasse l'uomo pur pane e acqua non per necessità, ma per diletto, è vizio di golosità. In ogni caso dunque che si pertiene all'uso umano fa bisogno ristrignere e raffrenare l'appetito e il desiderio sotto la misura della necessità; onde il Signor nostro, volendoci inducere a renunziare ai desideri, disse nel Vangelio: 'Entrate per la porta stretta', perocchè lata è la via e spaziosa che mena alla morte, ma quella che mena alla vita è molto stretta. Allora, certo va l'anima per la via lata quando satisfà a' suoi desiderii, e allora va per la via stretta quando repugna alle sue volontadi. Alla qual cosa poter fare molto giova l'abitazione solitaria; perciocchè spesse volte chi sta per altro modo è bisogno che, volendo condescendere alla compagnia o a quelli che 'l visitano, allenti lo rigore della sua astinenzia, e per questa cagione viene l'uomo alcuna volta in consuetudine di delizie, in tanto che eziandio i ben perfetti uomini ci sono già caduti; perocchè David diceva: 'Ecco che io fuggii e andai alla solitudine, e quivi aspettava quello che mi salvasse dalla pusillanimitade dello spirito e dalla tempestade delle tentazioni' ".

 

 

 


«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License