Faenza
Una grossa
torre barocca: dietro la ringhiera una lampada accesa: appare sulla piazza al
capo di una lunga contrada dove tutti i palazzi sono rossi e tutti hanno una
ringhiera corrosa: (le contrade alle svolte sono deserte). Qualche matrona
piena di fascino. Nell’aria si accumula qualche cosa di danzante. Ascolto: la
grossa torre barocca ora accesa mette nell’aria un senso di liberazione.
L’occhio dell’orologio trasparente in alto appare che illumina la sera, le
freccie dorate: una piccola madonna bianca si distingue già dietro la ringhiera
colla piccola lucerna corrosa accesa: E già la grossa torre barocca è vuota e
si vede che porta illuminati i simboli del tempo e della fede. La piazza ha un
carattere di scenario nelle loggie ad archi bianchi leggieri e potenti. Passa
la pescatrice povera nello scenario di caffè concerto, rete sul capo e le
spalle di velo nero tenue fitto di neri punti per la piazza viva di archi
leggieri e potenti. Accanto una rete nera a triangolo a berretta ricade su una
spalla che si schiude: un viso bruno aquilino di indovina, uguale a la Notte di
Michelangiolo.
Ofelia la
mia ostessa è pallida e le lunghe ciglia le frangiano appena gli occhi: il suo
viso è classico e insieme avventuroso. Osservo che ha le labbra morse: dello
spagnolo, della dolcezza italiana: e insieme: il ricordo, il riflesso:
dell’antica gioventù latina . Ascolto i discorsi. La vita ha qui un forte senso
naturalistico. Come in Spagna. Felicità di vivere in un paese senza filosofia.
Il museo.
Ribera e Baccarini. Nel corpo dell’antico palazzo rosso affocato nel meriggio
sordo l’ombra cova sulla rozza parete delle nude stampe scheletriche. Durer,
Ribera. Ribera: il passo di danza del satiro aguzzo su Sileno osceno briaco.
L’eco dei secchi accordi chiaramente rifluente nell’ombra che è sorda. Ragazzine
alla marinara, le liscie gambe lattee che passano a scatti strisciando spinte
da un vago prurito bianco. Un delicato busto di adolescente, luce gioconda
dello spirito italiano sorride, una bianca purità virginea conservata nei
delicati incavi del marmo. Grandi figure della tradizione classica chiudono la
loro forza tra le ciglia.
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