Genova
Poi che la
nube si fermò nei cieli
Lontano
sulla tacita infinita
Marina
chiusa nei lontani veli,
E
ritornava l’anima partita
Che tutto
a lei d’intorno era già arcanamente
illustrato
del giardino il verde
Sogno
nell’apparenza sovrumana
De le
corrusche sue statue superbe:
E udìi
canto udìi voce di poeti
Ne le
fonti e le sfingi sui frontoni
Benigne un
primo oblìo parvero ai proni
Umani
ancor largire: dai segreti
Dedali
uscìi: sorgeva un torreggiare
Bianco
nell’aria: innumeri dal mare
Parvero i
bianchi sogni dei mattini
Lontano
dileguando incatenare
Come un
ignoto turbine di suono.
Tra le
vele di spuma udivo il suono.
Pieno era
il sole di Maggio.
Sotto la
torre orientale, ne le terrazze verdi ne la lavagna cinerea Dilaga la piazza al
mare che addensa le navi inesausto Ride l’arcato palazzo rosso dal portico
grande: Come le cateratte del Niagara Canta, ride, svaria ferrea la sinfonia
feconda urgente al mare: Genova canta il tuo canto!
Entro una
grotta di porcellana
Sorbendo
caffè
Guardavo
dall’invetriata la folla salire veloce
Tra le
venditrici uguali a statue, porgenti
Frutti di
mare con rauche grida cadenti
Su la
bilancia immota:
Così ti
ricordo ancora e ti rivedo imperiale
Su per
l’erta tumultuante
Verso la
porta disserrata
Contro
l’azzurro serale,
Fantastica
di trofei
Mitici tra
torri nude al sereno,
A te
aggrappata d’intorno
La febbre
de la vita
Pristina:
e per i vichi lubrici di fanali il canto
Instornellato
de le prostitute
E dal fondo
il vento del mar senza posa.
Per i
vichi marini nell’ambigua
Sera
cacciava il vento tra i fanali
Preludii
dal groviglio delle navi:
I palazzi
marini avevan bianchi
Arabeschi
nell’ombra illanguidita
Ed
andavamo io e la sera ambigua:
Ed io gli
occhi alzavo su ai mille
E mille e
mille occhi benevoli
Delle
Chimere nei cieli:
Quando,
Melodiosamente
D’alto
sale, il vento come bianca finse una visione di
Grazia
Come dalla
vicenda infaticabile
De le
nuvole e de le stelle dentro del cielo serale
Dentro il
vico marino in alto sale,.
Dentro il
vico chè rosse in alto sale
Marino
l’ali rosse dei fanali
Rabescavano
l’ombra illanguidita,
Che nel
vico marino, in alto sale
Che bianca
e lieve e querula salì!
«Come
nell’ali rosse dei fanali
Bianca e
rossa nell’ombra del fanale
Che bianca
e lieve e tremula salì: .....»
Ora di già
nel rosso del fanale
Era già
l’ombra faticosamente
Bianca . .
Bianca
quando nel rosso del fanale
Bianca
lontana faticosamente
L’eco
attonita rise un irreale
Riso: e
che l’eco faticosamente
E bianca e
lieve e attonita salì
Di già
tutto d’intorno
Lucea la
sera ambigua:
Battevano
i fanali
Il palpito
nell’ombra.
Rumori
lontano franavano
Dentro
silenzii solenni
Chiedendo:
se dal mare
Il riso
non saliva. . .
Chiedendo
se l’udiva
Infaticabilmente
La sera: a
la vicenda
Di nuvole
là in alto
Dentro del
cielo stellare.
Al porto
il battello si posa
Nel
crepuscolo che brilla
Negli
alberi quieti di frutti di luce,
Nel
paesaggio mitico
Di navi
nel seno dell’infinito
Ne la sera
Calida di
felicità, lucente
In un
grande in un grande velario
Di
diamanti disteso sul crepuscolo,
In mille e
mille diamanti in un grande velario vivente
Il
battello si scarica
Ininterrottamente
cigolante,
Instancabilmente
introna
E la
bandiera è calata e il mare e il cielo è d’oro e sul molo
Corrono i
fanciulli e gridano
Con gridi
di felicità.
Già a
frotte s’avventurano
I
viaggiatori alla città tonante
Che stende
le sue piazze e le sue vie:
La grande
luce mediterranea
S’è fusa
in pietra di cenere:
Pei vichi
antichi e profondi
Fragore di
vita, gioia intensa e fugace:
Velario
d’oro di felicità
È il cielo
ove il sole ricchissimo
Lasciò le
sue spoglie preziose
E la Città
comprende
E
s’accende
E la
fiamma titilla ed assorbe
I resti
magnificenti del sole,
E intesse
un sudario d’oblio
Divino per
gli uomini stanchi.
Perdute
nel crepuscolo tonante
Ombre di
viaggiatori
Vanno per
la Superba
Terribili
e grotteschi come i ciechi.
Vasto,
dentro un odor tenue vanito
Di
catrame, vegliato da le lune
Elettriche,
sul mare appena vivo
Il vasto porto
si addorme.
S’alza la
nube delle ciminiere
Mentre il
porto in un dolce scricchiolìo
Dei
cordami s’addorme: e che la forza
Dorme,
dorme che culla la tristezza
Inconscia
de le cose che saranno
E il vasto
porto oscilla dentro un ritmo
Affaticato
e si sente
La nube
che si forma dal vomito silente.
O
Siciliana proterva opulente matrona
A le
finestre ventose del vico marinaro
Nel seno
della città percossa di suoni di navi e di carri
Classica
mediterranea femina dei porti:
Pei grigi
rosei della città di ardesia
Sonavano i
clamori vespertini
E poi più
quieti i rumori dentro la notte serena:
Vedevo
alle finestre lucenti come le stelle
Passare le
ombre de le famiglie marine: e canti
Udivo
lenti ed ambigui ne le vene de la città mediterranea:
Ch’era la
notte fonda.
Mentre tu
siciliana, dai cavi
Vetri in
un torto giuoco
L’ombra
cava e la luce vacillante
O
siciliana, ai capezzoli
L’ombra
rinchiusa tu eri
La Piovra
de le notti mediterranee.
Cigolava
cigolava cigolava di catene
La grù sul
porto nel cavo de la notte serena:
E dentro
il cavo de la notte serena
E nelle
braccia di ferro
Il debole
cuore batteva un più alto palpito: tu
La
finestra avevi spenta:
Nuda
mistica in alto cava
Infinitamente
occhiuta devastazione era la notte tirrena.
They were all torn
and cover'd with
the
boy's
blood
Ringrazio
i signori sottoscrittori, gli amici che mi hanno incoraggiato ed anche, last
not least, il coscienzioso coraggioso e paziente stampatore sig. Bruno
Ravagli
Dino
Campana
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