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Dino Campana
Canti orfici

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  • VARIE E FRAMMENTI
    • Genova
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Genova

 

Poi che la nube si fermò nei cieli

Lontano sulla tacita infinita

Marina chiusa nei lontani veli,

E ritornava l’anima partita

Che tutto a lei d’intorno era già arcanamente

illustrato del giardino il verde

Sogno nell’apparenza sovrumana

De le corrusche sue statue superbe:

E udìi canto udìi voce di poeti

Ne le fonti e le sfingi sui frontoni

Benigne un primo oblìo parvero ai proni

Umani ancor largire: dai segreti

Dedali uscìi: sorgeva un torreggiare

Bianco nell’aria: innumeri dal mare

Parvero i bianchi sogni dei mattini

Lontano dileguando incatenare

Come un ignoto turbine di suono.

Tra le vele di spuma udivo il suono.

Pieno era il sole di Maggio.

 

Sotto la torre orientale, ne le terrazze verdi ne la lavagna cinerea Dilaga la piazza al mare che addensa le navi inesausto Ride l’arcato palazzo rosso dal portico grande: Come le cateratte del Niagara Canta, ride, svaria ferrea la sinfonia feconda urgente al mare: Genova canta il tuo canto!

 

Entro una grotta di porcellana

Sorbendo caffè

Guardavo dall’invetriata la folla salire veloce

Tra le venditrici uguali a statue, porgenti

Frutti di mare con rauche grida cadenti

Su la bilancia immota:

Così ti ricordo ancora e ti rivedo imperiale

Su per l’erta tumultuante

Verso la porta disserrata

Contro l’azzurro serale,

Fantastica di trofei

Mitici tra torri nude al sereno,

A te aggrappata d’intorno

La febbre de la vita

Pristina: e per i vichi lubrici di fanali il canto

Instornellato de le prostitute

E dal fondo il vento del mar senza posa.

 

Per i vichi marini nell’ambigua

Sera cacciava il vento tra i fanali

Preludii dal groviglio delle navi:

I palazzi marini avevan bianchi

Arabeschi nell’ombra illanguidita

Ed andavamo io e la sera ambigua:

Ed io gli occhi alzavo su ai mille

E mille e mille occhi benevoli

Delle Chimere nei cieli:

Quando,

Melodiosamente

D’alto sale, il vento come bianca finse una visione di

Grazia

Come dalla vicenda infaticabile

De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale

Dentro il vico marino in alto sale,.

Dentro il vico chè rosse in alto sale

Marino l’ali rosse dei fanali

Rabescavano l’ombra illanguidita,

Che nel vico marino, in alto sale

Che bianca e lieve e querula salì!

«Come nell’ali rosse dei fanali

Bianca e rossa nell’ombra del fanale

Che bianca e lieve e tremula salì: .....»

Ora di già nel rosso del fanale

Era già l’ombra faticosamente

Bianca . .

Bianca quando nel rosso del fanale

Bianca lontana faticosamente

L’eco attonita rise un irreale

Riso: e che l’eco faticosamente

E bianca e lieve e attonita salì

Di già tutto d’intorno

Lucea la sera ambigua:

Battevano i fanali

Il palpito nell’ombra.

Rumori lontano franavano

Dentro silenzii solenni

Chiedendo: se dal mare

Il riso non saliva. . .

Chiedendo se l’udiva

Infaticabilmente

La sera: a la vicenda

Di nuvole in alto

Dentro del cielo stellare.

 

Al porto il battello si posa

Nel crepuscolo che brilla

Negli alberi quieti di frutti di luce,

Nel paesaggio mitico

Di navi nel seno dell’infinito

Ne la sera

Calida di felicità, lucente

In un grande in un grande velario

Di diamanti disteso sul crepuscolo,

In mille e mille diamanti in un grande velario vivente

Il battello si scarica

Ininterrottamente cigolante,

Instancabilmente introna

E la bandiera è calata e il mare e il cielo è d’oro e sul molo

Corrono i fanciulli e gridano

Con gridi di felicità.

Già a frotte s’avventurano

I viaggiatori alla città tonante

Che stende le sue piazze e le sue vie:

La grande luce mediterranea

S’è fusa in pietra di cenere:

Pei vichi antichi e profondi

Fragore di vita, gioia intensa e fugace:

Velario d’oro di felicità

È il cielo ove il sole ricchissimo

Lasciò le sue spoglie preziose

E la Città comprende

E s’accende

E la fiamma titilla ed assorbe

I resti magnificenti del sole,

E intesse un sudario d’oblio

Divino per gli uomini stanchi.

Perdute nel crepuscolo tonante

Ombre di viaggiatori

Vanno per la Superba

Terribili e grotteschi come i ciechi.

 

Vasto, dentro un odor tenue vanito

Di catrame, vegliato da le lune

Elettriche, sul mare appena vivo

Il vasto porto si addorme.

S’alza la nube delle ciminiere

Mentre il porto in un dolce scricchiolìo

Dei cordami s’addorme: e che la forza

Dorme, dorme che culla la tristezza

Inconscia de le cose che saranno

E il vasto porto oscilla dentro un ritmo

Affaticato e si sente

La nube che si forma dal vomito silente.

 

O Siciliana proterva opulente matrona

A le finestre ventose del vico marinaro

Nel seno della città percossa di suoni di navi e di carri

Classica mediterranea femina dei porti:

Pei grigi rosei della città di ardesia

Sonavano i clamori vespertini

E poi più quieti i rumori dentro la notte serena:

Vedevo alle finestre lucenti come le stelle

Passare le ombre de le famiglie marine: e canti

Udivo lenti ed ambigui ne le vene de la città mediterranea:

Ch’era la notte fonda.

Mentre tu siciliana, dai cavi

Vetri in un torto giuoco

L’ombra cava e la luce vacillante

O siciliana, ai capezzoli

L’ombra rinchiusa tu eri

La Piovra de le notti mediterranee.

Cigolava cigolava cigolava di catene

La grù sul porto nel cavo de la notte serena:

E dentro il cavo de la notte serena

E nelle braccia di ferro

Il debole cuore batteva un più alto palpito: tu

La finestra avevi spenta:

Nuda mistica in alto cava

Infinitamente occhiuta devastazione era la notte tirrena.

 

They were all torn

and cover'd with

the boy's

blood

 

Ringrazio i signori sottoscrittori, gli amici che mi hanno incoraggiato ed anche, last not least, il coscienzioso coraggioso e paziente stampatore sig. Bruno Ravagli

 

Dino Campana




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