Scena
XI
PEDANTE e MARESCALCO
PEDANTE Questi temerari adulescentuli, questi effeminati
ganimedi infamano istam urbem clarissimam; a capestri sine rubore, a gli
sfacciati cineduli subiàceno gli erarii de le virgiliane littere.
MARESCALCO Che ferneticate voi?
PEDANTE Me taedet, mi rincresce che l'alma et inclita città di Mantova me
genuit, idest Vergilius Maro, sia piena di ermafroditi. Honorem meum nemini
dabo; un presuntuoso, uno inetto ladrunculo mi ha posto dietro alcuni scoppiculi
di pagina, e datogli lo igne, mi ha combusto i capegli ed inzolfato lo
indumento, idest la toga, cum sulphure.
MARESCALCO Oh che puzza!, voi mi parete il maestro che fa la polvere da
bombarda a Ferrara; ah, ah, ah, io rido, ed ho voglia di piangere: chi è stato?
PEDANTE La consorte del Cavaliere, il suo paggio traditrice, il suo segretario.
Io me ne vado a sua Eccellenzia, e caso che non ne faccia caso, la memoria de
gli inchiostri e de le carte s'udirà a posteritate.
MARESCALCO Son certo che gli farà dar centomila staffilate, se 'l Signor
l'intende.
PEDANTE Forse che non avevamo tratto la luce da oscure tenebre i dubii subtili
de la priapea con le nostre cotidiane e notturne vigilie, et al Cavaliere
dicata la sentenziosa nostra maccheronèa, per l'argruto stile de la quale ho
impetrata la laurea? Difficillima cosa è il potersi più vivere ad uno eloquente
eroico in questa ferrea, plumbea etate. Io ti volea ragguagliare ad unguem de
la tua uxore, ma la fumosità de la collera m'impedisce la loquela; una altra
fiata ti exporrò quanto meco ha confidato lo Armiclarissimo Prencipe. Io vado
in Castro, et ambulabo usque ad vesperam nel claustro e poi exclamerò vocem
magnam: Lo impiccato non arà mai venia, nisi genuflexo me la domanda il
capestriculo.
MARESCALCO Non entrate in su l'armorum con un putto, e lasciate rodere l'osso a
me, che ho una così arabica pratica intorno a i piedi, e con l'anima a i denti
la mastico. Io entro in casa: addio.
PEDANTE Et ego quoque discedam. Vale.
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