Scena
III
CONTE, CAVALIERE, MARESCALCO e GIANNICCO
CONTE Noi abbiamo caro di faticarci per te, galante uomo e
nostro amicissimo; il Signore ci ha comandato che a due ore ti meniamo in casa
del Conte dove sono apparecchiate le nozze.
CAVALIERE La sposa e le nozze convenienti ad un gran signore non pure ad un
senza grado, e sei obbligato in perpetuo a la Eccellenzia sua.
MARESCALCO Se a uno che ti lega una pietra al collo mentre che si sta per
affogare, si ha obbligo, io son più obbligato al padrone, che non è la
liberalità e la virtù al Cardinale H. de' Medici, disse Pasquino da Roma; ma
che ho io operato contra il Marchese? sappilo il cielo che io non assassino la
bontà sua, come assassinava Fra Benedetto, e starò prima a sentenza d'esser
gettato in un destro, che tor moglie.
GIANNICCO Che bestemmia! Vi parrebbe zibetto.
MARESCALCO Taci, se non vuoi ch'io mi sfoghi sopra di te.
GIANNICCO Silenzio.
CONTE Maestro, io ti vo' bene, et a gli amici si vuol dar sempre ottimi
consigli. Sai tu ciò che ti avverrà, se il Signore intende questa tua
fantasticheria? ti caccerà, e basta.
CAVALIERE E non è ciancia.
CONTE Di' poi che io non te l'abbia detto; tu deveresti pur sapere ed avere
inteso da ciascuno, che non c'è se non un Duca di Mantova al mondo, e che solo
egli fra prencipi dona, accarezza e fa grandi i servitori, e non vesteno così i
primi gentil'uomini del Papa, né de lo Imperadore, come vesti tu; e se tu hai
occhi, il puoi aver visto in Bologna. E vaglion più le amorevoli parole di sua
Signoria, che i fatti de gli altri; e se la sua umanità non ci facesse ognuno
compagno, non ardiresti stare in su 'l tirato di ciò che ti comanda.
CAVALIERE Il Conte ti favella da vero amico, e considera teco che dopo il fatto
il pentir val nulla; la fortuna ha il crine dinanzi, avvertisci in saperlo
pigliare.
GIANNICCO. Se ella lo avesse dietro.
CONTE Taci tu.
GIANNICCO Come taci tu? Non posso io favellare a le nozze del padron mio?
CAVALIERE Egli ha ragione. Ma attendi al Conte che ti vuoi bene; credi a esso
che si trovano per tutto de i Marescalchi, ma non già dei Duchi di Mantova.
CONTE Non per Dio; e se tu non sei savio, vorrai ravvederti a ora che non sarai
a tempo; toglila ora mai, ma a un tuo pari sempre si ha a fare utile per forza,
perché siete ignoranti; toglila e spacciati, ché te lo ridico di nuovo.
CAVALIERE Non dir poi: io non 'l pensava.
CONTE Sai tu quale è la peggior cosa del mondo?
GIANNICCO Il mio padrone.
MARESCALCO Sì, so.
CONTE Quale?
MARESCALCO. Il tor moglie.
CONTE Baie. Io ti dico che la peggior cosa che si faccia è lo sdegnare i
Signori, e son più facili le vie che gli fanno perdere, che quelle che gli
fanno trovare. Or non far sì che il nostro si sdegni, ché se bene assai
indugia, come la gli sale, non ci giovano bagattelle; egli ne sopporta una,
due, e tre, e nove, e dieci, e poi ti punisce di tutte, quando l'uomo crede che
gli sieno scordate. Orla io lascio fare a voi, che sete maestro.
CAVALIERE Sì disse quel villano al barbiere che gli pelava il capo con la
liscìa, dimandandogli s'era troppo calda.
MARESCALCO Voi mi farete attaccarla al Paradiso; che volete che io faccia di
moglie? Come ho io a vivere con essa, in casa di chi la ho io a menare, a chi
la ho a raccomandare, accadendo partirmi, a chi la lascerò? a voi altri, perché
riguardate assai gli amici ed i parenti, no 'l farò, no; dite pure al Signore
che mi squarti, che mi abbruci e che mi attanagli, ché non son per torla per
me, né per voi, che insomma voglio esser uomo e non cervo.
GIANNICCO Cervo non vuol dir becco, padrone.
MARESCALCO Deh, taci là.
GIANNICCO Di grazia!
CONTE Cheto; riferiremo la tua asinarìa al Signore; e s'egli ci commette che ti
caviamo gli umori del capo, faremo il debito.
CAVALIERE Tu fusti sempre un cavallo, e s'egli stesse a me, ti tratterei da
quel che sei.
CONTE Lasciate andare, ché mangerà il pan pentito il furfante.
MARESCALCO Io sono uomo da bene nel grado mio, quanto voi nel vostro, et avete
un gran torto a dirmi villanìa.
CAVALIERE Il torto abbiamo noi a non far con altro che con parole.
CONTE Sta' di buona voglia, che se il Signore ce lo comanda, tu la torrai o ci
lascerai le cuoia; torniamo in Corte, Cavaliere.
CAVALIERE Torniamo, Conte.
MARESCALCO Che ti par, sorte ladra, del caso mio? la torrò? non farò, per Dio:
voi di sì ed io di no. Ma chi è questo che ne viene così adagio inver me? egli
è il maestro.
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