Scena
VIII
GIANNICCO, cantando, CONTE e CAVALIERE
GIANNICCO Deh averzi Marcolina,
va' con Dio scarpe puntie,
debhaverzi Marcolina.
CONTE Giannicco, che è del tuo padrone?
GIANNICCO Cara mare, maridemi, che non posso più durar.
Caro pare, maridemi, ch'io la sento...
CONTE Che fa il tuo padron, Giannicco?
GIANNICCO Bene, bene, si dispera, s'appicca, s'ammazza, come un ladro che non
vuole il cancar de la moglie, ed è dietro a la sua Balia, che gl'insegni una
malizia, che è buona a cavar di fantasia di pigliarla.
CAVALIERE Una malia vuoi dir tu, ah, ah, ah!
GIANNICCO Signor sì, una di quelle.
CONTE Ah, ah, ah!
GIANNICCO Udite, Conte e Cavaliere, il consiglio che io gli ho dato.
CONTE Di' suso, valent'uomo.
GIANNICCO Io ho detto che, s'ella è bella e ricca, la toglia a mezzo, perché
trionferemo il mondo.
CONTE A che modo?
GIANNICCO Dirovvelo: egli averà da spendere primamente per qualche giorno, poi
ella tirerà a casa i bei giovanetti, ond'egli mangerà gli uccelli, ed io la
civetta. An, che ne dite?
CONTE Salomone non l'averìa consigliato meglio, ah, ah.
CAVALIERE Ah, ah, ah, che ti rispose egli?
GIANNICCO Mi ha voluto far lessare ed arrostire. Ma lasciami gire a fargli un
servigio in castello, ché io lo veggio uscir di casa.
La vedovella quando dorme sola,
lamentarsi di me non ha ragione,
non ha ragione,
non ha ragione.
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