CAPITOLO
VII
Disgrazie
di Candido. Viaggi e avventure.
Il Perigordino
appena arrivato alla corte impiegò tutta la sua disinvoltura per guadagnare il
ministro, e per rovinare il suo benefattore. Egli sparse la voce che Candido
era un traditore, e che avea sparlato delle sacre basette del re de’ re. Tutt'i
cortigiani lo condannarono ad esser abbruciato a fuoco lento, ma il sofì più
indulgente, non lo condannò che ad un esilio perpetuo, ed a baciare prima le
piante de' piedi al suo accusatore, secondo l'uso de persiani. Il Perigordino
partì per far eseguire questa sentenza; egli trovò il nostro filosofo in
buonissima salute e disposto a ridiventar fortunato.
- Amico, gli disse l'ambasciator d'Inghilterra, io vengo con mio rincrescimento
a farvi sapere che bisogna uscir quanto prima.da questo impero, e baciarmi i
piedi, con vero pentimento de' vostri enormi delitti... - Baciarvi i piedi,
signor abate! Che diamine dite voi? Io non raccapezzo nulla di questa celia
Entrarono
allora alcuni muti che aveano seguito il Perigordino, e lo scalzarono. Fu fatto
intendere a Candido che bisognava accomodarsi a quella umiliazione, o
aspettarsi d'essere impalato. Candido, in virtù del suo libero arbitrio, baciò
i piedi all'abate. Fu rivestito d'uno straccio di tela, e il boja lo scacciò
dalla città gridando: - Egli è traditore: ha sparlato delle basette del sofì:
ha sparlato delle basette imperiali.
Che facea
l'oficcioso cenobita mentre si trattava così il suo protetto? Non lo so. È ben
da credere ch'ei si fosse stancato di protegger Candido. Chí può contare sul
favore dei re, e sopratutto dei frati?
Intanto il
nostro eroe camminava pieno di tristezza. - Io, diceva egli, non ho parlato
giammai delle basette del re di Persia. Io cado in un momento dal colmo della
felicità, in un abisso di disgrazie, perchè un miserabile che ha violato tutte
le leggi, m'accusa d'un preteso delitto, che io non ho mai commesso, e questo birbante,
questo mostro persecutore della virtù... è felice.
Candido dopo
qualche giorno di cammino si trovò sulle frontiere della Turchia. Ei diresse i
suoi passi verso la Propontide, col disegno di stabilirvisi, e di passare il
resto de' suoi giorni a coltivare il suo giardino. Vide, passando di un piccolo
villaggio, una quantità di gente affollata tumultuariamente. Egli s'informo
della causa e dell'effetto. - Questo è un accidente ben particolare, gli disse
il vecchio. È qualche tempo che il ricco Mehemet chiese in isposa la figlia del
giannizzero Tamud; essa non era fanciulla, e secondo un principio ben naturale
lo sposo, autorizzato dalle leggi, la rimandò a suo padre dopo d'averla
sfregiata. Tamud, oltraggiato da un tale affronto, ne' primi trasporti d'un
furore ben naturale, con un colpo di scimitarra svelse dal busto della figlia
quel volto disfigurato. Il suo figlio primogenito, saltò addosso al padre, e
inviperito di rabbia gl'immerse naturalmente un acutissimo pugnale nel petto;
dipoi come un leone che s' infuria a vedersi grondar dl sangue, l' arrabbiato
Tamud corse da Mehemet, rovesciò alcuni schiavi che s'opposero a' suoi passi, e
trucidò a pezzi Mehemet, le sue donne e due figli, il che è ben naturale nella
situazione violenta in cui egli flnalmente si trovava. Egli poi finì per darsi
la morte collo stesso pugnale fumante del sangue di suo padre, e de' suoi
nemici, il che pure è ben naturale. - Oh quali orrori! grida Candido. Che
direste voi, maestro Pangloss, se trovaste tali barbarie nella natura? Non
confessereste voi che la natura è corrotta, che tutto non è... - No, disse il
vecchio, perchè l'armonia prestabilita... - Oh cielo! non m'ingannate? È
Pangloss quel ch'io rivedo? dice Candido. - Son io, rispose il vecchio: vi ho
riconosciuto, ma ho voluto penetrare nei vostri sentimenti prima di scoprirmi;
qua: discorriamo un poco sugli effetti contingenti, e vediamo se avete fatto
de' progressi nell'arte della sapienza... - Ah, dice Candido voi scegliete ben
male il vostro tempo; fatemi piuttosto sapere quel ch'è avvenuto di Cunegonda e
dov'è la figlia dl papa Urbano. - Non ne so niente, risponde Pangloss; son due
anni che ho abbandonato la nostra abitazione, per venirvi a cercare. Ho scorso
quasi tutta la Turchia: mi son portato alla corte di Persia, ove avevo saputo
che stavate in barba di micio, e non ho abitato in questo borghetto fra questa
buona gente, senonchè per riposarmi, affine di continuare il mio viaggio. - Che
vedo mai? dice Candido molto stupito, vi manca un braccio, caro dottore. - Non
è niente, disse il dottor guercio e monco; nulla di sì ordinario nel miglior de
mondi, che il veder delle genti le quali non hanno che un occhio e un braccio
solo. Quest'accidente mi è accaduto in un viaggio alla Mecca. La nostra
carovana fu attaccata da una truppa d'Arabi; la scorta volle far resistenza, e
secondo i diritti della guerra gli Arabi che si trovarono più forti; ci
trucidarono tutti spietatamente. Perirono circa cinquecento persone in questa
mischia, fra le quali vi era una dozzina di donne incinte; per me, io non ebbi
che il cranio offeso e un braccio tagliato; non ne morii, ed ho sempre trovato
che tutto andava ottimamente. Ma voi, mio caro Candido, come va che avete una
gamba di legno?
Allora Candido
cominciò a parlare, e raccontò le sue avventure. I nostri filosofi ritornarono
insieme nella Propontide, e fecero piacevolmente il loro cammino, discorrendo
del mal fisico, del mal morale, della libertà e della predestinazione, delle
monadi e dell'armonia prestabilita
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