CAPITOLO
XI
Istoria di
Zenoide. Come qualmente Candido se ne innamorò e quel che ne seguì.
“Io nasco da
una delle più antiche case della Danimarca. Uno de' miei antenati perì in quel
convito in cui il perfido Cristierno apprestò la morte a tanti senatori.
Le ricchezze e le dignità accumulate nella mia famiglia non han prodotto finora
che illustri sventurati. Mio padre osò dispiacere a un uomo potente, dicendogli
la verità; gli si suscitarono contro degli accusatori che lo infamarono di
mille immaginari delitti; i giudici furono ingannati. Ah quali giudici posson
mai evitare le trappole, che la calunnia tende all'innocenza? Mio padre fu
condannato ad esser decapitato sopra un patibolo. La fuga sola potendolo
liberar dal supplizio, si rifugiò da un amico, che credeva degno di sì bel
nome. Stemmo qualche tempo nascosti in un castello ch'ei possiede sulla, riva
del mare, e vi saremmo ancora, se il crudele, abusando dello stato deplorabile
in cui eravamo, non avesse voluto vendere i suoi servigi a un prezzo che ce li
fece detestare. Aveva l'infame concepita una sregolata passione per mia madre e
per me; tentò la nostra virtù coi mezzi più indegni d'un galantuomo, e noi ci
vedemmo costretti ad esporci ai più spaventevoli pericoli, per evitar gli
effetti della sua brutalità. Prendemmo la fuga una seconda volta, e voi sapete
il resto.”
Nel finir
questo racconto Zenoide pianse nuovamente. Candido asciugò le sue lacrime, e
disse per consolarla - Tutto è per lo meglio, signorina; poiché se il vostro
signor padre non moriva avvelenato, ei sarebbe stato infallibilmente scoperto;
e gli avrebbero tagliata la testa: la vostra signora madre ne sarebbe
certamente morta di dolore, e noi non saremmo in questa capanna, ove le cose
van molto meglio, che ne' più be' castelli possibili. - Ah! signore, rispose
Zenoide, mio padre non ha detto mai che tutto fosse per lo meglio. Noi
apparteniamo tutti a Dio che ci ama, ma che non ha voluto. allontanar da noi le
cure divoratrici, le malattie crudeli, i mali innumerabili che affliggon
l'umanità: nasce il veleno in America accanto alla chinachina: il più felice
mortale ha' sparso delle lacrime: dal mescuglio dei piaceri e delle pene
risulta quel che si chiama vita, cioè un tratto di tempo determinato, sempre
troppo lungo agli occhi del saggio, che deve impiegarsi a fare il bene della
società, nella quale ei si trova per godere le opere dell'Onnipotente, senza
ricercarne follemente le cagioni: a regolare la sua condotta sul testimone di
sua coscienza, ed a rispettare in ispecie la sua religione. O felice chi può
seguirla! Ecco quel che spesso diceami il mio rispettabile padre. Venga il
malanno, aggiungeva egli, a quegli scrittori temerari che cercano di penetrare
nei secreti dell'Onnipotente. Su questo principio, che Dio vuol essere
rispettato dalle migliaia di atomi a' quali ha dato l'essere, hanno gli uomini
unito chimere ridicole a verità rispettabili. Il dervis dai turchi, il bramino
in Persia, il bonzo in China, il talapuino nell'Indie, rendon tutti un
differente culto alla divinità, ma essi godono la quiete dell'anima nelle
tenebre ove sono immersi; e chi volesse dissiparle, renderebbe loro un cattivo
uffizio. Non è un voler bene agli uomini, il sottrarli dall'impero del
pregiudizio.
- Voi parlate come
un filosofo, disse Candido: vorrei sapere, mia bella signorina, di qual
religione siate. - Io sono stata allevata nel luteranismo, rispose Zenoide:
questa è la religione del mio paese. - Tutto ciò che avete detto, riprese
Candido, è un tratto dl luce che mi ha colpito: io provo per voi un mondo di
stima e di ammirazione... Come può darsi che regni tanto spirito in sì bel
corpo? In verità. signorina, io vi stimo e vi ammiro a un segno.... Candido
borbottava ancor qualche parola, e Zenoide avvedendosi della sua agitazione, lo
lasciò. Ella evitò da quell'istante in poi di trovarsi sola con lui, e Candido
cercò di trovarsi solo con lei, o d'esser solo affatto. Egli era immerso in una
melanconia, che aveva per lui del diletto; amava con trasporto Zenoide; e volea
dissimularlo; i suoi sguardi tradivano i segreti del suo cuore. - Ah diceva
egli, se il maestro Pangloss fosse qui, ei mi darebbe un buon consiglio, perchè
egli era un filosofo.
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