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Ludovico Ariosto
Rime

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  • SONETTI
    • XXXVII
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XXXVII

 

Lassi, piangiamo, oimè! ché l'empia Morte

n'ha crudelmente svelta una più santa,

una più amica, una più dolce pianta

che mai nascesse, ahi nostra trista sorte!

Ahi! del ciel dure leggi, inique e torte

per cui sì verde in sul fiorir si schianta

gentil ramo; e ben preda altra e tanta

non rest'all'orefugaci e corte.

Or poi che 'l nostro secretario antico

in cielo ha l'alma e le membra sotterra,

Morte, io non temo più le tue fere arme.

Per costui m'era 'l viver fatto amico,

per costui sol temeo l'aspra tua guerra;

or che tolto me l'hai, che puo' tu farme?

 




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