Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Ludovico Ariosto Rime IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
II
Canterò l'arme, canterò gli affanni d'amor, ch'un cavallier sostenne gravi, peregrinando in terra e 'n mar molti anni. Voi l'usato favor, occhi soavi, date all'impresa, voi che del mio ingegno, occhi miei belli, avete ambe le chiavi. Altri vada a Parnaso o a Cirra; io vegno, dolci occhi, a voi; né chieder altra aita a' versi miei se non da voi disegno. Già la guerra il terzo anno era seguìta tra il re Filippo Bello e il re Odoardo, che con suoi Inglesi Franza avea assalita. E l'uno e l'altro essercito gagliardo men di duo leghe si stavan vicino nei bassi campi appresso il mar picardo. Ed ecco che dal campo pellegrino venne un araldo, e si condusse avanti al successor di Carlo e di Pipino; e disse, udendo tutti i circonstanti, che nel suo campo, tra li capitani di chiaro sangue e di virtù prestanti, si proferia un guerrier con l'arme in mani a singular battaglia sostenere a qualunque attendato era in quei piani, che quanto d'ogni intorno può vedere il vago Sol, non è nazion che possa al valor degli Inglesi equivalere. E se tra' Franchi o tra la gente mossa in suo favor è cavallier ch'ardisca, per far disdir costui, metti sua possa; per l'ultimo d'april l'arme espedisca, ché 'l cavallier che la pugna domanda, non vuol ch'oltra quel dì si difinisca. - Come è costui nomato che ti manda? domandò il re all'araldo; e quel rispose ch'avea nome Aramon di Nerbolanda. Gli spessi assalti e l'altre virtuose in l'uno e in l'altro essercito famose; si ch'a quel nome impalidir il volto alla più parte si notò del stuolo che presso per udir s'era raccolto. Indi levossi per le squadre a volo e andò il tumulto, com'avesse insieme tanta gente impaurito un omo solo; non altrimenti il mar, se da l'estreme parte di tramontana ode che 'l tuono faccia il ciel rissonar, murmura e freme. Quivi gente di Spagna, quivi sono d'Italia, d'Alemagna; quivi è alcuno bon guerrier più al morir ch'al fuggir prono. Al conspetto del re si ritruova uno giovenetto animoso, agil e forte, costumato e gentil sopra ciascuno, generoso di sangue e in bona sorte produtto al mondo; e non passava un mese che venuto d'Italia era alla corte. Di cinque alme cittadi e del paese ch'Adice, Po, Veterno e Gabel riga, Niccia, Scoltena, il padre era marchese. Obizzo era il suo nome; ad ogni briga di forza atto e d'ardir; e un sì feroce né questa avea né la contraria liga. Costui supplica al re con braccia in croce che gli lassi provar s'a quel superbo può far cader così orgogliosa voce. Giovan era robusto e di bon nerbo, di gran statura e in ogni parte bella, ma d'anni alquanto oltra il bisogno acerbo. Un poco stette in dubbio il re se quella periculosa pugna esser dovesse commessa ad un'incauta età novella; poi, repetendo le vittorie spesse che dal patre alli figli e alli nepoti non men ch'ereditarie eran successe, onde li duci e cavallieri noti de la stirpe da Este a tutto il mondo lo fen sperar ch'avrian effetto i voti; quella battaglia diede a lui, secondo che addimandolla; indi Obizzo espedia l'arme con sicur animo e giocondo; avendo d'una robba, che vestia quel giorno, molto ricca rimandato l'araldo lieto alla sua compagnia. L'aver l'audace giovan accettato il grande invito d'Aramon facea parlar di lui con laude in ogni lato; sì che 'l valor de' prìncipi premea, come di Franza così d'altra gente, ch'apo sé in maggior grado il re tenea. Indi a figer nel cor l'acuto dente d'alcun guerrier incominciò l'eterna stimulatrice, Invidia, de la gente; non quella che s'alloggia in la caverna d'alpestra valle, in compagnia de l'orse, dove il sol mai non entra né lucerna; che da mangiar le serpi il muso torse allora che, chiamata da Minerva, de l'infelice Aglauro il petto morse; ma la gentil, che fra nobil caterva di donne e cavallier ecceder brama le laudi e le virtù ch'un altro osserva. E prima ad un baron di molta fama entra nel cuor, che del delfin di Vienna era fratel e Carbilan si chiama; che morto, l'anno inanzi, in ripa a Senna ave il conte d'Olanda, e rotti e sparsi Fiamenghi e Barbatini e quei d'Ardenna. Stimò costui gran scorno e ingiuria farsi a Franza, quando inanzi a' guerrier sui li guerrieri d'Italia eran comparsi; e pregò il re che non desse in altrui che ne le mani sue quella battaglia, o ad altri di nazion subietta a lui; e che per certo in vestir piastra e maglia a gran bisogni, fuor che la francesca, altra gente non de' creder che vaglia. A un capitan di fanteria tedesca, che si ritruova quivi, tal parola soffrendo, par ch'a gran disnor riesca. E similmente a questo detto vola la mosca sopra il naso d'Agenorre, gran conduttor di compagnia spagnuola. Rispondendo ambidui che, se per porre contra Aramon si debbe cavalliero de la meglior d'ogni nazione tòrre, ciascun per sé si proferiva al vero parangone de l'arme, a mostrar chiaro che di sua gente esser dovea il guerriero. Obizzo, de l'onor d'Italia avaro e del suo proprio, e quinci e quindi offeso da quel parlar via più ch'assenzo amaro, rispose: - Tosto ch'avrò morto o preso, come spero, Aramon (ché non mi deve quel che m'ha il re donato, esser conteso), farò a ciascun di voi veder in breve che la mia gente al par d'ogn'altra vale ad ogni assalto o faticoso o lieve. - Moltiplicavan le parole, e tale era il rumor, lo strepito, ch'uscire se ne vedea una rissa capitale. Ma non li lassa il re tanto seguire: prima il suo franco, indi il spagnuol riprende con l'aleman del temerario ardire. - Come ben fa chi sua nazion difende da biasmo altrui, - dicea - così molt'erra chi, per la sua lodar, ogn'altra offende. E chi vuol di voi dir che la sua terra prevaglia a tutte l'altre è ne l'errore di questo inglese, e il torto ha de la guerra. Degli altri il detto d'Obizzo è il megliore, di sostener ch'Italia sua di loda a nessun'altra parte è inferiore. Or quant'alla battaglia mai non snoda, poi ch'ad Obizzo n'ho fatto promessa, che la promessa non sia ferma e soda. Egli fu il primo a chiederla, e concessa a lui l'ho volontier, e non mi pento, né meglio altrove potria averla messa. - Il re fece a lor tal ragionamento, sì per ragion, sì perché assai non fòra di dar la pugna a Carbilan contento. Ché, se Fortuna, che temer ognora si deve, ad Aramon volge la guancia, è meglio ch'un estran sia preso o mora, che Carbilan o di nazion di Francia altro guerrier, per non dar la sentenza l'inglese esser meglior de la sua lancia. Nel vincer non facea tal differenza, pur ch'un guerrier, sia di che gente voglia, spegnesse a quell'altier tanta credenza. Quanto più il re si sforza che si toglia Carbilan da l'impresa, egli più duro e più ostinato ognor più se n'invoglia. E con parlar non fra li denti oscuro, ma chiaro e aperto, mormorando in onta e d'Obizzo e d'Italia va sicuro. Al cavallier da Este per ciò monta il sdegno e l'ira; e di novo al cospetto del giustissimo re con lui s'affronta. E dice: - Carbilan, se ti è in dispetto che per ir contra ad Aramon audace m'abbia a' miei prieghi il signor nostro eletto, e se perciò ostinato e pertinace tu pruovi dir che quest'onor non merti, e che di me tu ne sia più capace, dico che tu ne menti; e sostenerti voglio con l'arme ch'in alcuna prova meglior omo di me non déi tenerti. E perché quest'error da te si muova, ch'ad intender ti dài ch'a tua possanza e tua destrezza par non si ritruova, proviamo in questo tempo che n'avanza di qui alla fin d'april qual di noi deggia metter in campo il re con più baldanza. E s'altro ancor, o di tua o d'altra greggia, dice che più la pugna li convegna ch'a me, fra questo termine mi cheggia. - Così diss'egli: or forza è che sostegna Carbilan il suo detto, e ad altro gioco che di parole e di minacce vegna. Il re, da' prieghi vinto, se ben poco ne par restar contento, pur né tolle la pugna lor, né niega ad essa il loco. Ma non che fusse la querela vuolle qual nazion, l'italica o la franca, sia più robusta o qual d'esse più molle; ma che ciascun per sé abbia più franca persona o più gagliarda non repugna che mostri, e per ciò lor dà piazza franca; e si serba anco di partir la pugna. .....................................
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |