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Ludovico Ariosto
Rime

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  • MADRIGALI
    • XXIV
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XXIV

 

Vo navigando un mar d'aspri martìri

in fragil barca, perigliosa e grave,

col vento impetuoso de' desiri.

E voi, che avete del mio cor la chiave,

ma ritenete al fin come vi piace,

qual àncora talor smarrita nave.

Voi m'acquietate, e ritenete in pace

le torbid'onde de l'averso mare,

gonfiato da pensier dubio e fallace;

voi sète il porto del mio navicare,

voi calamita sète e la mia stella,

qual sola seguo e che sempre m'appare.

Voi sola nel furor d'ogni procella

chiamo al mio scampo, e risona 'l bel nome

non men drento del cor che 'n la favella.

Chiàmavi l'alma, e non saprei dir come

siano scolpiti in me tutt'oramai

vostri occhi, vostri modi e vostre chiome.

Da questo viene ancor ch'io me privai,

lasso! del cor e di mia libertate,

dandomi in preda agli amorosi guai.

Ma fui costretto da si gran beltate,

che me stesso ad Amor me diedi 'n dono,

e diedi a voi di me la potestate.

Ma tutto è vostro quel che ad altrui dono,

però ch'alfin tutto vi rende Amore,

né posso esser d'altrui, se vostro i' sono,

tenendo voi la rocca del mio core.

 




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