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Ludovico Ariosto
Rime

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  • SONETTI
    • VIII
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VIII

 

Del mio pensier, che così veggio audace,

timor freddo com'angue il cor m'assale;

di lino e cera egli s'ha fatto l'ale,

disposte a liquefarsi ad ogni face.

E quelle, del desir fatto seguace,

spiega per l'aria e temerario sale,

e duolmi ch'a ragion poco ne cale,

che devria ostarli e sel comporta e tace.

Per gran vaghezza d'un celeste lume

temo non poggi sì, ch'arrivi in loco

dove s'incenda e torni senza piume.

Seranno, oimè! le mie lacrime poco

per soccorrergli poi, quando né fiume

né tutto il mar potrà smorzar quel foco.

 




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