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Ludovico Ariosto
Rime

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  • SONETTI
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XXIII

 

Come creder debbo io che tu in ciel oda,

Signor benigno, i miei non caldi prieghi,

se, gridando la lingua che mi sleghi,

tu vedi quanto il cor nel laccio goda?

Tu che 'l vero conosci, me ne snoda,

e non mirar ch'ogni mio senso il nieghi;

ma prima il fa che, di me carco, pieghi

Caron' il legno alla dannata proda.

Iscusi l'error mio, Signor eterno,

l'usanza ria, che par che sì mi copra

gli occhi, che 'l ben dal mal poco discerno.

L'aver pietà d'un cor pentito, anco opra

è di mortal; sol trarlo da l'inferno,

mal grado suo, puoi tu, Signor, di sopra.

 




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