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Ludovico Ariosto Rime IntraText CT - Lettura del testo |
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XVII
O qual tu sia nel cielo, a cui concesso ha la pietà infinita che rilievi quantunque vedi ingiustamente oppresso, li affettuosi prieghi miei ricevi, e non patir che questa febre audace quanto oggi è al mondo di bellezza lievi. Lasso! che già, poi che Madonna giace, due volte ha scemo ed altro tanto il lume ricovrato il pianeta che più tace: sì che sul vivo avorio si consume quell'ostro, quel che di sua man vi sparse la dèa che nacque in le salate spume, e quei begli occhi in che mirando s'arse le penne Amor, e si scorciò sì l'ale, ch'indi non poté mai dopo levarse, muoveno, afflitti dal continuo male, tanta pietà, che 'l ciel metton sovente qua giù in dispetto, in odio acre e mortale. Perché patir debb'ella? Ove si sente divina o umana legge o usanza alcuna, che dar pena consenta a una innocente? Innocente è Madonna, se non d'una colpa forse, che l'avida mia voglia sempre ha lasciata oltre il dover digiuna. S'a me non duole, ad altri non ne doglia; s'io sol ne son offeso e le perdono, ingiusto è ch'altri a vendicar mi toglia. Così quanto di lei creditor sono del mio leal servir di cotanti anni, dipenno tutto e volentier le dono. Né pur la ricompensa de' miei danni non le dimando, ma per un sofferto ch'abbia per lei, soffrir vuo' mille affanni. E s'uom mai s'esaudì che si sia offerto poner la sua per l'altrui vita, come quel Curzio che saltò nel Foro aperto; e Decio e il figlio del medesmo nome, che tolse de la patria tremebonda sopra li omeri suoi tutte le some; o Padre eterno, i miei prieghi seconda: fa ch'io languisca e che Madonna sani; fa ch'io mi doglia e torna lei gioconda. E se morir ne dee (che però vani sieno li augùri), di morir per lei supplico, e al ciel ne lievo ambo le mani. Io, perché esser ancora non potrei messo all'elezion, messo al partito che fu già un Gracco e un re de li Ferei? So ben che 'l miglior d'essi avria seguìto, quel che a far per Cornelia gire a morte non bisognò se non il proprio invito. Odiosa fu la tua contraria sorte, ingratissimo Admeto, che, alli casti prieghi inclinando, la fedel consorte morir per te nel più bel fior lasciasti.
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