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Ludovico Ariosto Rime IntraText CT - Lettura del testo |
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XXIII
Non è più tempo ormai sperar ch'io pieghi un'alma altiera, un'indurata spoglia, con lunga servitù, con lunghi prieghi; ma ben tempo è sperar ch'un sdegno scioglia il laccio in che mi prese, e, preso, a lei mi diede Amor con mia perpetua doglia. Non è più tempo ch'al bel viso, a' bei sembianti, all'accoglienze belle io volti questi inaccorti e crudel occhi miei; ma ben tempo è mirar che, se raccolti son i costumi in lei degni di loda, degni di biasmo ancor ve ne sien molti. Non è più tempo che 'l parlar dolce oda, che mai con la intenzion non si conforma, né tempo è più che di lusinghe io goda; ma ben tempo è dar fede a chi m'informa qual sia la falsitade e quale il vero, e d'ire a miglior via m'insegna l'orma. Non è più tempo stare in quel pensiero ch'alto mi leva sì che abbrucia l'ale, ma poi torna cadendo al luoco vero; ma ben tempo è pensar quanto sia 'l male, quanto il bene, e stimar l'utile e 'l danno, render alla fatica il premio uguale. Non è più tempo a lei mostrar l'affanno e domandar mercé, ché mie parole senza frutto co' venti in aria vanno. Ma ben tempo è narrarlo a chi console, e mi curi, e m'insegni a liberarmi; però ch'al mai remedio esser pur suole. Non è più tempo che a memoria trarmi debbia, quando talor parve cortese d'un dolce sguardo, e degnava parlarmi; ma ben tempo è mirar l'ore mai spese, oltraggi, gelosie, tanti martìri, suo' sdegni ingiusti, e mille e mille offese. Non è più tempo che per lei sospiri, e quindi vento alle gonfiate vele de l'alterezza sua per me s'aspiri; ma ben tempo è che 'l sospirar rivele de' giorni persi mi rincresca quanto non poterne mostrar lungi querele. Non è più tempo che mie luci in pianto estinguer lassi, benché fusser quelle che mia nemica al cor laudavan tanto; ma ben tempo è servarle infino ch'elle veggian vendetta, che via il tempo porti maggior pietade alle manere belle. Non è più tempo che 'l desir trasporti mie' passi, che per lei cerchino i témpi, sale, teatri, vie, campagne ed orti; ma ben tempo è fuggir da' suoi lumi empi, pari in effetto a quei del basilisco, perché più Amor del suo veleno m'empi. Non è più tempo in stil moderno o prisco ch'io cerchi che sua fama eterna viva, ch'alla superbia sua materia ordisco; ma ben tempo è ch'io pensi, parli e scriva, di dì, di notte, ove io mi fermi o vada, quanta causa a mia morte indi deriva: tal che stia in sella Sdegno, ed Amor cada.
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