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Ludovico Ariosto Rime IntraText CT - Lettura del testo |
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II
Mentre che Dafni il grege errante serba ove Rimaggio scorre, e Filli a lato, scegliendo fior da fior, li sede in l'erba, Sarchio piangea il lacrimabil fato del fiorentin pastor, che dagli armenti, come candido cigno, è al ciel volato. Dicea: - Almo Dameta, quai lamenti per questi ombrosi faggi oditi fòrno, qual tra le selve lo spirar de' venti, quando i rapidi fiumi raffrenorno l'usato corso, e preser varie forme le ninfe ch'a te amiche erano intorno! De la tua morte pianse ogn'orso informe, e di ciò testimon ne sono i monti e i marmi ove la spoglia tua si dorme. Né più gustar le grege i chiari fonti, né il citisco le capre o i salci amari, vedendo in erba i figli lor defonti. Crudel le stelle, i fati empi ed avari Manto, abbracciando le tue care spoglie, chiamò, né più diede agni ai sacri altari. Né più d'arangi ornò, né d'altre foglie i templi pastoral né di verbena, ma disfogò piangendo le sue voglie. Moiano i cedri in ogni piaggia amena che 'l chiar Benaco d'ogn'intorno cinge, e disperga l'odor che l'aura mena. E tutti i gigli che 'l terren dipinge moiano in erba, e secchi l'amaranto con quel che nel suo fior il nome pinge. Né più rida negli orti il lieto acanto, né le viole al matutino sole spargano al ciel l'odor soave tanto. Quanto del tuo partir Mincio si duole! In mezo de l'aflitte pecorelle ti chiama da le valli argute e sole. Uscite ormai, uscite, pastorelle, dal vostro albergo, ed ombra fate a' fonti che d'anno in anno ognor si rinovelle. Ma tu, pria che da noi il sol tramonti, scendi da l'aureo ciel, felice spirto, e raconsola i tuoi da questi monti. Vien, godi l'ombre usate del bel mirto che sopra il tuo mortal stassi pendente; vien, serba il grege nostro umil ed irto. Come onor fosti al mondo, la tua gente riguarda, e la tua prole bella e rada fa ch'a tuo essempio al ciel alzi la mente, acciò, mentre di timo e di rugiada si pasceranno e di celesti odori, fìeno satolle l'api e la cicada. Sempre le lodi tue, sempre gli onori, se verno fia al sol, s'estate all'ombre, risuonin le sampogne de' pastori; né tempo fia che 'l tuo bel nome adombre.
********************* Edizione di riferimento: Ludovico Ariosto, Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli, Ricciardi 1954. |
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