TITOLO
XII
I MONACI E
TUTTI GLI ALTRI RELIGIOSI E I MEMBRI DEGLI ALTRI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA
Capitolo
I
I MONACI E
TUTTI GLI ALTRI RELIGIOSI
Art.
I
Canoni
generali
Can. 410
(CIC83,
C.573) Lo stato religioso è un modo stabile di vivere in comune in un
istituto approvato dalla Chiesa, nel quale i fedeli cristiani, seguendo
più da vicino Cristo, Maestro ed Esempio di Santità, sotto
l’azione dello Spirito Santo, con nuovo e speciale titolo sono consacrati per
mezzo dei voti pubblici di obbedienza, castità e povertà da
osservare sotto un legittimo Superiore a norma degli statuti, rinunciano al
secolo e si dedicano totalmente a conseguire la perfezione della carità
al servizio del Regno di Dio per l’edificazione della Chiesa e la salvezza del
mondo, come segni che preannunciano la gloria celeste.
Can. 411
(CIC83,
C.574 §1) Lo stato religioso dev’essere sostenuto e promosso da tutti.
1°
Dipendenza dei religiosi dal Vescovo eparchiale,
dal Patriarca, dalla Sede Apostolica
Can. 412
(cf CIC83,
C.590) §1. Tutti i religiosi sono soggetti al Romano Pontefice come loro
supremo Superiore e sono obbligati a mettersi ai suoi ordini anche in forza del voto di obbedienza.
(= CIC83,
C.591) §2. Per provvedere meglio al bene degli istituti e alle necessità
dell’apostolato, il Romano Pontefice, in ragione del suo primato sulla Chiesa universale
e in vista della comune utilità, può esimere dal governo del
Vescovo eparchiale gli istituti di vita consacrata e sottoporli solamente a se
stesso o ad altra autorità ecclesiatica.
Can. 413
(cf CIC83,
C.589) Per quanto riguarda il governo interno e la disciplina religiosa (CIC83,
C.593), gli istituti religiosi, se non è disposto diversamente dal
diritto, se sono di diritto pontificio, sono soggetti immediatamente ed
esclusivamente alla Sede Apostolica (CIC83, C.594); se invece sono di diritto
patriarcale o eparchiale, sono soggetti immediatamente al Patriarca o al
Vescovo eparchiale, fermo restando il can. 418, §2.
Can. 414
(cf CIC83,
C.595) §1. Per quanto riguarda i monasteri e le congregazioni di diritto
eparchiale, compete al Vescovo eparchiale:
1°
approvare i tipici dei monasteri e gli statuti delle congregazioni, come pure i
cambiamenti in essi introdotti a norma di diritto, salvo restando quanto
è stato approvato dall’autorità superiore;
(CIC83,
C.595 §2) 2° dare dispense dagli stessi tipici o dagli statuti che eccedono la
potestà dei Superiori religiosi e che sono legittimamente richieste a
lui stesso nei singoli casi e per modo di atto;
3° visitare
i monasteri, anche quelli dipendenti, e le singole case delle congregazioni che
sono nel suo territorio ogniqualvolta vi compie la visita canonica, oppure ogni
volta che ragioni veramente speciali a suo giudizio lo consigliano.
§2. Questi
diritti competono al Patriarca nei confronti degli ordini e congregazioni di
diritto patriarcale che hanno la casa principale entro i confini del territorio
della Chiesa a cui presiede; in caso diverso gli stessi diritti, nei riguardi
di tutti gli ordini come pure dei monasteri e delle congregazioni che non sono
di diritto eparchiale, competono solo alla Sede Apostolica.
§3. Se una
congregazione di diritto eparchiale si propaga ad altre eparchie, non si
può validamente cambiare nulla negli stessi statuti se non col consenso
del Vescovo eparchiale dell’eparchia nella quale ha sede la casa principale,
dopo aver consultato però i Vescovi eparchiali nelle cui eparchie sono
situate tutte le altre case.
Can. 415
(CIC83,
C.678 §1) §1. Tutti i religiosi sono soggetti alla potestà del Gerarca
del luogo nelle cose che riguardano la celebrazione pubblica del culto divino,
la predicazione della parola di Dio fatta al popolo, l’educazione religiosa e
morale dei fedeli cristiani, specialmente dei fanciulli, l’istruzione
catechistica e liturgica, il decoro dello stato clericale, nonché le
varie opere per ciò che si riferisce all’apostolato.
(CIC83,
C.628 §2) §2. E’ diritto e dovere del Vescovo eparchiale visitare i singoli
monasteri e le case degli ordini e delle congregazioni che hanno sede nel suo
territorio per quanto riguarda queste cose, ogniqualvolta vi compie la visita
canonica oppure tutte le volte che, a suo giudizio, lo consigliano cause gravi.
(CIC83,
C.681 §1) §3. Il Vescovo eparchiale non può affidare ai religiosi opere
di apostolato o incarichi propri dell’eparchia se non col consenso dei
Superiori competenti, fermo restando il diritto comune e rispettando la
disciplina religiosa, l’indole propria e il fine specifico degli istituti.
(cf CIC83,
C.1320) §4. I religiosi che hanno commesso un delitto fuori della casa e non
vengono puniti dal proprio Superiore, preavvertito dal Gerarca del luogo,
possono essere puniti da costui, anche se sono usciti legittimamente dalla casa
e vi sono ritornati.
Can. 416
(cf CIC83,
C.678 §3) I Patriarchi come pure i Gerarchi del luogo promuovano delle
assemblee con i Superiori dei religiosi, in tempi determinati e ogni volta che
questo sembri opportuno, per procedere concordemente e di comune intesa nelle
opere di apostolato che sono esercitate dai membri.
Can. 417
(cf CIC83,
C.683 §2) Se si fossero insinuati degli abusi nelle case di istituti di diritto
patriarcale o pontificio, oppure nelle loro chiese e il Superiore avesse
trascurato di provvedere dopo essere stato ammonito dal Gerarca del luogo, lo
stesso Gerarca del luogo è obbligato a deferire prontamente la cosa
all’autorità a cui l’istituto stesso è immediatamente soggetto.
2° I
Superiori e i membri degli istituti religiosi
Can. 418
(CIC83,
C.620) §1. Sono Superiori maggiori il Preside di una confederazione monastica,
il Superiore di un monastero sui iuris, il Superiore generale di un ordine o di
una congregazione, il Superiore provinciale, i vicari degli stessi e gli altri
che hanno una potestà a guisa dei Provinciali, come pure coloro che,
quando mancano i predetti, nel frattempo succedono legittimamente nell’ufficio.
§2. Sotto
il nome di Superiore di monaci e di tutti gli altri religiosi non è
compreso il Gerarca del luogo né il Patriarca, fermi restando i canoni
che attribuiscono al Patriarca o al Gerarca del luogo una potestà su di
loro.
Can. 419
(CIC83,
C.592 §1) §1. Il Preside di una confederazione monastica, il Superiore di un
monastero sui iuris non confederato e il Superiore generale di un ordine o di
una congregazione devono inviare almeno ogni cinque anni all’autorità a
cui sono immediatamente soggetti, una relazione sullo stato degli istituti a
cui presiedono, secondo la formula stabilita dalla stessa autorità.
§2. I
Superiori degli istituti di diritto eparchiale o patriarcale mandino una copia
della relazione anche alla Sede Apostolica.
Can. 420
(CIC83,
C.628 §1) §1. I Superiori maggiori che il tipico di un monastero oppure gli
statuti di un ordine o di una congregazione designano all’incarico di
visitatore, nei tempi negli stessi stabiliti, visitino tutte le case a loro
soggette, personalmente o per mezzo di altri se sono legittimamente impediti.
§2. I
membri si comportino fiduciosamente col visitatore al quale hanno l’obbligo di
rispondere secondo verità nella carità quando legittimamente li
interroga; a nessuno poi è lecito distogliere in alcun modo i membri da
questo obbligo oppure di impedire altrimenti il fine della visita.
§3. Il
Gerarca del luogo deve visitare tutte le case religiose se il Superiore
maggiore, a cui di diritto compete la visita, non le ha visitate nello spazio
di cinque anni e, ammonito dal Gerarca del luogo, ha trascurato di visitarle.
Can. 421
(cf CIC83,
C.619) I Superiori hanno il grave obbligo di curare che i membri loro affidati
conformino la loro vita al tipico o agli statuti propri; i Superiori aiutino i
membri con l’esempio e l’esortazione a conseguire il fine dello stato
religioso, provvedano in modo opportuno alle loro necessità personali,
curino e visitino assiduamente gli ammalati, riprendano gli irrequieti,
consolino i timidi, siano pazienti verso tutti.
Can. 422
(CIC83,
C.627) §1. I Superiori abbiano un consiglio permanente costituito a norma del
tipico o degli statuti, della cui opera si avvalgano nell’esercizio del loro
ufficio; nei casi prescritti dal diritto sono obbligati a chiederne il consenso
o il consiglio, a norma del can. 934.
§2. Nel
diritto particolare si stabilisca se nelle case dove vivono meno di sei membri,
il consiglio debba esserci o no.
Can. 423
(CIC83,
C.634 §1) Il monastero, la confederazione monastica, l’ordine e la
congregazione, le loro province e le case legittimamente erette sono per il
diritto stesso persone giuridiche; il tipico o gli statuti possono però
escludere o limitare la loro capacità di acquistare, possedere,
amministrare e alienare i beni temporali.
Can. 424
(CIC83,
C.635 §2) Nel tipico o negli statuti si stabiliscano delle norme sull’uso e
l’amministrazione dei beni in modo da favorire, esprimere e tutelare la propria
povertà.
Can. 425
I beni
temporali degli istituti religiosi sono regolati dai cann. 1007-1054, se non
è disposto diversamente dal diritto comune o se non consta dalla natura
delle cose.
Can. 426
Tutti e
singoli i religiosi, i Superiori ugualmente come i sudditi, devono non solo
osservare fedelmente e integralmente i voti che hanno emesso, ma anche
conformare la loro vita secondo il tipico o gli statuti conservando fedelmente
lo spirito e gli intendimenti del fondatore e in tal modo tendere alla
perfezione del proprio stato.
Can. 427
(cf CIC83,
C.672) Tutti e singoli i religiosi sono tenuti agli obblighi prescritti per i
chierici dal diritto comune, a meno che non sia disposto diversamente dal
diritto o non consti dalla natura delle cose.
Can. 428
(CIC83,
C.266 §2) Un membro di voti perpetui viene ascritto come chierico a un istituto
religioso con l’ordinazione diaconale o, nel caso di un chierico già
ascritto a un’eparchia, con la professione perpetua.
Can. 429
Le lettere
dei religiosi inviate ai loro Superiori, come pure al Gerarca del luogo, al
Patriarca, al Legato del Romano Pontefice e alla Sede Apostolica, come anche le
lettere che essi ricevono dagli stessi, non sono soggette ad alcuna ispezione.
Can. 430
Non
è lecito conferire ai religiosi titoli di dignità o di uffici
puramente onorifici, a meno che, se lo permettono il tipico o gli statuti, non
si tratti di titoli di uffici di Superiori maggiori che i religiosi hanno
già esercitato.
Can. 431
§1. Un
religioso non può, fin dalla sua prima professione, senza il consenso
scritto dato dal proprio Superiore maggiore, essere promosso a una
dignità o a un ufficio fuori del proprio istituto, eccetto le
dignità e gli uffici che vengano conferiti dal Sinodo dei Vescovi della
Chiesa patriarcale per mezzo di elezione, e fermo restando il can. 89, §2;
terminato l’incarico, egli deve tornare al monastero, all’ordine o alla
congregazione.
(CIC83,
C.705) §2. Il religioso che diventa Patriarca, Vescovo o Esarca:
1° rimane
legato ai voti e continua a essere tenuto a tutti gli altri obblighi della sua
professione, eccetto quelli che egli prudentemente giudica incompatibili con la
sua dignità; è privo di voce attiva e passiva nel proprio
monastero, ordine o congregazione; è esentato dalla potestà dei
Superiori e rimane soggetto solamente al Romano Pontefice in forza del voto di
obbedienza;
2°
terminato però l’incarico, colui che ritorna al monastero, ordine o
congregazione, fermi restando per il resto i cann. 62 e 211, può avere
voce attiva o passiva, se il tipico o gli statuti lo permettono.
(= CIC83,
C.706 §3) §3. Il religioso che diventa Patriarca, Vescovo o Esarca:
1° se con
la professione ha perso la capacità di acquistare il dominio dei beni,
ha l’uso, l’usufrutto e l’amministrazione dei beni che gli pervengono; il
Patriarca, il Vescovo eparchiale, l’Esarca, acquista invece la proprietà
per la Chiesa patriarcale, per l’eparchia, per l’esarcato; tutti gli altri
[acquistano] per il monastero o per l’ordine;
2° se con
la professione non ha perso il dominio dei beni, ricupera l’uso, l’usufrutto e
l’amministrazione dei beni che aveva; tutto quello che gli proviene in seguito,
lo acquista pienamente per sè;
3° in
entrambi i casi, dei beni che gli pervengono non a titolo personale, deve
disporre secondo la volontà degli offerenti.
Can. 432
(= CIC83,
C.706 §3) Il monastero dipendente, la casa o la provincia di un istituto
religioso di qualsiasi Chiesa sui iuris, anche della Chiesa latina, che viene
ascritto, col consenso della Sede Apostolica, a un’altra Chiesa sui iuris, deve
osservare il diritto di questa Chiesa, salve restando le prescrizioni del
tipico o degli statuti che riguardano il governo interno del medesimo istituto
e i privilegi concessi dalla Sede Apostolica.
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