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  • TITOLO XII I MONACI E TUTTI GLI ALTRI RELIGIOSI E I MEMBRI DEGLI ALTRI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA
    • Capitolo I I MONACI E TUTTI GLI ALTRI RELIGIOSI
      • Art. II I monasteri
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Art. II

I monasteri

Can. 433

§1. Si chiama monastero una casa religiosa nella quale i membri tendono alla perfezione evangelica osservando le regole e le tradizioni della vita monastica.

§2. Monastero sui iuris è quello che non dipende da un altro monastero ed è retto dal proprio tipico approvato dall’autorità competente.

Can. 434

(CIC83, C.589) Un monastero è di diritto pontificio se è stato eretto dalla Sede Apostolica, oppure è stato riconosciuto come tale con un decreto della stessa; è di diritto patriarcale se è stauropegiaco; è di diritto eparchiale se è stato eretto dal Vescovo e non ha ottenuto il decreto di riconoscimento della Sede Apostolica.

Erezione e soppressione dei monasteri

Can. 435

§1. Compete al Vescovo eparchiale erigere un monastero sui iuris dopo aver consultato il Patriarca entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale oppure, in tutti gli altri casi, consultata la Sede Apostolica.

§2. L’erezione del monastero stauropegiaco è riservata al Patriarca.

Can. 436

§1. Qualsiasi monastero sui iuris può avere dei monasteri dipendenti, alcuni dei quali sono filiali se, per l’atto stesso di erezione o per decreto emesso secondo il tipico, possono aspirare alla condizione di monastero sui iuris ; altri invece sono sussidiari.

§2. Per erigere validamente un monastero dipendente si richiede il consenso, dato per iscritto, dell’autorità a cui il monastero sui iuris è soggetto e del Vescovo eparchiale del luogo dove questo monastero viene eretto.

Can. 437

(cf CIC83, C.611) §1. La licenza di erigere un monastero, anche dipendente, comporta il diritto di avere una chiesa e di compiervi i sacri ministeri, come pure di esercitare le pie opere che a norma del tipico sono proprie del monastero, salve restando le clausole legittimamente apposte.

§2. Per edificare e aprire una scuola, un ospizio o una casa simile separata dal monastero, è richiesto per ciascun monastero il consenso dato per iscritto del Vescovo eparchiale.

(CIC83, C.612) §3. Per trasformare un monastero in altri usi si richiedono le stesse formalità della sua erezione, a meno che non si tratti di una trasformazione che si riferisca solamente al governo interno e alla disciplina religiosa.

Can. 438

§1. Compete al Patriarca sopprimere per grave causa, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, un monastero sui iuris o filiale di diritto eparchiale o stauropegiaco, col consenso del Sinodo permanente e su richiesta o consultato il Vescovo eparchiale, se il monastero è di diritto eparchiale, e dopo aver consultato il Superiore del monastero o il Preside della confederazione, se il monastero è confederato, salvo restando il ricorso in sospensivo al Romano Pontefice.

§2. Tutti gli altri monasteri sui iuris o filiali li può sopprimere solo la Sede Apostolica.

§3. Un monastero sussidiario può essere soppresso con un decreto emanato dal Superiore del monastero dal quale dipende, a norma del tipico e col consenso del Vescovo eparchiale.

§4. I beni del monastero sui iuris soppresso vanno alla confederazione, se esso era confederato; altrimenti vanno all’eparchia o, se era stauropegiaco, alla Chiesa patriarcale; i beni invece di un monastero dipendente soppresso vanno al monastero sui iuris ; è riservato però alla Sede Apostolica stabilire la destinazione dei beni di un monastero di diritto pontificio soppresso, salva restando in ogni caso la volontà degli offerenti.

Can. 439

§1. Più monasteri sui iuris della stessa eparchia soggetti al Vescovo eparchiale possono costituire una confederazione col consenso dato per iscritto dello stesso Vescovo eparchiale, al quale compete anche approvare gli statuti della confederazione.

§2. Una confederazione tra più monasteri sui iuris di diverse eparchie o stauropegiaci situati entro i confini del territorio di una Chiesa patriarcale, può essere costituita dopo aver consultato i Vescovi eparchiali interessati e col consenso del Patriarca, al quale è riservato anche approvare gli statuti della confederazione.

§3. In tutti gli altri casi per costituire una confederazione ci si rivolga alla Sede Apostolica.

Can. 440

§1. L’aggregazione di un monastero sui iuris non confederato e la separazione di uno confederato dalla confederazione è riservata alla stessa autorità di cui nel can. 439.

§2. Una confederazione però entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale non può essere soppressa se non dal Patriarca col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e dopo aver consultato i Vescovi eparchiali interessati e il Preside della confederazione, salvo restando il ricorso in sospensivo presso il Romano Pontefice; la soppressione di tutte le altre confederazioni è riservata alla Sede Apostolica.

§3. Stabilire la destinazione dei beni che appartengono alla stessa confederazione soppressa è riservato all’autorità che ha soppresso la confederazione, salva restando la volontà degli offerenti; al Patriarca in questo caso è necessario il consenso del Sinodo permanente.

I Superiori dei monasteri, le Sinassi e gli economi

Can. 441

(CIC83, C.596 §1) §1. Nei monasteri i Superiori e le Sinassi hanno quella potestà che è determinata dal diritto comune e dal tipico.

§2. I Superiori nei monasteri sui iuris hanno la potestà di governo fin dove essa è a loro espressamente concessa dal diritto o dall’autorità alla quale sono soggetti, fermo restando il can. 979.

§3. La potestà del Preside di una confederazione monastica, oltre alle cose determinate dal diritto comune, deve essere determinata negli statuti della stessa confederazione.

Can. 442

Fermo restando il tipico del monastero sui iuris che esiga di più, perché uno sia abile a ricevere l’ufficio di Superiore di un monastero sui iuris si richiede che abbia emesso la professione perpetua, che sia professo almeno da dieci anni e che abbia compiuto quarant’anni.

Can. 443

(cf CIC83, C.625) §1. Il Superiore di un monastero sui iuris è eletto nella Sinassi riunita a norma del tipico e osservati i cann. 947-960, salvo restando il diritto del Vescovo eparchiale di presiedere, personalmente o per mezzo di un altro, alla Sinassi di elezione.

§2. Nella elezione invece del Superiore di un monastero sui iuris confederato, presiede alla Sinassi di elezione, personalmente o per mezzo di un altro, il Preside della stessa confederazione.

Can. 444

(cf CIC83, C.624 §1) §1. L’ufficio di Superiore di un monastero sui iuris viene conferito a tempo indeterminato, a meno che il tipico non stabilisca diversamente.

§2. Se il tipico non prescrive diversamente, i Superiori dei monasteri dipendenti sono costituiti, per un tempo determinato nello stesso tipico, dal Superiore del monastero sui iuris con il consenso del suo consiglio se il monastero è filiale, consultato invece lo stesso consiglio se è sussidiario.

§3. I Superiori poi che hanno compiuto il settantacinquesimo anno di età, o che a motivo della salute malferma o per altra grave causa sono divenuti meno adatti all’adempimento del loro ufficio, presentino la rinuncia dall’ufficio alla Sinassi, alla quale spetta di accettarla.

Can. 445

(CIC83, C.626) I membri della Sinassi di elezione si premurino di eleggere coloro che nel Signore riconoscono veramente degni e idonei all’ufficio di Superiore, astenendosi da qualunque abuso e specialmente dalla ricerca di voti tanto per se stessi quanto per altri.

Can. 446

(CIC83, C.629) Il Superiore risieda nel proprio monastero e non se ne allontani se non a norma del tipico.

Can. 447

(cf CIC83, C.636) §1. Per l’amministrazione dei beni temporali vi sia nel monastero l’economo, che svolga il suo ufficio sotto la direzione del Superiore.

§2. Il Superiore del monastero sui iuris non eserciti insieme l’ufficio di economo dello stesso monastero; invece l’ufficio di economo di un monastero dipendente, anche se è meglio che sia distinto dall’ufficio di Superiore, è tuttavia compatibile con esso se lo esige la necessità.

L’ammissione nel monastero sui iuris e il noviziato

Can. 448

Perché qualcuno sia ammesso in un monastero sui iuris si richiede che sia mosso da retta intenzione (cf CIC83, C.597 §1), sia idoneo a condurre la vita monastica e non sia trattenuto da alcun impedimento stabilito dal diritto.

Can. 449

(cf CIC83, C.597 §2) Prima di essere ammesso al noviziato, il candidato deve vivere nel monastero per uno spazio di tempo determinato dal tipico, sotto la cura speciale di un membro sperimentato.

Can. 450

(cf CIC83, C.643 §1) Ferme restando le prescrizioni del tipico che esigano di più, non possono essere ammessi validamente al noviziato:

gli acattolici;

coloro che sono puniti da pena canonica eccetto le pene di cui nel can. 1426, §1;

coloro su cui pende una grave pena per un delitto del quale sono legittimamente accusati;

coloro che non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età, a meno che non si tratti di un monastero nel quale vi sia la professione temporanea, nel qual caso è sufficiente l’età di diciassette anni;

coloro che entrano nel monastero indotti da violenza, da timore grave oppure da dolo, o coloro che il Superiore riceve indotto allo stesso modo;

i coniugi mentre dura il matrimonio;

coloro che sono legati dal vincolo della professione religiosa o da altro vincolo sacro in un istituto di vita consacrata, a meno che non si tratti di un passaggio legittimo.

Can. 451

Nessuno può essere lecitamente ammesso al noviziato di un monastero di un’altra Chiesa sui iuris senza la licenza della Sede Apostolica, a meno che non si tratti di un candidato che è stato destinato a un monastero dipendente, di cui nel can. 432, della propria Chiesa.

Can. 452

(cf CIC83, C.644) §1. I chierici ascritti a un’eparchia non possono essere ammessi lecitamente al noviziato se non dopo che sia stato consultato il loro Vescovo eparchiale; né possono essere ammessi lecitamente se il Vescovo eparchiale è contrario perché la loro partenza produce un grave danno alle anime che non può assolutamente essere evitato diversamente, oppure se si tratta di coloro che, essendo destinati ai sacri ordini nel monastero, ne sono trattenuti da qualche impedimento stabilito dal diritto.

§2. Non possono neppure essere ammessi lecitamente nel monastero i genitori la cui opera è necessaria per nutrire ed educare i figli, oppure quei figli che devono provvedere al padre o alla madre, al nonno o alla nonna che si trovano in grave necessità, a meno che il monastero non abbia provveduto diversamente alla cosa.

Can. 453

(# CIC83, C.641) §1. Compete al Superiore del monastero sui iuris ammettere al noviziato dopo aver consultato il suo consiglio.

§2. Al Superiore stesso deve constare, usando i mezzi opportuni, della idoneità e della piena libertà del candidato nella scelta dello stato monastico.

(cf CIC83, C.645 §3) §3. A riguardo dei documenti che i candidati devono presentare e circa le varie testimonianze che devono essere raccolte a proposito della loro buona condotta e dell’idoneità, si osservino le prescrizioni del tipico.

Can. 454

Nel tipico devono essere definite le norme sulla dote, da apportare dai candidati e da amministrare sotto la speciale vigilanza del Gerarca del luogo, come pure circa la restituzione integrale della dote, ma senza i frutti maturati, a colui che, per qualsiasi ragione, si separa dal monastero.

Can. 455

Il noviziato inizia con la vestizione dell’abito monastico o in un altro modo stabilito nel tipico.

Can. 456

§1. Il monastero sui iuris può avere i propri novizi, che vengono iniziati alla vita monastica nello stesso monastero guidati da un membro idoneo.

(cf CIC83, C.647 §2) §2. Il noviziato, perché sia valido, dev’essere trascorso nello stesso monastero sui iuris oppure, per decisione del Superiore dopo aver consultato il suo consiglio, in un altro monastero sui iuris della stessa confederazione.

§3. Se però qualche monastero sui iuris, sia confederato sia non confederato, non può adempiere le prescrizioni circa la formazione dei novizi, il Superiore ha l’obbligo di mandare i novizi in un altro monastero nel quale le stesse prescrizioni siano religiosamente osservate.

Can. 457

(cf CIC83, C.648 §1) §1. Il noviziato, perché sia valido, dev’essere trascorso per un triennio intero e continuo; però, nei monasteri in cui la professione temporanea precede la professione perpetua, è sufficiente un solo anno di noviziato.

(CIC83, C.649 §1) §2. In ciascun anno di noviziato un’assenza, sia continua sia interrotta, più breve di tre mesi non tocca la validità; ma il tempo mancante, se supera i quindici giorni, dev’essere supplito.

(# CIC83, C.648 §3) §3. Il noviziato non sia esteso oltre i tre anni, fermo restando il can. 461, §2.

Can. 458

(# CIC83, C.648 §3) §1. Alla formazione dei novizi sia preposto come maestro, a norma del tipico, un membro che si distingua per prudenza, carità, pietà, scienza e osservanza della vita monastica e che sia professo almeno da dieci anni.

§2. I diritti e i doveri di questo maestro, specialmente per quanto riguarda il modo della formazione dei novizi e le relazioni verso la Sinassi e il Superiore del monastero, siano determinati nel tipico.

Can. 459

§1. Durante il tempo di noviziato bisogna adoperarsi continuamente affinché, sotto la guida del maestro, l’animo del novizio sia formato con lo studio del tipico, in pie meditazioni e in preghiera assidua, nell’apprendere le esigenze dei voti e delle virtù, in esercitazioni adatte a estirpare i vizi, a padroneggiare le passioni, ad acquistare le virtù.

§2. Nel tempo del noviziato i novizi non siano destinati alle opere esterne del monastero (cf CIC83, C.652 §5) e non si occupino appositamente allo studio della letteratura, delle scienze o delle arti.

Can. 460

Il novizio non può validamente rinunciare in qualsiasi modo ai suoi beni oppure sottoporli a obbligazioni, fermo restando il can. 467, §1.

Can. 461

(CIC83, C.653 §1) §1. Il novizio può abbandonare liberamente il monastero sui iuris oppure essere dimesso per giusta causa dal Superiore o dalla Sinassi secondo il tipico.

§2. Terminato il noviziato, se il novizio è giudicato idoneo, sia ammesso alla professione, altrimenti sia dimesso; ma se rimane un dubbio sulla sua idoneità, il tempo di noviziato può essere prorogato, a norma del tipico, non però oltre un anno.

La consacrazione o professione monastica

Can. 462

(cf CIC83, C.654) §1. Lo stato monastico è definitivamente assunto con la professione perpetua nella quale sono compresi i tre voti perpetui di obbedienza, di castità e di povertà.

§2. Nell’emettere la professione si osservino le prescrizioni del tipico e dei libri liturgici.

Can. 463

Per quanto riguarda i diversi gradi di professione monastica, si stia al tipico del monastero, salvo restando il valore giuridico della professione secondo il diritto comune.

Can. 464

(CIC83, C.656) Per la validità della professione monastica perpetua si richiede che:

il noviziato sia stato compiuto validamente;

il novizio sia ammesso alla professione dal Superiore del proprio monastero sui iuris col consenso del suo consiglio e la professione sia ricevuta dallo stesso Superiore personalmente o per mezzo di un altro;

la professione sia espressa e non sia né emessaricevuta per violenza, timore grave oppure dolo;

siano adempiute tutte le altre cose richieste nel tipico per la validità della professione.

Can. 465

Le cose che sono prescritte dal diritto comune sulla professione temporanea valgono anche per i monasteri nei quali questa professione viene premessa, secondo il tipico, alla professione perpetua.

Can. 466

La professione monastica perpetua rende invalidi gli atti contrari ai voti, se gli atti possono essere annullati.

Can. 467

(cf CIC83, C.668 §4) §1. Il candidato alla professione monastica perpetua, entro sessanta giorni prima della professione, deve rinunciare a tutti i beni che possiede in quel momento, in favore di chi vuole, sotto la condizione che dovrà seguire la professione; la rinuncia fatta prima di questo tempo è nulla per il diritto stesso.

§2. Emessa la professione, si faccia subito tutto quello che è necessario affinché la rinuncia consegua effetto anche per diritto civile.

Can. 468

(cf CIC83, C.668 §5) §1. Qualunque bene temporale che a qualsiasi titolo sopravvenga a un membro, dopo la professione perpetua, rimane acquisito dal monastero.

(CIC83, C.639 §1 e 3) §2. Quanto ai debiti e alle obbligazioni che un membro ha contratto dopo la professione perpetua con la licenza del Superiore, ne deve rispondere il monastero; se invece ha contratto debiti senza la licenza del Superiore, ne deve rispondere il membro stesso.

§3. Resta fermo tuttavia che, contro colui il cui patrimonio si è in qualche modo avvantaggiato in seguito a quel contratto, si può sempre intentare un’azione.

Can. 469

(cf CIC83, C.266 §2) Emessa la professione perpetua, il membro perde per il diritto stesso qualunque ufficio, se ne ha qualcuno, e la propria eparchia e inoltre viene aggregato per il diritto stesso al monastero.

Can. 470

Il documento di emissione della professione perpetua, sottoscritto dal membro stesso e da colui che ha ricevuto la professione, anche se delegato, sia conservato nell’archivio del monastero; il Superiore del proprio monastero sui iuris ne deve informare quanto prima il parroco presso il quale è stato registrato il battesimo del membro.

La formazione dei membri e la disciplina monastica

Can. 471

(cf CIC83, C.659 §1) §1. Il metodo di formazione dei membri sia determinato nel tipico in modo tale che essi siano incitati permanentemente a conseguire più pienamente una vita di santità, come pure che le doti del loro ingegno si sviluppino con lo studio della sacra dottrina e con l’acquisto della cultura umana secondo le necessità dei tempi e così diventino più adatti a esercitare le arti e le opere che sono legittimamente assunte dal monastero.

(cf CIC83, C.659 §2) §2. La formazione dei monaci che sono destinati agli ordini sacri, inoltre dev’essere fatta secondo il piano di formazione dei chierici di cui nel can. 330 nello stesso monastero, se esso ha una sede di studi organizzata a norma del can. 340, §1; oppure in un altro seminario o istituto di studi superiori approvato dall’autorità ecclesiastica, sotto la guida di un esperto moderatore.

Can. 472

(cf CIC83, C.1019 §1) Il Superiore di un monastero sui iuris può dare ai suoi membri di voti perpetui, a norma del tipico, le lettere dimissorie per la sacra ordinazione; queste lettere devono essere inviate al Vescovo eparchiale del luogo dove è situato il monastero, anche se dipendente o, se si tratta di un monastero stauropegiaco, al Vescovo designato dal Patriarca.

Can. 473

(cf CIC83, C.663) §1. Nei singoli monasteri si celebrino ogni giorno le lodi divine, a norma del tipico e delle legittime consuetudini; inoltre si celebri la Divina Liturgia tutti i giorni, eccettuati quelli che sono esclusi dalle prescrizioni dei libri liturgici.

§2. I Superiori dei monasteri abbiano cura che tutti i membri, a norma del tipico:

partecipino quotidianamente alle lodi divine e alla Divina Liturgia ogni volta che viene celebrata, se non sono legittimamente impediti; si dedichino alla contemplazione delle realtà divine e si applichino assiduamente agli altri esercizi di pietà;

possano accedere liberamente e frequentemente ai padri spirituali e ai confessori;

(CIC83, C.663 §5) ogni anno si dedichino per alcuni giorni al ritiro spirituale.

Can. 474

(CIC83, C.664) §1. I membri dei monasteri ricevano frequentemente, a norma del tipico, il sacramento della penitenza.

(cf CIC83, C.630 §1) §2. Fermo restando il tipico che consiglia la confessione presso determinati confessori, tutti i membri del monastero possono ricevere il sacramento della penitenza da qualsiasi sacerdote provvisto della facoltà di amministrare questo sacramento, ferma restando la disciplina monastica.

Can. 475

(cf CIC83, C.630 §3 e CIC83, C.969 §2) §1. Nei singoli monasteri, a seconda del numero dei membri, siano designati dal Superiore del monastero più padri spirituali e confessori, se si tratta di presbiteri-monaci provvisti della facoltà di amministrare il sacramento della penitenza; altrimenti siano invece designati dal Gerarca del luogo dopo aver ascoltato il Superiore del monastero sui iuris, il quale in precedenza deve sentire il parere della comunità interessata.

(cf CIC83, C.567) §2. Per i monasteri nei quali non ci sono presbiteri-monaci, il Gerarca del luogo designi allo stesso modo un sacerdote che ha il compito di celebrare regolarmente nel monastero la Divina Liturgia e di predicare la parola di Dio, fermo restando il can. 612, §2.

Can. 476

(CIC83, C.669) I membri del monastero, sia dentro sia fuori del monastero, indossino l’abito monastico prescritto dal proprio tipico.

Can. 477

(CIC83, C.667) §1. Nel monastero si osservi la clausura nel modo prescritto dal tipico, salvo restando il diritto del Superiore di ammettere, a modo di atto e per grave causa, nelle parti sottoposte alla clausura, persone dell’altro sesso, oltre a quelle che secondo il tipico possono entrare nella clausura.

§2. Le parti del monastero sottoposte alla clausura siano indicate in modo palese.

§3. Compete al Superiore del monastero sui iuris, col consenso del suo consiglio e anche informandone il Vescovo eparchiale, prescrivere accuratamente i confini della clausura oppure mutarli per una giusta causa.

Can. 478

(CIC83, C.665 §1) Il Superiore del monastero può permettere che i membri dimorino fuori del monastero per un tempo determinato dal tipico; ma per un’assenza che supera un anno, se non interviene un motivo di studi o di malattia, si richiede la licenza dell’autorità a cui il monastero è soggetto.

Can. 479

(cf CIC83, C.778) Se, a giudizio del Gerarca del luogo, si rende necessario l’aiuto dei monasteri per l’istruzione catechistica del popolo, tutti i Superiori richiesti dallo stesso Gerarca la devono impartire al popolo, personalmente o per mezzo di altri, nelle proprie chiese.

Can. 480

(# CIC83, C.520 §1) Una parrocchia non può essere eretta nella chiesa di un monastero né i monaci possono essere nominati parroci senza il consenso del Patriarca entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede oppure, in tutti gli altri casi, della Sede Apostolica.

Gli eremiti

Can. 481

(cf CIC83, C.603) L’eremita è un membro di un monastero sui iuris che si interamente alla contemplazione delle cose celesti e si isola totalmente dagli uomini e dal mondo.

Can. 482

Per intraprendere legittimamente la vita eremitica si richiede che il membro abbia ottenuto la licenza del Superiore del monastero sui iuris al quale appartiene, col consenso del suo consiglio, e abbia trascorso la vita nel monastero almeno per sei anni, da computare dal giorno della professione perpetua.

Can. 483

Il luogo nel quale l’eremita vive sia designato dal Superiore del monastero e sia separato in modo speciale dal secolo e dalle altre parti del monastero; se però il luogo si trova fuori dal recinto del monastero, occorre inoltre il consenso dato per iscritto dal Vescovo eparchiale.

Can. 484

L’eremita dipende dal Superiore del monastero e inoltre resta obbligato dai canoni sui monaci e dal tipico del monastero nella misura in cui sono compatibili con la vita eremitica.

Can. 485

Il Superiore del monastero sui iuris, col consenso del suo consiglio, può porre fine alla vita eremitica per una giusta causa, anche contro la volontà dell’eremita.

Il monastero stauropegiaco

Can. 486

§1. Il Patriarca, dopo aver consultato il Vescovo eparchiale e col consenso del Sinodo permanente, per una grave causa, può concedere lo stato di monastero stauropegiaco, nell’atto stesso dell’erezione, a un monastero sui iuris.

§2. Il monastero stauropegiaco è immediatamente soggetto al Patriarca in modo tale che egli solo ha gli stessi diritti e doveri del Vescovo eparchiale sul monastero, sui membri ascritti al medesimo e sulle persone che vivono giorno e notte nel monastero; tutte le altre persone poi addette al monastero sono soggette immediatamente ed esclusivamente al Patriarca, soltanto in quelle cose che riguardano la loro funzione o ufficio.

Passaggio a un altro monastero

Can. 487

(cf CIC83, C.684-685) §1. Un membro non può passare da un monastero sui iuris a un altro della stessa confederazione senza il consenso dato per iscritto del Preside della confederazione.

§2. Per il passaggio da un monastero non confederato a un altro monastero soggetto alla stessa autorità è richiesto il consenso della stessa autorità; se invece il monastero al quale si fa il passaggio è soggetto a un’altra autorità, si richiede anche il consenso di questa autorità.

§3. Il Patriarca, il Vescovo eparchiale e il Preside della confederazione non possono dare questo consenso se non dopo aver consultato il Superiore del monastero sui iuris, dal quale si fa il passaggio.

§4. Per la validità del passaggio a un monastero di un’altra Chiesa sui iuris si richiede inoltre il consenso della Sede Apostolica.

§5. Il passaggio avviene con l’ammissione concessa dal Superiore del nuovo monastero sui iuris col consenso della Sinassi.

Can. 488

§1. Colui che passa a un altro monastero sui iuris della stessa confederazione non fa il noviziatoemette una nuova professione e dal giorno del passaggio perde i diritti e viene sciolto dagli obblighi del precedente monastero, assume i diritti e gli obblighi dell’altro e, se è chierico, viene ascritto allo stesso anche come chierico.

§2. Chi passa da un monastero sui iuris a un altro monastero sui iuris, che non appartiene a nessuna confederazione oppure che fa parte di una diversa, osservi le prescrizioni del tipico del monastero verso il quale avviene il passaggio, per quanto riguarda l’obbligo di fare il noviziato e di emettere la professione; se però nel tipico non si tratta di ciò, non fa il noviziatoemette la nuova professione, ma l’effetto del passaggio ha luogo dal giorno in cui avviene il passaggio, a meno che il Superiore del monastero non esiga da lui che trascorra un certo tempo, non oltre un anno, nel monastero a titolo di esperimento; trascorso il tempo dell’esperimento o sia ascritto stabilmente al nuovo monastero dal Superiore con il consenso del suo consiglio o della Sinassi a norma del tipico, oppure ritorni al precedente monastero.

§3. Nel passaggio da un monastero sui iuris a un ordine o a una congregazione si osservino, con gli adattamenti del caso, i cann. 544 e 545.

§4. Il monastero sui iuris, dal quale un membro si separa, conserva i beni che in ragione del membro stesso sono già stati da esso acquisiti; per quanto riguarda la dote, essa dal giorno del passaggio appartiene, senza i frutti già maturati, al monastero verso il quale avviene il passaggio.

L’esclaustrazione e la separazione dal monastero

Can. 489

(cf CIC83, C.686 §1) §1. L’indulto di esclaustrazione da un monastero sui iuris non può concederlo a un membro di voti perpetui, su domanda del membro stesso, se non l’autorità a cui il monastero è soggetto, dopo aver ascoltato il Superiore del monastero sui iuris assieme al suo consiglio.

§2. Il Vescovo eparchiale non può concedere questo indulto se non per un triennio.

Can. 490

(CIC83, C.686 §3) L’esclaustrazione può essere imposta, su richiesta del Superiore del monastero sui iuris col consenso del suo consiglio, dall’autorità a cui il monastero è soggetto, per grave causa e osservando l’equità e la carità.

Can. 491

(CIC83, C.687) Il membro esclaustrato rimane legato ai voti ed è ancora tenuto a tutti gli altri obblighi della professione monastica che sono compatibili col suo nuovo stato; deve deporre l’abito monastico; durante il tempo dell’esclaustrazione è privo di voce attiva e passiva; è soggetto al Vescovo eparchiale del luogo dove dimora, al posto del Superiore del proprio monastero, anche in virtù del voto di obbedienza.

Can. 492

(CIC83, C.691) §1. Un membro di voti perpetui non chieda l’indulto di separarsi dal monastero e di ritornare alla vita secolare se non per cause gravissime ponderate davanti al Signore; presenti la sua domanda al Superiore del monastero sui iuris il quale, assieme al suo voto e a quello del suo consiglio, la inoltrerà alla Sede Apostolica.

§2. Tale indulto è riservato alla Sede Apostolica.

Can. 493

(CIC83, C.692) §1. L’indulto di separarsi dal monastero e di ritornare alla vita secolare, legittimamente concesso e intimato a un membro, se all’atto dell’intimazione non è stato respinto dal membro stesso, comporta per il diritto stesso la dispensa dai voti come pure da tutti gli obblighi derivanti dalla professione, non però da quelli annessi all’ordine sacro, se il membro è stato costituito nell’ordine sacro.

(# CIC83, C.690) §2. Se il membro che si è separato dal monastero ed è ritornato alla vita secolare viene ripreso di nuovo nel monastero, ripete il noviziato e la professione, come se non fosse mai appartenuto alla vita religiosa.

Can. 494

(# CIC83, C.693) §1. Il monaco di voti perpetui e costituito nell’ordine sacro, se ha ottenuto l’indulto di separarsi dal monastero e di ritornare al secolo, non può esercitare gli ordini sacri finché non abbia trovato un Vescovo eparchiale benevolo che lo accolga.

§2. Il Vescovo eparchiale lo può accogliere sia senza condizioni sia a titolo di esperimento per cinque anni; nel primo caso il monaco è ascritto all’eparchia per il diritto stesso, nel secondo invece lo è quando sono passati cinque anni, a meno che non sia stato prima espressamente dimesso.

Can. 495

(cf CIC83, C.665 §2) Il membro che, dopo aver emessa la professione, abbandona illegittimamente il monastero, deve ritornare senza ritardi al monastero; i Superiori devono ricercarlo sollecitamente e, se ritorna mosso da vera penitenza, riceverlo; in caso contrario sia punito o anche dimesso a norma del diritto.

Can. 496

(cf CIC83, C.688 §2) §1. Colui che durante la professione temporanea per una grave causa vuole separarsi dal monastero e ritornare alla vita secolare, presenti la sua domanda al Superiore del monastero sui iuris.

§2. Il Superiore invii questa domanda, assieme al suo voto e a quello del suo consiglio, al Vescovo eparchiale al quale compete, anche se si tratta di monasteri di diritto pontificio, concedere in questo caso l’indulto di separarsi dal monastero e di ritornare nel secolo, a meno che il diritto particolare non riservi ciò al Patriarca per i monasteri situati entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale.

10° La dimissione dei monaci

Can. 497

(CIC83, C.694 §1) §1. E’ da ritenere dimesso dal monastero per il diritto stesso il membro che:

ha pubblicamente abbandonato la fede cattolica;

ha celebrato o anche solo civilmente attentato il matrimonio.

§2. In questi casi il Superiore del monastero sui iuris, dopo aver consultato il suo consiglio, senza alcun ritardo, raccolte le prove, emetta la dichiarazione del fatto, affinché consti giuridicamente della dimissione, e informi al più presto della cosa l’autorità a cui il monastero è immediatamente soggetto.

Can. 498

(CIC83, C.703) §1. Il membro che è causa sia di un imminente e gravissimo scandalo esterno, sia di un danno nei riguardi del monastero, può essere espulso immediatamente dal Superiore del monastero sui iuris col consenso del suo consiglio, facendogli deporre subito l’abito monastico.

§2. Il Superiore del monastero sui iuris procuri, se è il caso, che sia promosso il processo di dimissione a norma di diritto, oppure deferisca la cosa all’autorità a cui il monastero è soggetto.

§3. Al membro espulso dal monastero, che è costituito nell’ordine sacro, è proibito l’esercizio dell’ordine sacro, a meno che l’autorità a cui è soggetto il monastero non decida diversamente.

Can. 499

(cf CIC83, C.688 §2) Mentre dura la professione temporanea, un membro può essere dimesso dal Superiore del monastero sui iuris col consenso del suo consiglio secondo il can. 552, §§2 e 3; ma perché la dimissione sia valida dev’essere confermata dal Vescovo eparchiale o dal Patriarca, se il diritto particolare così prevede per i monasteri situati entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale.

Can. 500

(cf CIC83, C.699 §1) §1. Per dimettere un membro di voti perpetui, fermo restando il can. 497, è competente il Preside della confederazione monastica o il Superiore del monastero sui iuris non confederato, l’uno e l’altro col consenso del proprio consiglio, che nel caso deve essere composto, per la validità, assieme al Superiore che presiede, almeno da cinque membri, in modo che, se mancano o sono assenti i consiglieri ordinari, siano chiamati altri a norma del tipico o degli statuti della confederazione; la votazione poi deve essere segreta.

(cf CIC83, C.697 ) §2. Per decidere validamente la dimissione, oltre alle altre condizioni stabilite eventualmente dal tipico, si richiede che:

le cause della dimissione siano gravi, imputabili, giuridicamente provate e unite alla mancata emendazione;

la dimissione sia stata preceduta, a meno che la natura della causa di dimissione lo escluda, da due ammonizioni, con formale comminazione della dimissione, che siano andate a vuoto;

le cause della dimissione siano state manifestate per iscritto al membro, accordandogli dopo ogni ammonizione piena facoltà di difendersi;

sia trascorso il tempo utile stabilito dal tipico dopo l’ultima ammonizione.

§3. Le risposte scritte date dal membro siano allegate agli atti da sottoporre a coloro di cui si tratta nel §1.

(cf CIC83, C.700) §4. Il decreto di dimissione non può essere mandato ad esecuzione se non è stato approvato dall’autorità a cui il monastero è soggetto.

Can. 501

(cf CIC83, C.700) §1. Il decreto di dimissione sia intimato al più presto al membro interessato.

§2. Contro il decreto di dimissione, però, il membro può sia interporre ricorso entro quindici giorni con effetto sospensivo, sia postulare che la causa sia trattata per via giudiziaria, a meno che il decreto di dimissione non sia stato confermato dalla Sede Apostolica.

§3. Del ricorso contro il decreto di dimissione si occupa la Sede Apostolica o, se si tratta di un membro che ha il domicilio entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, il Patriarca.

§4. Se invece la causa dev’essere trattata per via giudiziaria, se ne occupa il tribunale dell’autorità immediatamente superiore a colui che ha confermato il decreto di dimissione; il Superiore che ha emesso il decreto di dimissione consegni allo stesso tribunale la raccolta degli atti relativi e si proceda secondo i canoni del giudizio penale, escluso l’appello.

Can. 502

(cf CIC83, C.701) Con la legittima dimissione, esclusa quella di cui nel can. 497, cessano per il diritto stesso tutti i vincoli nonché gli obblighi sorti dalla professione monastica e, se il membro è costituito nell’ordine sacro, dev’essere osservato il can. 494.

Can. 503

(= CIC83, C.702 §1) §1. Colui che si separa legittimamente dal monastero o è legittimamente dimesso da esso, non può rivendicare nulla da esso per qualsiasi opera in esso compiuta.

§2. Tuttavia il monastero osservi l’equità e la carità verso il membro che se ne separa.




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