Art.
III
Gli ordini
e le congregazioni
Can. 504
§1.
L’ordine è una società eretta dalla competente autorità
ecclesiastica, nella quale i membri, pur non essendo monaci, emettono una
professione che è equiparata alla professione monastica.
§2. La
congregazione è una società eretta dalla competente
autorità ecclesiastica, nella quale i membri emettono la professione con
i tre voti pubblici di obbedienza, castità e povertà, la quale
però non è equiparata alla professione monastica, ma ha una forza
propria a norma del diritto.
Can. 505
(= CIC83,
C.589) §1. Un ordine è di diritto pontificio se è stato eretto
dalla Sede Apostolica, oppure se è stato riconosciuto come tale da un
decreto della stessa; è di diritto patriarcale invece se, dopo essere stato
eretto dal Patriarca, non ha ottenuto il decreto di riconoscimento della Sede
Apostolica.
§2. Una
congregazione è:
1° di
diritto pontificio se è stata eretta dalla Sede Apostolica, oppure se
è stata riconosciuta come tale per mezzo di un decreto della stessa;
2° di
diritto patriarcale se è stata eretta dal Patriarca, oppure se con un
decreto dello stesso è stata riconosciuta come tale e non ha ottenuto un
decreto di riconoscimento della Sede Apostolica;
3° di
diritto eparchiale se è stata eretta dal Vescovo eparchiale e non ha
ottenuto il decreto di riconoscimento della Sede Apostolica o del Patriarca.
(CIC83,
C.588 2°) §3. Un ordine o una congregazione è clericale se, in ragione del fine ovvero dell’intendimento
proposto dal fondatore o in forza di una legittima consuetudine, è sotto
il governo dei presbiteri, assume i ministeri propri dell’ordine sacro ed
è riconosciuto come tale dall’autorità ecclesiatica.
1° Erezione
e soppressione di un ordine, di una congregazione, provincia, casa
Can. 506
(CIC83,
C.579) §1. Un Vescovo eparchiale può erigere solamente delle
congregazioni; ma non le eriga se non dopo aver consultato la Sede Apostolica e
inoltre, entro i confini del territorio della Chiesa
patriarcale, se non dopo dopo aver consultato il Patriarca.
§2. Il
Patriarca può erigere ordini e congregazioni col consenso del Sinodo
permanente e dopo aver consultato la Sede Apostolica.
§3. Entro i
confini del territorio di una Chiesa patriarcale, una congregazione di diritto
eparchiale che sia diffusa in più eparchie dello stesso territorio,
può diventare di diritto patriarcale per decreto del Patriarca, dopo aver consultato gli
interessati e con il consenso del Sinodo permanente.
Can. 507
(cf CIC83,
C.616 §2) §1. Un ordine, sia pure di diritto patriarcale, legittimamente
eretto, anche se consta di una sola casa, non può essere soppresso se
non dalla Sede Apostolica, alla quale è pure riservato disporre dei beni
dell’ordine soppresso, salva restando la volontà degli offerenti.
§2.
Può sopprimere una congregazione di diritto patriarcale o eparchiale
legittimamente eretta, anche se consta di una sola casa, oltre alla Sede
Apostolica, anche il Patriarca entro i confini del territorio della Chiesa a
cui presiede, dopo aver consultato gli interessati, e col consenso del Sinodo
permanente e della Sede Apostolica.
Can. 508
(CIC83,
C.621) §1. La provincia indica una parte dello stesso ordine o congregazione
che consta di diverse case, che un Superiore maggiore governa direttamente.
(cf CIC83,
C.581) §2. Dividere un ordine o una congregazione in province, congiungere
delle province, circoscriverle diversamente, o sopprimerle ed erigerne delle
nuove, appartiene all’autorità determinata dagli statuti dell’ordine o
della congregazione.
§3.
Stabilire [la destinazione] dei beni della provincia soppressa, salva restando
la giustizia e la volontà degli offerenti, spetta alla Sinassi generale
a meno che gli statuti non dispongano diversamente o, quando vi sia
necessità urgente, al Superiore generale con il consenso del suo
consiglio.
Can. 509
(cf CIC83,
C.609) §1. Un ordine o una congregazione non possono erigere validamente una
casa se non col consenso dato per iscritto dal Vescovo eparchiale; se si tratta
dell’erezione della prima casa di un ordine o di una congregazione di diritto patriarcale
in una eparchia, è richiesto, entro i confini del territorio della
Chiesa patriarcale, il consenso del Patriarca o, in tutti gli altri casi, della
Sede Apostolica.
§2. Quanto
è detto nel can. 437, vale anche delle case di ordini e congregazioni.
Can. 510
(cf CIC83,
C.616) La casa di un ordine o di una congregazione non può essere
soppressa validamente se non dopo aver consultato il Vescovo eparchiale; la
soppressione invece dell’unica casa di un ordine o congregazione è
riservata alla stessa autorità a cui compete, secondo il can. 507, di
sopprimere lo stesso ordine o congregazione.
2° I
Superiori, le Sinassi e gli economi
negli ordini e nelle congregazioni
Can. 511
(cf CIC83,
C.596 §1) §1. Negli ordini e nelle congregazioni i Superiori e le Sinassi hanno
quella potestà che è determinata dal diritto comune e dagli
statuti.
(CIC83,
C.596 §2) §2. Negli ordini e nelle congregazioni clericali di diritto
pontificio o patriarcale, però, i Superiori e le Sinassi hanno inoltre
la potestà di governo per il foro esterno e interno a norma degli
statuti.
Can. 512
(CIC83,
C.631 §1) §1. La Sinassi generale, che è la superiore autorità a
norma degli statuti, sia formata in modo tale che, rappresentando l’intero
ordine o congregazione, diventi un vero segno della sua unità nella
carità.
(CIC83,
C.631 §2) §2. Non solo le province e le case, ma anche ogni membro può
inviare liberamente alla Sinassi generale i suoi desideri nel modo determinato
negli statuti.
Can. 513
(CIC83,
C.623) §1. Perché i membri siano validamente nominati oppure eletti
all’ufficio di Superiore si richiede un adeguato tempo dopo la professione
perpetua, da determinare negli statuti che, se si tratta dei Superiori
maggiori, deve essere almeno di dieci anni, da computare dalla prima
professione.
§2. Se si
tratta del Superiore generale è richiesto inoltre per la validità
che abbia compiuto i trentacinque anni.
Can. 514
(CIC83,
C.624 §1) §1. I Superiori siano costituiti per uno spazio di tempo determinato
e conveniente, a meno che gli statuti non stabiliscano diversamente per il
Superiore generale.
(CIC83,
C.624 §3) §2. Tuttavia essi possono essere rimossi dall’ufficio o trasferiti a
un altro, prima che sia trascorso il tempo determinato, per cause e secondo
modalità determinate dagli statuti.
(CIC83,
C.624 §2) §3. Si provveda negli statuti con norme adatte affinché i
membri non siano Superiori troppo a lungo senza interruzione.
Can. 515
(CIC83,
C.625 §1) §1. Il Superiore generale sia designato mediante elezione a norma
degli statuti.
(CIC83,
C.625 §3) §2. Tutti gli altri Superiori siano designati a norma degli statuti,
in modo tale, tuttavia, che se vengono eletti necessitino della conferma del
competente Superiore maggiore; se invece sono nominati, si premetta
un’opportuna consultazione.
§3. Nelle
elezioni si osservino accuratamente i cann. 947-960 come pure il can. 445.
Can. 516
(cf CIC83,
C.636 §1) §1. Per l’amministrazione dei beni temporali negli ordini e nelle
congregazioni vi siano gli economi: l’economo generale che amministri i beni
dell’intero ordine o congregazione, l’economo provinciale per quelli della
provincia, l’economo locale per quelli delle singole case; tutti costoro
esercitino il loro ufficio sotto la direzione del Superiore.
(CIC83,
C.636 §1) §2. Il Superiore maggiore non può svolgere da solo l’ufficio
di economo generale e di economo provinciale; l’ufficio invece di economo
locale, anche se è meglio che sia distinto dall’ufficio di Superiore,
è tuttavia compatibile con esso, se la necessità lo esige.
§3. Se gli
statuti non prevedono il modo di designazione degli economi, essi siano
nominati dal Superiore maggiore col consenso del suo consiglio.
3°
Ammissione negli ordini
e nelle congregazionie il noviziato
Can. 517
(CIC83,
C.643 §1 1°) §1. L’età richiesta per la valida ammissione al noviziato
di un ordine o congregazione è il diciasettesimo anno compiuto; a
riguardo di tutti gli altri requisiti per l’ammissione al noviziato, si
osservino i cann. 448, 450, 452 e 454.
§2. Nessuno
può essere ammesso lecitamente al noviziato di un istituto religioso di
un’altra Chiesa sui iuris senza la licenza della Sede Apostolica, a meno che
non si tratti di un candidato che è destinato a una provincia o casa, di
cui nel can. 432, della propria Chiesa.
Can. 518
Prima di
essere ammesso al noviziato il candidato sia preparato convenientemente, sotto
la speciale cura di un membro sperimentato, per un tempo e secondo il modo
determinato dagli statuti.
Can. 519
(CIC83,
C.641) Il diritto di ammettere i candidati al noviziato appartiene ai Superiori
maggiori a norma degli statuti, osservato il can. 453, §§2 e 3.
Can. 520
Il
noviziato inizia nel modo prescritto dagli statuti.
Can. 521
(CIC83,
C.647 §1) L’erezione, il trasferimento e la soppressione della sede del
noviziato avviene per decreto del Superiore generale col consenso del suo
consiglio.
Can. 522
(CIC83,
C.647 §2) §1. Il noviziato, perché sia valido, dev’essere compiuto in
una casa in cui vi è la sede del noviziato; in casi speciali e in via
eccezionale, per concessione del Superiore generale col consenso del suo
consiglio, il noviziato può essere compiuto in un’altra casa dello
stesso ordine o congregazione sotto la direzione di un membro sperimentato che
faccia le veci del maestro dei novizi.
(CIC83,
C.647 §3) §2. Il Superiore maggiore può permettere che il gruppo dei
novizi dimori, per un certo spazio di tempo, in un’altra casa del proprio
ordine o congregazione da lui designata.
Can. 523
(cf CIC83,
C.648) §1. Per la validità del noviziato si richiede che il noviziato
comprenda un anno intero e continuo; l’assenza però più breve di
tre mesi, sia continua sia interrotta, non tocca la validità; ma il
tempo mancante, se supera i quindici giorni, dev’essere supplito, anche se era
stato dedicato a completare la formazione dei novizi con esercitazioni
apostoliche.
§2. Se
negli statuti è prescritto un tempo di noviziato più lungo,
questo non è richiesto per la validità della professione.
Can. 524
(cf CIC83,
C.651 §1) §1. Alla formazione dei novizi sia preposto come maestro, a norma
degli statuti, un membro che si distingue per prudenza, carità,
pietà, scienza e per l’osservanza dello stato religioso, che sia
professo almeno da dieci anni e, se si tratta di un ordine o una congregazione
clericale, costituito nell’ordine del presbiterato.
(CIC83,
C.651 §2) §2. Al maestro si assegnino, se è necessario, dei
collaboratori che in tutto quanto riguarda la direzione del noviziato e la
formazione dei novizi siano a lui soggetti.
(cf CIC83,
C.650 §2) §3. E’ compito del solo maestro provvedere alla formazione dei novizi
e a lui solamente compete la direzione del noviziato in modo che a nessuno sia
lecito intromettersi in queste cose, eccettuati quei Superiori a cui è
permesso dagli statuti e ai visitatori; per quanto invece riguarda la
disciplina religiosa di tutta la casa, il maestro allo stesso modo dei novizi,
è sottoposto al Superiore.
§4. Il
novizio è soggetto alla potestà del maestro e dei Superiori e a
costoro egli deve obbedire.
Can. 525
§1. Tutto
ciò che è prescritto nei cann. 459-461 vale anche per gli ordini
e le congregazioni.
(CIC83,
C.668 §1) §2. Prima di emettere la professione temporanea il novizio deve
cedere a chi preferisce l’amministrazione dei suoi beni che al momento possiede
e che in seguito gli potrebbero forse sopraggiungere, e deve disporre
liberamente del loro uso e dell’usufrutto.
4° La
professione negli ordini e nelle congregazioni
Can. 526
(cf CIC83,
C.655) §1. La professione temporanea con i tre voti di obbedienza, di castità
e di povertà venga emessa per un tempo stabilito negli statuti.
§2. Questa
professione, a norma degli statuti, può essere rinnovata più
volte in modo tale, però, che complessivamente non si estenda mai per un
tempo più breve di un triennio o più lungo di un sessennio.
Can. 527
(= CIC83,
C.656) Per la validità della professione temporanea si richiede:
1° che il
noviziato sia stato compiuto validamente;
2° che il
novizio sia ammesso alla professione dal Superiore competente secondo gli
statuti con il consenso del suo consiglio e che la professione sia ricevuta
dallo stesso Superiore personalmente o per mezzo di un altro;
3° che la
professione sia espressa e non emessa o ricevuta con violenza, timore grave
oppure dolo;
4° che
siano adempiute tutte le altre cose richieste negli statuti per la
validità della professione.
Can. 528
(cf CIC83,
C.654) Un membro di voti temporanei ha lo stesso obbligo di osservare gli
statuti come un membro di voti perpetui; è privo di voce attiva e
passiva, a meno che non sia espressamente disposto diversamente negli statuti.
Can. 529
§1. La
professione temporanea rende illeciti ma non invalidi gli atti contrari ai
voti.
§2. Questa
professione non toglie al membro la proprietà dei suoi beni né la
capacità di acquistarne altri; tuttavia non è lecito al membro
rinunciare con atto tra vivi al dominio dei suoi beni a titolo grazioso.
§3. Tutto
ciò che un membro di voti temporanei invece acquista con la propria
attività (CIC83, C.668 §3) oppure a motivo dell’ordine o della
congregazione, lo acquista per l’ordine o la congregazione; se non è
legittimamente provato il contrario, si presume che il membro acquisti a motivo
dell’ordine o della congregazione.
§4. Il
membro di voti temporanei può cambiare la cessione o la disposizione di
cui nel can. 525, §2; non però di proprio arbitrio, ma col consenso del
Superiore maggiore, purché il cambiamento almeno di una parte notevole
dei beni non sia fatto a favore dell’ordine o della congregazione; con l’uscita
però dall’ordine o dalla congregazione tale cessione e disposizione
cessa di avere vigore.
§5. Se un
membro di voti temporanei ha contratto debiti e obbligazioni, ne deve
rispondere lui stesso, a meno che egli non abbia trattato un affare dell’ordine
o della congregazione con licenza del Superiore.
§6. Emessa
la professione temporanea, sono vacanti per il diritto stesso tutti gli uffici
del professo.
Can. 530
(CIC83,
C.668 §1) Nelle congregazioni il membro faccia liberamente il testamento, almeno
prima della professione perpetua, che sia valido anche nel diritto civile.
Can. 531
Per mezzo
della professione perpetua il membro assume definitivamente lo stato religioso,
perde la propria eparchia e viene aggregato a pieno diritto all’ordine o alla
congregazione.
Can. 532
(CIC83,
C.658 2°) Per la validità della professione perpetua, oltre ai requisiti
di cui nel can. 464, si richiede che ci sia stata precedentemente la
professione temporanea a norma del can. 526.
Can. 533
Negli
ordini la professione perpetua è equiparata alla professione monastica:
valgono perciò per essa i cann. 466-468.
Can. 534
Nelle
congregazioni:
1° gli
effetti canonici della professione perpetua restano gli stessi che sono
determinati nel can. 529 sulla professione temporanea, a meno che dal diritto
comune non sia disposto diversamente;
2° il
Superiore maggiore col consenso del suo consiglio può concedere, al
membro di voti perpetui che lo richiede, la licenza di cedere i suoi beni,
salve restando le norme della prudenza;
(cf CIC83,
C.668 §4) 3° la Sinassi generale è competente a introdurre negli
statuti, se sembra opportuno, la rinuncia obbligatoria al patrimonio acquistato
o acquistabile dal membro, che però non può essere fatta prima
della professione perpetua.
Can. 535
§1. Nell’emettere
qualsiasi professione si osservino le prescrizioni degli statuti.
§2. Si
conservi nell’archivio dell’ordine o della congregazione il documento di
emissione della professione, sottoscritto dal membro stesso e da colui che,
anche se per delega, ha ricevuto la professione; se si tratta della professione
perpetua, il Superiore maggiore deve al più presto informare della
stessa il parroco presso il quale è stato registrato il battesimo del
membro.
5° La
formazione dei membri e la disciplina religiosa
negli ordini e nelle congregazioni
Can. 536
(CIC83,
C.659 §1) §1. Il modo della formazione dei membri viene determinato negli
statuti, osservando il can. 471, §1.
(CIC83,
C.659 §3) §2. La formazione dei membri che sono destinati agli ordini sacri,
deve essere fatta inoltre secondo il piano di formazione dei chierici, di cui
nel can. 330, nella sede degli studi dell’ordine o della congregazione,
approvata dalla Sinassi generale o dai Superiori maggiori a norma degli
statuti; se invece non si può avere una propria sede degli studi a norma
del can. 340, §1, i membri devono essere formati sotto la guida di uno
sperimentato moderatore in un altro seminario o in un istituto di studi
superiori approvato dall’autorità ecclesiastica.
Can. 537
(CIC83,
C.1019 §1) §1. I Superiori maggiori possono dare, a norma degli statuti, le
lettere dimissorie per la sacra ordinazione ai membri di voti perpetui.
(# CIC83,
C.1021) §2. Il Vescovo, al quale il Superiore deve inviare le lettere
dimissorie, è il Vescovo eparchiale del luogo dove l’ordinando ha il
domicilio; a un altro Vescovo, invece, se il Vescovo eparchiale ha concesso la
licenza, oppure è di un’altra Chiesa sui iuris diversa da quella
dell’ordinando, oppure è assente, oppure infine se la sede eparchiale
è vacante e la governa uno che non è ordinato Vescovo; di queste
cose è necessario che il Vescovo ordinante sia informato nei singoli
casi mediante un autentico documento della curia eparchiale.
Can. 538
(cf CIC83,
C.663 §3) §1. Nelle singole case degli ordini e delle congregazioni si
celebrino le lodi divine a norma degli statuti e delle legittime consuetudini.
(cf CIC83,
C.663) §2. I Superiori abbiano cura che tutti i membri adempiano, a norma degli
statuti, quanto è prescritto nel can. 473, §2.
(cf CIC83,
C.630 §1) §3. I membri degli ordini e delle congregazioni ricevano
frequentemente il sacramento della penitenza e si osservi il can. 474, §2.
Can. 539
(CIC83,
C.630 §2) §1. I Superiori abbiano cura che i membri dispongano di confessori
idonei.
(CIC83,
C.630 §3) §2. Negli ordini e nelle congregazioni clericali di diritto
pontificio o patriarcale, i confessori siano designati dal Superiore maggiore a
norma degli statuti; in tutti gli altri casi, invece, dal Gerarca del luogo
dopo aver ascoltato il Superiore, il quale deve consultare previamente la
comunità interessata.
Can. 540
(CIC83,
C.669) Per ciò che riguarda l’abito dei membri, si deve stare alle
prescrizioni degli statuti e, fuori delle proprie case, anche alle norme del
Vescovo eparchiale.
Can. 541
(cf CIC83,
C.667) Le norme sulla clausura siano determinate negli statuti dei singoli
ordini e congregazioni secondo la propria indole, fermo restando il diritto dei
Superiori, anche locali, di permettere diversamente, a modo di atto e per
giusta causa.
Can. 542
I Superiori
procurino che i membri da loro designati, specialmente nell’eparchia in cui
abitano, se dal Gerarca del luogo o dal parroco viene richiesto il loro aiuto
per provvedere alle necessità dei fedeli, lo diano volentieri entro o
fuori le proprie chiese, salve restando l’indole e la disciplina religiosa
dell’istituto.
Can. 543
Il membro
di un ordine o congregazione che è parroco rimane legato ai voti ed
è anche tenuto a tutti gli altri obblighi della sua professione e agli
statuti nella misura in cui la loro osservanza è compatibile con gli
obblighi del suo ufficio; per quanto concerne la disciplina religiosa, egli
è sottoposto al Superiore; nelle cose invece che riguardano l’ufficio di
parroco, ha gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri parroci e in egual
misura è sottoposto al Vescovo eparchiale.
6°
Passaggio a un altro ordine o congregazione
oppure a un monastero sui iuris
Can. 544
(cf CIC83,
C.684 §1) §1. Entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, un
membro può passare validamente a un altro istituto religioso col
consenso dato per iscritto dal Patriarca e col consenso del proprio Superiore
generale e del Superiore generale dell’ordine o della congregazione al quale
vuole passare, oppure, se si tratta di passaggio a un monastero, del Superiore
del monastero sui iuris ; per dare questo consenso i Superiori necessitano del
consenso previo del loro consiglio o, se si tratta di un monastero, della
Sinassi.
§2. Un
membro può passare validamente da una congregazione di diritto
eparchiale a un altro istituto religioso di diritto eparchiale col consenso
dato per iscritto del Vescovo eparchiale del luogo dove è la casa
principale dell’istituto religioso verso il quale avviene il passaggio, dopo
aver consultato il Superiore generale della congregazione dalla quale avviene
il passaggio e col consenso del Superiore generale della congregazione, oppure
del Superiore del monastero sui iuris, verso il quale avviene il passaggio; per
dare questo consenso i Superiori necessitano del previo consenso del loro
consiglio o, se si tratta di un monastero, della Sinassi.
§3. In
tutti gli altri casi un membro non può passare validamente a un altro
istituto religioso se non col consenso della Sede Apostolica.
§4. Per la
validità del passaggio a un istituto religioso di un’altra Chiesa sui
iuris è richiesto il consenso della Sede Apostolica.
Can. 545
(# CIC83,
C.684 §4) §1. Colui che fa il passaggio deve fare il noviziato per intero, a
meno che il Superiore generale o il Superiore del monastero sui iuris, entrambi
col consenso del loro consiglio, non riducano per speciali motivi il tempo del
noviziato, ma non meno di sei mesi; durante il noviziato, pur rimanendo i voti,
sono sospesi i diritti e doveri particolari che il membro aveva nel precedente ordine
o congregazione, ed egli rimane soggetto ai Superiori e al maestro dei novizi
del nuovo istituto religioso anche in virtù del voto di obbedienza.
§2. Finito
il noviziato, colui che fa il passaggio se era già professo perpetuo
emetta pubblicamente la professione perpetua secondo le prescrizioni degli
statuti del nuovo istituto religioso; con questa professione egli viene
aggregato pienamente al nuovo istituto e, se è chierico, viene ad esso
ascritto anche come chierico; colui invece che è ancora professo di voti
temporanei, rinnovi nello stesso modo la professione temporanea almeno per la
durata di tre anni, a meno che non abbia trascorso tutto il triennio del
noviziato nel monastero sui iuris nel quale passa.
(cf CIC83,
C.684 §2) §3. Se il membro non emette la professione nel nuovo istituto
religioso, egli deve ritornare al precedente, a meno che non sia trascorso
intanto il tempo della professione.
§4. Circa i
beni e la dote, si osservi il can. 488, §4.
7°
L’esclaustrazione e la separazione
dall’ordine o dalla congregazione
Can. 546
(CIC83,
C.688 §1) §1. Il professo di voti temporanei, scaduto il tempo della
professione, può lasciare liberamente l’istituto religioso.
(CIC83,
C.688 §2) §2. Colui che durante i voti temporanei chiede per una grave causa di
lasciare l’ordine o la congregazione, può ottenere l’indulto di
separarsi definitivamente dall’ordine o dalla congregazione dal Superiore
generale col consenso del suo consiglio e ritornare alla vita secolare con gli effetti
di cui nel can. 493; nelle congregazioni di diritto eparchiale perché
l’indulto abbia valore deve essere confermato dal Vescovo eparchiale del luogo
dove è la casa principale della stessa congregazione.
Can. 547
(CIC83,
C.689 §1) §1. Il Superiore maggiore per una giusta causa e dopo aver consultato
il suo consiglio può escludere un membro dalla rinnovazione degli stessi
voti o dall’emissione della professione perpetua.
(CIC83,
C.689 §2) §2. Una malattia fisica o psichica, anche se contratta dopo la
professione temporanea, la quale, a giudizio di periti, rende il membro di voti
temporanei inetto a vivere nell’istituto religioso, costituisce un motivo per
non ammetterlo a rinnovare la professione temporanea o a emettere la
professione perpetua, a meno che la malattia non sia stata contratta per
negligenza dell’istituto o per un lavoro compiuto nell’istituto.
(CIC83,
C.869 §3) §3. Se però un membro, durante i voti temporanei, è
diventato demente, anche se non può emettere la nuova professione, non
può tuttavia essere dimesso dall’istituto.
Can. 548
(# CIC83,
C.686) §1. L’indulto di esclaustrazione può essere concesso
dall’autorità a cui l’ordine o la congregazione è soggetto, dopo
aver ascoltato il Superiore generale assieme al suo consiglio; invece
l’imposizione dell’esclaustrazione è disposta dalla stessa
autorità su domanda del Superiore generale col consenso del suo
consiglio.
§2. Per
tutto il resto a riguardo dell’esclaustrazione si osservino i cann. 489-491.
Can. 549
(CIC83,
C.691) §1. Un membro di voti perpetui non chieda l’indulto di separarsi
dall’ordine o dalla congregazione e di ritornare alla vita secolare se non per
cause gravissime; presenti la sua domanda al Superiore generale, il quale la
inoltrerà, insieme al suo voto e a quello del suo consiglio, all’autorità
competente.
§2. Tale
indulto negli ordini è riservato alla Sede Apostolica; nelle
congregazioni invece, oltre la Sede Apostolica, lo può concedere anche:
1° il
Patriarca a tutti i membri che hanno il domicilio entro i confini del
territorio della Chiesa a cui presiede, dopo aver consultato, se si tratta di
una congregazione di diritto eparchiale, il Vescovo eparchiale;
2° il
Vescovo eparchiale dell’eparchia nella quale il membro ha il domicilio, se si
tratta di congregazioni di diritto eparchiale.
§3.
L’indulto di separarsi dall’ordine o dalla congregazione produce gli stessi
effetti canonici che sono stabiliti nel can. 493; ma per il membro che è
costituito nell’ordine sacro vale inoltre il can. 494.
Can. 550
(cf CIC83,
C.665 §2) Il membro che si allontana illegittimamente dalla casa del proprio
ordine o congregazione con l’intenzione di sottrarsi alla potestà dei
Superiori, sia ricercato sollecitamente dagli stessi Superiori; se però
non ritorna entro il tempo prescritto dagli statuti, sia punito a norma del
diritto o anche dimesso.
8°
Dimissione dall’ordine o dalla congregazione
Can. 551
(CIC83,
C.703) Quanto è prescritto sulla dimissione o sull’espulsione nei cann. 497
e 498, vale anche per i membri di ordini e congregazioni; ma l’autorità
competente è il Superiore maggiore col parere del suo consiglio oppure,
se si tratta di espulsione, col consenso dello stesso consiglio; se vi è
un pericolo nell’attesa e non c’è il tempo sufficiente per ricorrere al
Superiore maggiore, anche il Superiore locale col consenso del suo consiglio
può espellere il membro informando prontamente il Superiore maggiore.
Can. 552
(CIC83,
C.696 §2) §1. Un membro di voti temporanei può essere dimesso dal
Superiore generale col consenso del suo consiglio, a meno che negli statuti la
dimissione sia riservata al Vescovo eparchiale o ad altra autorità alla
quale l’ordine o la congregazione è sottoposto.
§2. Per
decidere la dimissione si osservino, oltre alle altre condizioni eventualmente
prescritte dagli statuti, le seguenti:
1° le cause della
dimissione devono essere gravi e, da parte del membro, anche esterne e
imputabili;
2° la
mancanza di spirito religioso, che può essere di scandalo agli altri,
è causa sufficiente della dimissione se la ripetuta ammonizione, unita a
una salutare penitenza, è risultata vana;
3° le cause
della dimissione devono essere venute a conoscenza con certezza
dall’autorità che dimette, anche se non è necessario che le
stesse siano provate formalmente; ma esse devono essere sempre manifestate al
membro, dandogli piena possibilità di difendersi, e le sue risposte
devono essere sottoposte fedelmente all’autorità che dimette.
§3. Il
ricorso contro il decreto di dimissione ha effetto sospensivo.
Can. 553
(cf CIC83,
C.699) Per dimettere un membro di voti perpetui è competente il
Superiore generale; per tutto il resto si osservino i cann. 500-503.
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