TITOLO
XXVII
LE SANZIONI
PENALI NELLA CHIESA
Capitolo
I
DELITTI E PENE IN
GENERALE
Can. 1401
Poiché
Dio prende ogni iniziativa per ricondurre la pecora smarrita, coloro che da Lui
hanno ricevuto la potestà di sciogliere e di legare procurino la
medicina adatta alla malattia di quanti hanno peccato, li ammoniscano, li
rimproverino, li esortino con ogni magnanimità e dottrina, impongano
anche delle pene, per curare le ferite inferte dal delitto, in modo tale che
né i delinquenti siano spinti verso i precipizi della disperazione,
né i freni siano allentati fino alla rilassatezza della vita e al
disprezzo della legge.
Can. 1402
(cf CIC83,
C.1342) §1. La pena canonica deve essere inflitta mediante il giudizio penale
prescritto nei cann. 1468-1482, ferma restando la potestà coercitiva del giudice nei casi espressi dal
diritto e riprovata la consuetudine contraria.
§2. Se
invece, a giudizio dell’autorità di cui al §3, gravi cause si oppongono
a fare un giudizio penale e le prove circa il delitto sono certe, il delitto
può essere punito mediante decreto extragiudiziale a norma dei cann. 1486
e 1487, purché non si tratti di privazione di ufficio, di titolo, di
insegne oppure di sospensione per oltre un anno, di riduzione a un grado
inferiore, di deposizione, oppure di scomunica maggiore.
§3. Questo
decreto, oltre alla Sede Apostolica, lo possono emettere, entro i confini della
loro competenza, il Patriarca, l’Arcivescovo maggiore, il Vescovo eparchiale e
inoltre il Superiore maggiore di un istituto di vita consacrata che ha
potestà di governo ordinaria, esclusi tutti gli altri.
Can. 1403
(cf CIC83,
C.1344) §1. Anche se si tratta di delitti che comportano una pena obbligatoria
per diritto, il Gerarca dopo aver ascoltato il promotore di giustizia,
può astenersi del tutto dalla procedura penale, anzi dall’infliggere
delle pene purché a giudizio dello stesso Gerarca concorrano tutte
queste cose insieme: il delinquente, non ancora deferito in giudizio, ha
confessato al Gerarca il suo delitto in foro esterno, mosso da sincera
penitenza, e si sia provveduto in modo adeguato alla riparazione dello scandalo
e del danno.
§2. Il Gerarca
però non può fare questo se si tratta di un delitto che comporta
una pena la cui remissione è riservata all’autorità superiore,
finché non ha ottenuto la licenza dalla stessa autorità.
Can. 1404
§1. Nelle
pene bisogna fare l’interpretazione più benigna.
§2. Non
è lecito estendere una pena da persona a persona o da caso a caso, anche
se c’è una ragione uguale, anzi più grave.
Can. 1405
(cf CIC83,
C.1315) §1. Chi ha potestà legislativa può, per quanto è
veramente necessario onde provvedere più opportunamente alla disciplina
ecclesiastica, emanare anche leggi penali, come pure può munire con sue
leggi di una conveniente pena anche una legge divina oppure ecclesiastica
emanata da un’autorità superiore, rispettando i limiti della sua
competenza in ragione del territorio e delle persone.
§2. Alle
pene stabilite nel diritto comune contro qualche delitto possono essere
aggiunte altre pene per diritto particolare; questo però non sia fatto
se non per causa gravissima; se poi per diritto comune è stabilita una
pena indeterminata o facoltativa, al suo posto può essere stabilita per
diritto particolare una pena determinata o obbligatoria.
(= CIC83,
C.1316) §3. I Patriarchi e i Vescovi eparchiali procurino che le leggi penali
di diritto particolare siano, per quanto è possibile, uniformi nello
stesso territorio.
Can. 1406
(CIC83,
C.1319) §1. Nella misura con cui uno può imporre dei precetti,
altrettanto può comminare per precetto pene determinate, dopo aver
valutato attentamente la cosa e con la massima moderazione, eccetto quelle che
sono enumerate nel can. 1402, §2; il Patriarca invece, col consenso del Sinodo
permanente, può comminare per precetto anche queste pene.
§2.
L’ammonizione con la minaccia di una pena, con la quale il Gerarca urge una
legge non penale in casi singoli, è equiparata al precetto penale.
Can. 1407
(cf CIC83,
C.1347 §1) §1. Se la natura del delitto lo consente, a giudizio del Gerarca che
può infliggere una pena, la pena non può essere inflitta a meno
che il delinquente prima non sia stato ammonito almeno una volta a desistere
dal delitto, dandogli un tempo conveniente per il ravvedimento.
§2. E’ da
ritenere che abbia desistito dal delitto colui che è sinceramente
pentito del delitto e che ha inoltre dato conveniente riparazione dello
scandalo e dei danni, o almeno lo ha seriamente promesso.
§3.
L’ammonizione penale però, di cui nel can. 1406, §2, è
sufficiente perché la pena possa essere inflitta.
Can. 1408
La pena non
vincola il reo, se non dopo che è stata inflitta con sentenza o decreto,
salvo il diritto del Romano Pontefice o del Concilio Ecumenico di stabilire
diversamente.
Can. 1409
(= CIC83,
C.1344) §1. Nell’applicare la legge penale, anche se la legge usa espressioni
precettive, il giudice, secondo la sua coscienza e prudenza, può:
1° differire
l’inflizione della pena a un tempo più opportuno, se si prevede che da
una punizione affrettata del reo insorgeranno mali maggiori;
2°
astenersi dall’infliggere la pena o infliggere una pena più mite, se il
reo è emendato e si è provveduto adeguatamente alla riparazione
dello scandalo e del danno, oppure se lo stesso reo è stato punito
sufficientemente dall’autorità civile o si prevede che sarà
punito;
(CIC83,
C.1346) 3° contenere le pene entro equi limiti, se il reo ha commesso
più delitti e il cumulo delle pene sembra eccessivo;
(CIC83,
C.1344 3°) 4° sospendere l’obbligo di osservare la pena in favore di colui che,
fino allora stimato per un’intera vita onesta, abbia commesso un delitto per la
prima volta, purché non urga la necessità di riparare lo scandalo;
la pena sospesa cessa del tutto se, durante il tempo determinato dal giudice,
il reo non abbia commesso nuovamente un delitto; in caso contrario, come
colpevole di entrambi i delitti, sia punito più gravemente, a meno che
nel frattempo l’azione penale per il precedente delitto non sia stata estinta.
§2. Se la
pena è indeterminata e la legge non dispone diversamente, il giudice non
può infliggere le pene indicate nel can. 1402, §2.
Can. 1410
(cf CIC83,
C.1350) Nell’infliggere pene a un chierico deve essergli assicurato ciò
che è necessario per un dignitoso sostentamento, a meno che non si
tratti di deposizione, nel qual caso il Gerarca abbia cura che al deposto, il
quale a causa della pena si trova in vera necessità, si provveda nel
miglior modo possibile salvi restando sempre i diritti acquisiti circa la
previdenza, l’invalidità e la sicurezza sociale e l’assistenza sanitaria
sua e della sua famiglia, se è sposato.
Can. 1411
Nessuna
pena può essere inflitta dopo che l’azione penale è stata
estinta.
Can. 1412
§1. Chi
è tenuto alla legge oppure al precetto, è pure sottoposto alla
pena annessa ad essi.
(CIC83,
C.1313 §1) §2. Se, dopo che il delitto è stato connesso, la legge viene
cambiata, al reo si deve applicare la legge più favorevole.
§3. Se
invece una legge posteriore toglie la legge o almeno la pena, questa cessa
immediatamente, in qualunque modo essa sia stata inflitta.
(= CIC83,
C.1351) §4. La pena vincola il reo in qualunque luogo, anche se è
scaduto il diritto di chi ha inflitto la pena, a meno che non sia espressamente
disposto altrimenti dal diritto comune.
Can. 1413
(cf CIC83,
C.1323) §1. Non è passibile di alcuna pena chi non ha compiuto il
quattordicesimo anno di età.
(CIC83,
C.1324 §1, 4°) §2. Colui però che ha commesso un delitto tra il quattordicesimo
e il diciottesimo anno può essere punito soltanto con pene che non
includono la privazione di alcun bene, a meno che il Vescovo eparchiale o il
giudice, in casi speciali, non ritenga che si può provvedere meglio in
modo diverso al suo emendamento.
Can. 1414
(cf CIC83,
C.1321 §2) §1. E’ soggetto a pene solo colui che ha violato una legge penale o
un precetto penale, deliberatamente oppure per omissione gravemente colpevole
di debita diligenza, oppure per ignoranza gravemente colpevole della legge o
del precetto.
(CIC83,
C.1321 §3) §2. Posta la violazione esterna di una legge penale o di un precetto
penale si presume che essa sia stata fatta deliberatamente, finché non
sia provato il contrario; in tutte le altre leggi o precetti questo si presume
solo se la legge o il precetto è violato per la seconda volta dopo
un’ammonizione penale.
Can. 1415
(cf CIC83,
C.1345) Se c’è, secondo la prassi comune e la dottrina canonica, qualche
circostanza attenuante, purché tuttavia si abbia ancora un delitto, il giudice
deve attenuare la pena stabilita per legge o per precetto; anzi se, secondo la
sua prudenza, egli ritiene che si possa provvedere meglio in altro modo
all’emendazione del reo e alla riparazione del danno e dello scandalo,
può anche astenersi dall’infliggere la pena.
Can. 1416
(cf CIC83,
C.1326) Se un delitto è stato commesso da un recidivo, o se c’è,
secondo la prassi comune e la dottrina canonica, una circostanza aggravante, il
giudice può punire il reo più gravemente di quanto ha stabilito
la legge o il precetto, non escluse le pene indicate nel can. 1402, §2.
Can. 1417
(CIC83,
C.1329) Coloro che di comune accordo concorrono nel delitto, e non vengono
espressamente nominati nella legge o nel precetto, possono essere puniti con le
stesse pene dell’autore principale o, secondo la prudenza del giudice, con
altre pene della stessa o di minore gravità.
Can. 1418
(CIC83,
C.1329 §1) §1. Chi fece o omise alcunché per compiere un delitto e
tuttavia all’infuori della sua volontà non consumò il delitto,
non è tenuto alla pena stabilita per il delitto consumato, a meno che la
legge o il precetto non disponga altrimenti.
§2. Se
invece gli atti o le omissioni per loro natura conducono all’esecuzione del
delitto, l’autore sia punito con una pena adeguata, specialmente se ne è
derivato scandalo o altro grave danno, tuttavia più leggera di quella
costituita contro il delitto consumato.
§3. E’
liberato da ogni pena colui che di sua spontanea volontà ha desistito
dall’esecuzione del delitto inziato, se dal tentativo non è derivato
alcun danno o scandalo.
Can. 1419
(= CIC83,
C.1354) §1. Chi può dispensare da una legge penale o liberare da un
precetto penale, può anche rimettere la pena inflitta in forza della
stessa legge o del precetto.
§2. Con
legge o precetto penale inoltre può essere conferita anche ad altri la
potestà di rimettere le pene.
Can. 1420
(CIC83,
C.1355 §1) §1. Può rimettere una pena inflitta in forza del diritto
comune:
1° il
Gerarca che ha promosso il giudizio penale o che ha inflitto la pena con
decreto;
2° il
Gerarca del luogo dove attualmente dimora il reo, dopo aver consultato
però il Gerarca di cui nel n. 1.
§2. Queste
norme valgono pure a riguardo delle pene inflitte in forza del diritto
particolare o del precetto penale, a meno che non venga disposto diversamente
dal diritto particolare di una Chiesa sui iuris.
§3. Una
pena inflitta invece dalla Sede Apostolica può rimetterla solo la Sede
Apostolica, a meno che la remissione della pena non sia delegata al Patriarca o
ad altri.
Can. 1421
(= CIC83,
C.1360) La remissione della pena estorta con violenza o con timore grave o con
dolo è nulla per il diritto stesso.
Can. 1422
(cf CIC83,
C.1361 §1) §1. La remissione della pena può essere data al reo anche a
sua insaputa, o sotto condizione.
§2. La
remissione della pena deve essere data per iscritto, a meno che una grave causa
non suggerisca diversamente.
§3. Bisogna
guardarsi che la domanda di remissione di una pena o la remissione stessa non
sia divulgata, se non nella misura in ciò sia utile a tutelare la fama
del reo o sia necessario a riparare uno scandalo.
Can. 1423
§1. Salvo
restando il diritto del Romano Pontefice di riservare a sé o ad altri la
remissione di qualunque pena, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o
arcivescovile maggiore può riservare, con una legge emanata per gravi
circostanze, la remissione delle pene al Patriarca o all’Arcivescovo maggiore
per i sudditi che hanno domicilio o quasi-domicilio entro i confini del
territorio della Chiesa a cui resiedono; nessun altro può riservare
validamente a sé o ad altri la remissione delle pene stabilite per
diritto comune, se non con il consenso della Sede Apostolica.
§2. Ogni riserva
dev’essere interpretata strettamente.
Can. 1424
(cf CIC83,
C.1358 §1) §1. Non si può dare la remissione della pena se il reo non
è sinceramente pentito del delitto commesso e se non ha provveduto
convenientemente alla riparazione dello scandalo e del danno.
§2. Se
però, a giudizio di colui al quale compete la remissione della pena,
queste condizioni sono state adempiute, per quanto è possibile, tenuto
conto della natura della pena, la remissione non sia negata.
Can. 1425
(= CIC83,
C.1359) Se qualcuno è vincolato da diverse pene, la remissione vale
soltanto per le pene in essa espresse; la remissione generale invece toglie
tutte le pene, eccetto quelle che il reo nella domanda abbia taciuto in mala
fede.
Can. 1426
(cf CIC83,
C.1340 §1) §1. A meno che un’altra pena non sia determinata dal diritto,
secondo le antiche tradizioni delle Chiese orientali, possono essere inflitte
delle pene con le quali viene imposto di compiere qualche grave opera di
religione o di pietà o di carità, come sono determinate
preghiere, un pio pellegrinaggio, uno speciale digiuno, elemosine, ritiri
spirituali.
§2. A colui
che non sia disposto ad accettare queste pene, siano inflitte altre pene.
Can. 1427
(cf CIC83,
C.1339) §1. Salvo restando il diritto particolare, la riprensione pubblica ha
luogo o davanti al notaio o a due testimoni oppure a mezzo di lettera in modo
però che consti da qualche documento della ricezione e del contenuto
della lettera.
§2. Bisogna
guardarsi affinché nella riprensione pubblica non si dia uno spazio
maggiore di quanto è necessario, all’infamia del reo.
Can. 1428
Se la
gravità del caso lo richiede e principalmente se si tratta di recidivi,
oltre alle pene inflitte per sentenza a norma del diritto, il Gerarca
può sottoporre il reo a vigilanza nel modo determinato con un decreto
amministrativo.
Can. 1429
(cf CIC83,
C.1337 §1) §1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio
può colpire solo i chierici o i religiosi o i membri di una
società di vita comune a guisa dei religiosi; la prescrizione invece di
dimorare in un determinato luogo o territorio non può colpire se non i
chierici ascritti a un’eparchia, salvo il diritto degli istituti di vita
consacrata.
§2. Per
infliggere la prescrizione di dimorare in un determinato luogo o territorio, si
richiede il consenso del Gerarca del luogo, a meno che non si tratti o della
casa di un istituto di vita consacrata di diritto pontificio o patriarcale, nel
qual caso si richiede il consenso del Superiore competente, oppure di una casa
destinata alla penitenza e all’emendamento di chierici di più eparchie.
Can. 1430
(cf CIC83,
C.1338 §1) §1. Le privazioni penali possono colpire soltanto le potestà,
gli uffici, i ministeri, gli incarichi, i diritti, i privilegi, le
facoltà, le grazie, i titoli, le insegne che sono sotto la
potestà dell’autorità che costituisce la pena o del Gerarca che
ha promosso il giudizio penale o che la infligge con decreto; lo stesso vale
per il trasferimento penale ad altro ufficio.
§2. Non
può esserci la privazione della potestà di ordine sacro, ma solo
la proibizione di esercitare tutti o alcuni dei suoi atti a norma del diritto
comune; così pure non può esserci la privazione dei gradi
accademici.
Can. 1431
(cf CIC83,
C.1331) §1. Coloro che sono puniti con la scomunica minore sono esclusi dal
ricevere la Divina Eucaristia; inoltre possono essere esclusi dalla
partecipazione alla Divina Liturgia, anzi anche dall’ingresso nella chiesa, se
in essa viene celebrato pubblicamente il culto divino.
§2. Con la
stessa sentenza o col decreto con cui è inflitta questa pena, deve
essere determinata l’estensione della stessa pena e, se occorre, la durata.
Can. 1432
(cf CIC83,
C.1333) §1. La sospensione può essere o da tutti oppure da alcuni atti
di potestà di ordine o di governo, da tutti o da alcuni atti o diritti
connessi con l’ufficio, il ministero o l’incarico; l’estensione poi di essa sia
definita nella stessa sentenza o decreto con cui è inflitta la pena, a
meno che non sia già determinata dal diritto.
§2. Nessuno
può essere sospeso se non dagli atti che sono sotto la potestà
dell’autorità di colui che ha costituito la pena o del Gerarca che promuove
il giudizio penale o che con decreto infligge la sospensione.
§3. La
sospensione non tocca mai la validità degli atti né il diritto di
abitare se il reo lo ha in ragione dell’ufficio, del ministero o dell’incarico
(= CIC83, C.1334 §4); invece la sospensione di percepire i frutti, le
remunerazioni, le pensioni o altro, comporta l’obbligo di restituire quanto fu
illegittimamente percepito, anche se in buona fede.
Can. 1433
(= CIC83,
C.1334 §4) §1. Al chierico ridotto a un grado inferiore è vietato di esercitare
quegli atti della potestà di ordine e di governo, che non sono
confacenti a questo grado.
(cf CIC83,
C.290, 2°; CIC83, C.1336 §1, 5°) §2. Il chierico invece deposto dallo stato
clericale è privato da tutti gli uffici, i ministeri e altri incarichi,
dalle pensioni ecclesiastiche e da qualsiasi potestà delegata; diventa
inabile ad esse; gli è proibito di esercitare la potestà di
ordine; non può essere promosso agli ordini sacri superiori e, per
quanto riguarda gli effetti canonici, viene equiparato ai laici, fermi restando
i cann. 396 e 725.
Can. 1434
(# CIC83,
C.1331 §2, 4°) §1. La scomunica maggiore vieta, oltre a tutto quello di cui nel
can. 1431, §1, anche di ricevere gli altri sacramenti, di amministrare i
sacramenti e i sacramentali, di esercitare uffici, ministeri o qualsiasi
incarico, di porre atti di governo che, qualora fossero tuttavia posti, sono
nulli per il diritto stesso.
§2. Chi
è punito dalla scomunica maggiore deve essere allontanato dalla
partecipazione alla Divina Liturgia e da qualsiasi altra celebrazione pubblica
del culto divino.
§3. A chi
è punito con scomunica maggiore è fatto divieto di usare dei
privilegi prima concessigli; egli non può conseguire validamente
dignità, ufficio, ministero o altro incarico nella Chiesa o pensione,
né gli appartengono i frutti a questi annessi; è privato di voce
attiva e passiva.
Can. 1435
§1. Se la
pena vieta di ricevere sacramenti e sacramentali, il divieto è sospeso
mentre il reo è in pericolo di morte.
(CIC83,
C.1335) §2. Se la pena vieta di amministrare sacramenti o sacramentali o di
porre un atto di governo, il divieto è sospeso ogni volta che questo
è necessario per provvedere ai fedeli cristiani che si trovano in
pericolo di morte.
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