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Johann Wolfgang von Goethe
I dolori del giovane Werther

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  • LIBRO PRIMO
    • 30 agosto.
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30 agosto.

 

Infelice! Non sei pazzo? non inganni te stesso? Che diverrà questa passione furiosa e senza fine? Io non prego più che per lei; alla mia immaginazione non si presenta altra immagine che la sua, e tutto quello che mi circonda nel mondo lo considero soltanto in quanto ha rapporto con lei. E passo così ore felicissime, finché‚ devo strapparmi questa immagine. Ah, Guglielmo, fin dove mi trascinerà il mio cuore? Quando sono stato seduto due o tre ore vicino a lei e mi sazio del suo aspetto, dei suoi gesti, delle sue celesti espressioni, a poco a poco tutti i miei sensi si esaltano, un'ombra si stende dinanzi ai miei occhi, sento appena, mi pare d'essere afferrato alla gola da una mano omicida, e poi il mio cuore, nei suoi battiti precipitosi, cerca sollievo per i miei sensi oppressi e non fa che aumentare il loro turbamento... Guglielmo, spesso non so se vivo! E se qualche volta la tristezza mi vince e Carlotta non mi concede l'estrema consolazione di bagnar di lacrime la sua mano, devo andarmene, fuggire, perdermi lontano nei campi; allora la mia gioia è di arrampicarmi su di un monte scosceso, di aprirmi un sentiero attraverso una foresta impraticabile, attraverso i cespugli che mi feriscono, attraverso le spine che mi lacerano. Allora mi sento un poco meglio, un poco! E se talvolta oppresso dalla stanchezza e dalla sete io soccombo lungo il cammino; se qualche volta nella notte profonda, quando la luna piena brilla sul mio capo, nella foresta solitaria, io mi siedo sul tronco ricurvo di un albero per dare ristoro ai miei piedi feriti, nel chiarore crepuscolare, io mi addormento di un sonno faticoso. Oh Guglielmo, la solitaria dimora di una cella, il saio di crini e il cilicio sarebbero un sollievo al quale la mia anima aspira. Addio! Io non vedo a questa sofferenza altro limite che la tomba.

 




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