12
settembre.
Carlotta
è stata qualche giorno assente; era andata a prendere Alberto. Oggi sono
entrato nella sua stanza, mi è venuta incontro, e con gran gioia le ho baciato
la mano.
Un
canarino è volato dallo specchio sulla sua spalla.
-
Ecco un nuovo amico, - ha detto prendendolo in mano - è destinato ai miei
piccoli. Guardate com'è carino: se gli dò del pane, batte l'ala e becca con
grazia; mi bacia anche, vedete! -
E
quando avvicinò l'animaletto alla sua bocca esso premette amorosamente le dolci
labbra come se avesse potuto apprezzare la beatitudine di cui godeva. - Deve
baciare anche voi - disse, e spinse l'uccellino verso di me: il beccuccio passò
dalla sua bocca alla mia, e le beccate erano come un soffio, un presagio di
godimento d'amore. Dissi allora: il suo bacio è interessato: cerca nutrimento,
e rimane scontento dopo una vana carezza. Mi mangia anche sulla bocca, aggiunse
Carlotta. E gli offrì qualche briciola di pane con le labbra sulle quali
sorridevano gioconde le gioie di un innocente amore.
Io
volsi il viso altrove. Lei non doveva far questo; non doveva infiammare la mia
immaginazione con queste visioni di celeste innocenza e di gioia; non doveva
risvegliare il mio cuore dal sonno nel quale talvolta lo culla l'indifferenza
della vita!
E
perché‚ no? Lei ha fiducia in me! sa come io l'amo.
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