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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO III
    • CAPITOLO IX
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CAPITOLO IX

 

Remissione dei peccati, Elezione, Nobiltà e Fermezza, e loro simboli rondine, calandrio, falcone e grifo.

 

La rondine due pietre prezïose

Naturalmente porta nel suo ventre,

Che vagliano ad amore, e son famose.

Se li figliuoli sono ciechi ed orbi,

Biascia la celidonia, sì che c'entre                                              5

Il cano succo che sana lor morbi.

 

Così sarai tu grazïoso sempre

Se porti amore e caritate dentro,

Di questa donna servando le tempre.

Se il vizïo t'acceca li belli occhi,                                                 10

Cercando questa donna nel tuo centro

Ti sanerà, se al Fattor t'inginocchi;

E di salute non ti disfidare,

Ché di propria natura è lo peccare.

 

Il calandrello, quale è tutto bianco,                                            15

Portandolo dinanzi a quel che è infermo,

Di ciò che qui ti dico non ti manco,

Se morir deve, voltagli la coda,

Se campar deve, riguardalo fermo.

Di questo an'male tal natura loda.                                              20

 

Così fa questa donna: a cui riguarda,

Di morte a vita ed a salute torna;

Volta l'aspetto a cui lo vizio imbarda

Sì che, vivendo, muor, perché mal vive.

O quanti la speranza al mondo scorna,                                      25

Pur conseguendo l'opere cattive!

Lieve salute nel presente giorno

Ché, crastinando, la morte gli è intorno.

 

Erodio, il quale è pur detto falcone,

Fere col petto più che non col becco.                                        30

Ascolta quanto è in lui perfezïone.

Se in due volati non prende sua caccia,

Vergognasene forte e sta allo stecco

Né più in quel giorno animali minaccia.

 

Nell'altro che domestico pur vaga                                              35

O per vergogna nell'aria va sperso,

Di ritornare a lui tardi s'appaga.

Non becca mai della putrida carne,

Sia quanto vuole di fame converso,

E quando è infermo becca pur le starne.                                    40

 

L'uomo ch'è prode figliuol di virtute,

Più fa col cuore che non fa con bocca

Quando il raggiungono l'aspre ferute.

Sempre è vergogna dove è gentilezza.

Azaria » dico a cui tal detto tocca,                                             45

Che con la lingua gli inimici spezza.

 

Non prende l'uom gentil le brutte cose,

Ma, per virtù dell'animo ch'è granne,

Consegue sempre le più valorose.

Ma sono al mondo cotai gentilotti                                              50

Che gridano, mostrando le loro sanne,

Schernendo altrui con loro grigni e motti.

Per l'opera si mostra l'uom gentile,

Sì come è scritto nel secondo stile.

 

Il grifo assai è forte, ma pur teme                                               55

Per molti an'mali che son ne li monti,

Ché per lor corpi lo tossico freme.

Sempre nel nido lo smeraldo pone

Sì che non sieno li suoi nervi ponti:

Per questa pietra fa defensïone.                                                 60

 

Così tu devi mettere costei

Dentro nel cuore con la ferma fede

La qual difende l'uom dagli atti rei,

Dall'inimico ch'è il serpente antiquo,

E dona pace e gloria e mercede                                                65

Togliendo all'alma lo valore iniquo.

 

Chi seco porta questa bella pietra

Giammai da sua salute non s'arretra.

 

 




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