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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO III
    • CAPITOLO XIV
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CAPITOLO XIV

 

Simboli di Quadrupedi feroci: leone della Magnanimità, leopardo e iena dell' Adulterio, pantera della Socievolezza, tigre dell'Illusione.

 

Non chiude gli occhi lo leon, dormendo;

De li suoi piedi sempre l'orme copre,

Ché il cacciator non vada lui seguendo.

Ciascun suo nato fino al terzo giorno

Dormir non cessa sin che il padre all'opre                                  5

Li desti sopra lor gridando intorno.

 

Non fugge lo leone e non s'asconde,

Fermasi al campo senz'alcun temere

E mai suo cuor paura non confonde.

Stassi celato nelle gran montagne                                               10

Perché la preda vuol di vedere:

Poi che la vede, fa alte grida e lagne.

 

Ciascun an'mal s'affligge per suo grido

Ed egli intorno con la coda segna

E stan timenti senza voce e strido.                                             15

Ei sempre di sua preda parte lassa;

Alli prostrati perdonar si degna

Possendo vendicar se l'ira passa.

 

Così ciascuno che porta corona

Deve ogni tempo tener gli occhi aperti                                       20

Che inganno non riceva da persona,

Celare il suo segreto e la sua via,

Di sé facendo gl'inimici incerti

Ché, dubitando, in loro paura sia;

 

E deve li suoi nati ammaestrare                                                  25

Lassando il tempo dell'acerba vita,

Con sue parole in lor virtù spirare,

A ciò che non degeneri sua stepe

In vile arbusta che, da lui partita,

Perda lo frutto nell'arida siepe.                                                  30

 

Dev'esser sempre nuda di paura

Alma regale, con ardita vista,

Veggendo de' nemici la figura,

E far sempre temere li suoi servi

Tenendo di giustizia santa lista                                                   35

Che fra di loro non siano protervi.

 

E quando si convien di perdonare,

Voltar si voglion gli occhi a pïetate

Che sempre in gentil cuor convien destare.

Perdonimi a chi tocca quel ch'io parlo;                                       40

E voi di Puglia qui mi perdonate,

Ché troppo onor si fa a l'ossa di Carlo.

Peccato vecchio fa nuova vergogna:

Tu vedi ben che dir più non bisogna.

 

Da leonessa il leopardo nasce                                                   45

O se giace leon con la leoparda.

Crudo di pïetà, capro si pasce.

Se non prende la preda in quattro salti,

Per la vergogna in terra fisso guarda

Provando sdegno delli vili assalti.                                               50

 

Inganna lo leon nella caverna

Quale ha due bocche e nello mezzo è stretta:

Così natura vuol ch'ei qui si sterna.

Veggendo lo leon, prende a fuggire;

Ma lo leone lo consegue in fretta                                               55

Come tu sai, e gli convien morire.

 

Così il peccato che conduce a morte

Nell'infernal caverna ti richiude

E dell'uscirne mai non trovi porte.

Ivi si piange e stride eternalmente,                                             60

Ivi la pïeta gli occhi richiude,

Ivi non posa mai la trista gente,

Ivi la mente umana è senza spene

Di ritornare nel divino bene.

 

Cava li morti dalle sepolture                                                      65

La iena, e contraffà l'umana voce

Per divorar l'umane creature.

Muta il sesso, anïmale sodomito,

E quanto puo' alli cani sempre nuoce.

Alla sua voce ogni animal sta quito.                                           70

 

Giace con leonessa questa fiera

E di costor nasce animal feroce:

Chiunque lo vede, di vita dispera.

Così il nemico alla morte ci mena

Dando l'udito al suo parlare atroce                                            75

Che con dolcezza ne conduce a pena,

Sì che, peccando, divora noi morti

Se del risuscitar non siamo accorti.

 

Di macchie negre e bianche è la pantera;

Natura la dipinse per bellezza;                                                   80

Il drago, quando vede lei, dispera.

Poi che ha mangiato, dorme al terzo giorno

E poi risorge e fa d'odor dolcezza

Sì che gli an'mali stanno a lei dintorno,

 

Salvo che il drago. Così fa il cattivo                                           85

Che fugge delli buon sempre l'aspetto

Perché di conoscenza è cieco e privo.

Pur conversando con le vil persone,

Da lor non nasce mai benigno effetto

La voglia pur seguendo, e non ragione;                                      90

 

Ma conversando con li buon, s'acquista

Onore e lode ch'esaltano l'uomo

Che in ogni loco mostra ardita vista.

Usanza la forma alli costumi.

Secondo il conversar s'acquista nome.                                       95

A ciò che l'ignoranza si consumi,

Fuggi li pravi e con li buon conversa

Se vuoi che tua virtù non sia sommersa.

 

Veloce corre sì come saetta

Il tigre, quasi simil di pantera:                                                     100

De' suoi figliuoli sempre sta sospetta.

Il cacciatore con gli specchi fura

Li suoi figliuoli, acciò che questa fiera

Non segua lui, vedendo lor figura.

 

Crede ella, negli specchi entro guardando,                                 105

Che sian li suoi figliuoli, e così fugge

Il cacciator veloceinvolando.

Poi che si vede ingannata dall'ombra,

O quanto dolorosamente rugge

E di dolore la sua mente ingombra!                                            110

 

Così il nemico fura l'alme e toglie

Con questi dolci specchi che vedemo,

Ché dalla conoscenza ne distoglie.

Ahi quanto qui il pensier mi fa paura

Pensando a poco tempo ove saremo,                                        115

Veggendo che la vita poco dura

 

E sì come acqua che discorre, passa

La vita nostra, e questo mondo lassa.

 

 




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