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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO III
    • CAPITOLO XVIII
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CAPITOLO XVIII

 

Virtù di altre formazioni naturali negli effetti di Marte (diacodio dell'acqua, asbesto del fuoco, calamita della terra), negli effetti del Sole (carbonchio, epistrite, ametista) e della Luna (ceraunio, calcedonio, cristallo) e in altre pietre (celidonio rosso, celidonio nero, corallo, margherita, galassia, corniola).

 

Diacodio, se tocca il corpo morto,

Perde la sua virtù e mai non torna:

Molte fiate di ciò mi sono accorto.

S'è messo in acqua, vegnon per natura

Gli spirti tutti della setta borna.                                                  5

È simil di berillo sua figura.

 

La pietra asbesto, se in fuoco s'accende,

Per cosa natural non sarà morta

Ma sempre come stella risplende.

È come ferro in vista il suo colore.                                             10

Altra virtù in sé, dico, non porta,

Ma alcun vuol dire che vaglia ad amore.

 

La calamita per sé tira il ferro

E questa nasce nell'India maggiore;

E l'altra in Etïopia, se non erro,                                                  15

Da lei lo ferro fuga con l'aspetto;

Un' altra calamita di dolore

La carne umana tira in suo cospetto,

 

Riforma amore fra donna e marito,

grazïa e bellezza nel parlare:                                                 20

Se c'è sospetto, ponitela in dito.

Dormendo a lato a donna, metti questa

Che sotto al capo si convien celare

Pian piano sì che lei non si ridesta:

 

In ver di te si volta, s'ella è casta;                                               25

Diletto fugge quasi col temere

Se già ne fu cercata d'altra tasta.

Il dïamante similmente face.

Per cortesia ben mi dovria tacere,

Ma dicer voglio ciò che dentro giace.                                        30

 

La calamita, quando puoi, la trita

E in quattro canti della casa poni

Carboni ardenti senza fiamma ardita;

Dispargi quella polve sopra questi:

Parrà cader la casa senza tuoni                                                  35

Ed altre novità che non vedesti.

Queste tre pietre le conduce Marte

Ed anche lo Saturno ci tien parte.

 

Luce il carbonchio nell'oscuritate,

Muore nel fuoco sì come carbone:                                             40

Bagnato in acqua, torna in chiaritate.

Dodici son le specie di costui,

Ma il crisopazio la luce dispone

La notte e in fuoco si dimostra a nui.

 

Epistrite è che luce e franca il cuore                                           45

E fuga ogni tempesta dalli frutti:

Al Sole opposto, manda fuoco fuore.

La fervente acqua questa pietra affreda,

Le locuste e gli uccelli fuga tutti

E nulla cosa vuol che il frutto leda.                                             50

 

Mostrasi vïoletto l'ametisto

Qual da noi toglie il falso cogitare:

Sollecito fa l'uom, sì come ho visto.

Vale a intelletto, ed all'uomo imbriago.

In cinque modi si può dimostrare:                                              55

Di quel ch'è vïoletto pur m'appago.

Dal Sol si forma di queste ciascuna:

Queste altre qui di sotto dalla Luna.

 

Ceraunio pur nasce dal gran tuono.

Chi castamente questo seco porta                                             60

Mai non potrà morir di quel frastuono.

In quella casa, castellovilla

Non puo' cader perché questo l'ammorta

Con sua virtù, secondo la Sibilla.

 

A vincer ogni briga e le battaglie                                                65

Vale, ed a dolce sonno con quiete

Sì che dormendo non senti travaglie.

È calcedonio pallido e incolore;

Di gioventute conserva le mete

Con virtù, vince briga e valore.                                             70

 

Se è perforato, anche meglio resiste

A spiriti maligni ed a lor beffe

Che in sogno mostran le diverse viste

E e notte fanno gran paure

Ché, dubitando, all'uom par chi lo ceffe                                     75

Veggendo l'ombre e subite figure.

 

Nasce nell'Alpe del settentrïone

Cristallo fatto dell'antica neve

Secondo la comune opinïone;

Opposto al Sole, di fuor manda il fuoco;                                    80

La sete, posto in bocca, cessar deve;

Trito col miele fa latte non poco,

E forte vale al colico dolore

Ché fa cessare quel maligno umore.

 

L'entrace l'acqua per virtute tira                                                 85

Dall'aria, e sopra sé così condensa

Che par che dentro nasca, chi la mira.

La rondin due ne porta nel suo ventre,

Nascenti in lei allor quando comensa;

E chi li vuole, giovine la sventre:                                                 90

 

Dico del celidonio, quel che è rosso;

E vale alla lunatica malìa

Ed a chi fosse di mattezza mosso.

Grato e facondo fa l'uomo parere.

L'altro, che è negro, toglie tuttavia                                             95

L'ira e la febbre, quanto al mio dovere.

 

Questo si mostra nudo di bellezze:

In lui è gran virtute senza fallo,

Ché d'ogni umore toglie le gravezze.

Nel Rosso mare dall'acqua coperto                                           100

È legno per natura lo corallo:

Nell'aria si fa pietra, e questo è certo.

 

A folgore resiste ed a tempesta,

Gli spirti fuga nel caduco morbo,

Fa la fortuna in noi veloce e presta,                                           105

Moltiplica li frutti, il sangue stregne,

Lo stomaco conforta. Or non sii orbo,

Che di portarlo la mente ti sdegne.

Rosso e bianco corallo si ritrova

In tutti: credo che ciò sie una prova.                                          110

 

Nelle marine conche margherite

Nascono certo, ma quelle del cielo

Credo che sieno di virtù compite.

Dalla celeste rugiada si forma

Ciascuna margherita senza velo:                                                115

La vita nel valor sempre riforma.

 

Perpetua giacesse galassìa

Nel fuoco, già non prenderia calore:

Così natura vuol che fredda sia.

La cornïola pur mitiga l'ira                                                         120

Di ciascun membro che conduce umore

E stringe il sangue per virtù che spira.

 

Qui faccio fine delle sacre pietre

Ché qui tu trovi scritte le più degne,

E da loro virtù prego che impetre.                                             125

Se d'erbe qui non tratto né di piante,

Io prego che chi legge non si sdegne

Ché a medico le lasso che ne cante,

 

E levi la virtù intellettiva

Veggendo che peonia vien da Luna                                           130

E da Saturno vien la sempreviva,

E dodici erbe da cotanti signi.

Ciascuna, quando regna la Fortuna,

Rimuove e stringe tutti umor maligni.

 

E tu a me: «Omai vorria vedere                                                 135

Da quinci innanzi quale è il tuo volere».

 

 




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