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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO IV
    • CAPITOLO II
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CAPITOLO II

 

Movimenti e luce degli astri, eclissi, influenze lunari.

 

«Perché nel cielo son contrari moti

Che muovon da ponente ogni pianeta,

Contro del primo manifesti e noti

Dico che Dio e la natura degna

In tutte cose pose fine e meta:                                                   5

Or mira la ragion che qui s'assegna.

 

Se tutti i cieli muovessero insieme,

Già mobile saria la ferma Terra

E solo ferma sulle parti estreme.

Le qualitati serva in quattro tempi                                              10

Il moto natural, che non disserra

Per altri corsi che son più pertempi.

 

«Perché scintilla dell'ottava sfera

Ciascuna stella, ed i pianeti stanno?

La mente dubitando vuol ch'io quera».                                       15

Perché son più lontan dal nostro aspetto

Le ottave stelle, sì che gli occhi fanno

Di questo scintillar falso concetto.

 

Or prendi esempio nel propinquo lume,

Che quanto più si cessa più scintilla:                                           20

Stando da presso muta tal costume.

«Perché si oscuran lo Sole e la Luna?

Nel primo libro tal ragion si stilla,

Ma non perché è sanguigna o negra o bruna».

 

Io dico che, movendo questi lumi                                              25

Allora che Saturno signoreggia,

Son verdi e negri come densi fumi;

Sono sanguigni se li mira Marte;

Ciascun vuol Giove che bianco si veggia;

Venus citrigni li fa in ogni parte.                                                 30

 

Quando la Luna è nell'oscuro Sole,

Se tu vedrai li diversi colori,

Sii certo ch'è

Mercurio che ciò vuole.

E tu a me: «Perché lo Sole scalda

D'ogni animale aprendo li suoi pori,                                           35

Se in lui nessuna qualità si salda

 

Lo corpo luminoso per natura,

Per la riflessïon di sua chiarezza

In calda forma l'aria trasfigura.

Nel vaso freddo, vitreo e pulito,                                                40

Di ciò ch'io dico vederai certezza:

Or 'scolta che di ciò ti fo sentito.

 

Rimuovi il vaso ch'io t'ho sopra ditto,

Sì che dal fuoco caldo non riceva,

Ma il suo splendore in lui fiera diritto:                                         45

Sentirai caldo se appressi la guancia.

Per più sentire, la tua mente leva,

Ché ciò che qui ti dico non è ciancia.

 

E tu a me: «Perché sempre vedemo

La Luna scema, che poi vien crescendo                                     50

In fin che è piena, come certi semo

Io dico che la Luna non ha luce

Se non dal Sole che in lei risplendendo,

Quanta ei ne vede, tanta ella riluce.

 

La Terra in mezzo in fra di lor s'oppone,                                    55

Però la Luna così si dimostra

Perché lo Sole più veder non puone.

Ma quanto va più verso l'orïente,

Tanto a noi più ella si mostra lustra,

Ché vede il Sole più speditamente.                                            60

 

«Perché la donna, se la Luna è piena,

Specchio non turba con gli occhi sdegnati,

E s'ella è poca, di ciò sente pena

Luna per naturale sua virtute

Rettifica gli umor distemperati,                                                   65

Sì che da lei procede tal salute;

 

Ma, diminuta sua natura innata,

Moltiplica l'umidità corrotta

Qual fugge la natura stimolata.

E tu a me: «Perché allor questa piaga?»                                     70

Per la freddezza e per la gola ghiotta

Conviene che ogni mese a ciò si traga.

 

«Perché ciascuno più la Luna teme

Che non fa Marte e Saturno con

Giove, Essendo lor potenze tanto estreme?»                              75

Dico, perché la Luna, ch'è soggetto

Di tutti i cieli, più da presso muove:

Però temiamo più lo suo difetto.

 

E tu a me: «Perché, quando è rotonda,

Ogni villano li suoi travi taglia?»                                                 80

Ché allor l'umiditate più abbonda,

La quale per più tempo li conserba

Così che poi la brina non li baglia

E la fabbrica sta dura ed acerba.

 

«Perché il suo raggio, s'entra per un buco,                                 85

Fere il cavallo che ha piagato il dorso,

Ma non avvien, se in campo lo conduco

Ti par che muora e spasimando langue,

Finché scolora, chi dorme al suo corso,

Che par che in corpo non possieda sangue:                               90

 

Lo raggio, che per buco così spira,

Sopra la piaga vien più forte unito

E, riflettendo, più rinforza l'ira.

Ma nelli campi i raggi son dispersi

Per l'aere che si muove e non sta quito:                                      95

Però tu vedi gli effetti diversi.

 

Provando la corrotta umiditate

Che per la Luna prende più vigore,

Ciascuna delle parti la compate;

Menando il sangue per diverse vene                                          100

Gli spiriti che corron dentro al core,

Quanto ciascuna puo', tanto sostiene.

 

Lungo dormire non fu senza danno

Sotto il suo raggio che la vita scorta,

E fa di gran dolore nuovo affanno,                                             105

Corrompe la virtù che l'uom nutrica

Per la freddezza, sin che il viso ammorta.

Convien che d'altra cosa qui ti dica.

 

Or leva la virtù del tuo intelletto

Verso la qualità dove hai sospetto.                                            110

 

 




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