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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO IV
    • CAPITOLO IV
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CAPITOLO IV

 

Problemi sulla temperatura e sui moti dell'aria.

 

«Perché è più freddo quando è più sereno

Dico che il vento che vien d'aquilone

Allora li vapor mette al declino;

Ma, respirando poi lo meridiano,

La sua caldezza li vapor compone                                             5

Sì che fa il tempo quasi dolce e piano.

 

«Perché è più freddo nascendo l'aurora

Che in mezza notte e quando il Sol si cela

Ché la rosata stilla giù in quell'ora.

In mezza notte l'ora vien più fredda                                            10

Ché più remoto è il Sole e più congela:

La sera è presso al Sole e non affredda.

 

«Perché d'estate son maggior le vampe,

La notte assai più che lo giorno, dico

O tu che scrivi, la tua man no inciampe!»                                   15

Ché l'aquilone tien le penne strette

D'estate, perché regna il suo nemico,

Ma nel gelato tempo fuor le mette.

 

«Perché d'estate, quando è l'aere bruno,

Celato il Sole dalle nubi dense,                                                  20

V'è sì gran vampa da languir ciascuno?»

Dico che allora il Sole è sì fervente

Ché scalda queste nubi e falle accense;

Poi la vampa nell'a‘re si sente.

 

Anche ti voglio più espresso dire                                               25

Perché è più freddo nel tempo stellato:

Or qui m'ascolta, se ciò vuoi sentire.

Esala il caldo e l'umido su mena:

Per tale umidità l'aere è gelato

E la rosata piove allor ben piena.                                               30

 

Però nel freddo tempo e nello fosco,

Che il caldo si riserva e non esala,

Brina non cade né in prato né in bosco.

E tu a me: «Perché vedem la stella

Fuggir per l'aria sin che in terra cala?»                                       35

Di ciò ti voglio dir certa novella.

 

Non caggiono le stelle da le spere,

Ché l'una copreria tutta la terra;

Ma il vento, che da quella parte fere,

Muove per l'aria li vapor focati.                                                 40

Dicono certi che nel cielo è guerra:

Or questi son li semplici dannati.

 

«Perché chiamando in Ascoli tu senti,

Presso alle mura delle oneste donne,

Con simil voce rispondere i venti?»                                            45

Dico che l'aria questa voce porta,

Trova l'opposto che riflette l'onne

Sì che la voce torna qui ritorta.

 

E tu a me: «Or questa Galassia,

Secondo la sentenza del Magistro,                                            50

Voglio saper da te che cosa sia».

Dico, secondo l'altra opinïone:

Ma non prendessi l'altra nel sinistro,

Ché ciò non forma la mia intenzione.

 

Sopra noi molte stelle troppo spisse,                                         55

Che illuminando fanno la chiarezza,

Son dell'ottava sfera stelle fisse.

Son strette sì, che l'una l'altra tocca:

Così si mostra la bianca bellezza.

Questa è la via della gente sciocca.                                            60

 

E tu a me: «Or di' s'io dico bene:

Altro vento non è che d'aria moto.

Ormai di dubitar qui mi conviene.

Perché, quando comincia primavera,

D'inverno, e quando autunno sta remoto,                                   65

Regna l'australe con la spessa schiera

 

Dico che il Sole che leva li fiati

D'inverno ascende verso quella parte,

E li scalda nei tempi nominati;

E l'aquilone respira d'estate                                                       70

E intanto il Sole di non si parte,

Secondo sue nature limitate.

 

«Perché lo vento che vien dall'oriente

D'essere sano porta più la voce

Che non sia l'altro che vien da ponente?»                                   75

Dico che il Sole con li dolci raggi

Purificando sempre lo conduce.

Or guarda che in error di ciò non caggi.

 

«Perché vien dalla bocca freddo e caldo

Il fiatoDico, quando alita l'uomo,                                           80

Vien congregato il fiato e tutto saldo;

Soffiando, ne vien l'aere congregato,

Però vien freddo: tu vedi ben como.

Or tu medesmo ve' se t'ho ingannato.

 

E tu a me: «Di', come prende forma                                           85

Dal cuor dolente e ne nasce il sospiro

Quando del suo pensier l'alma s'informa

Non spira l'uomo, onde s'infiamma il cuore;

Poi tira l'aria sentendo il martiro,

Sì che il sospir, languendo, manda fuore.                                   90

 

Con più pensier, più sospiro si spande,

Ché, quanto più del tempo il pensier fura,

Cotanto è più dell'aria il tratto grande.

Contenta l'alma lo sospir d'amore,

E certa gente forma la natura,                                                    95

Che, desïando, nel sospir si muore.

 

Io mi ricordo che già sospirai

Sì nel partire da quel dolce loco,

Ch'io dir non so perché il cuor non lasciai.

Sperando di tornar, passo martiri                                              100

Struggendosi lo core a poco a poco

'Nanzi ch'io tragga gli ultimi sospiri.

 

Oimè quegli occhi da cui son lontano,

Oimè memoria del passato tempo,

Oimè la dolce fe' di quella mano,                                               105

Oimè la gran virtù del suo valore,

Oimè, che il mio morir non è per tempo

Oimè, pensando quanto è il mio dolore!

 

Or piangete, dolenti occhi miei,

Poi che, morendo, non vedete lei.                                              110

 

 




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