Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO IV
    • CAPITOLO VI
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

CAPITOLO VI

 

Problemi vari, d'alchimia, anatomia ed ottica.

 

Non ha virtute, dico, d'intelletto

Chi non ha il ben per bene e il mal per male,

E chi non sdegna dell'altrui difetto.

La superbia non cade mai in disdigno

Nell'uomo, perché, s'ei nel mondo vale,                                     5

Potendosi vengiar, si fa benigno.

 

L'ingiurïa che nasce più da presso

Nell'animo raddoppia il gran dolore,

Ché l'uomo si disdegna fra se stesso.

E tu a me: «Io prego che ritorni                                                 10

Nelli pensieri primi del tuo cuore,

E da me l'ignoranza si distorni.

 

S'una natura v'è in tutta la terra,

Perché in un loco, di due simil piante

Insieme poste, è l'una che si atterra,                                           15

E l'altra cresce producendo frutti?

Perché miniere d'oro e pietre tante

Sono inLevante per li lochi tutti?»

 

Ed io a te: «Sì come dice Plato,

D'otto nature di virtù, la parte                                                    20

Che in ciel si prende, forma ogni creato.

Secondo il cielo si dispone il loco:

È ch'ei nasce, secondo nostr'arte.

Or qui tu vienimi intendendo un poco.

 

Sì come ferro tira calamita,                                                        25

Così ciascuna vegetabil pianta

Tira l'umore proprio alla sua vita,

Sì che la terra le piante nutrica

Secondo la virtù che loro ammanta:

Così la qualitate in lor s'applica.                                                 30

 

La coloquinta delle parti aduste

Tira l'amaro e lascia la dolcezza,

E fanno lo contrario le altre arbuste.

Ben ha la terra, dico, una natura,

Ma son diversi i luoghi per certezza                                           35

Secondo il cielo che tien figura.

 

Sì che rispondo ormai a tua questione:

Delle due piante, dico terminando,

Facciati certo questa opinïone:

Sotto diverse stelle furon poste,                                                 40

O fu per accidente lor piantando:

Qui non ti posso far altre risposte.

 

E tu a me: «Perché qui la miniera

Dell'oro, e qui di ferro, e di stagno

Ed io a te: Questa sentenza è vera.                                            45

Di molte altre question, se qui mi intendi,

Vedrai lo vero, e non ti darai lagno

Del dubitare. Or guardami ed attendi.

 

Devi saper che li sette metalli

Son generati dalli sette cieli,                                                       50

Io dico nelli monti, e in piano, e in valli.

Dove un pianeta regna, per sua vista,

Con li suoi raggi acuti come teli,

Forma il metallo dalla terra mista.

 

Saturno fa lo piombo, il ferro Marte,                                         55

Giove lo stagno, Venus fa lo rame,

Lo Sol fa l'oro e male lo comparte,

E quanti ne ha condotto già a mal porto!

Mercurio fa lo vivo senza squame

E la Luna l'argento, dico, morto.                                                60

 

E tu a me: «Tu credi che per arte

Si possa dare alli metalli forma,

Se gli elementi alcun giunge e disparte

Dico che l'arte, che natura segue,

Quanto al poter non mai le si conforma                                      65

Che possa conseguir mai le sue tregue.

 

«Sono due case in un piccolo monte:

Nell'una ogni mal che nasce, muore;

Nell'altra la salute in lor tien fronte.

Vorria saver se il loco ha cotal forza,                                         70

Ovver d'onde procede tal valore.

Per contentarmi la tua mente sforza».

 

Ed io a te: Delli superni lumi

Ciascun forma, conserva e corrompe

Queste create cose e lor costumi.                                              75

È simil pietra dell'umano seme,

Che, subito che in donna si prorompe,

Di cotal cielo la virtù in sé preme.

 

Quando la prima pietra è che s'asside

Nel fondamento, allora si dispone                                              80

Lo loco che dal ciel non si divide.

Sotto maligno ciel fu edificata

La casa dov'è quella lesïone:

Sotto benigno e l'altra fu fondata.

 

Sì che li siti sono divisati                                                            85

Dalli celesti corpi, e però vedi

Gli effetti delle terre varïati.

In una terra guerra e fame e peste;

Guarda Toscana se tu non mi credi;

E l'altra del contrario si riveste.                                                  90

 

Le stelle vizïose delli segni

Fanno accidenti e vizii nelle terre:

Sei romagnolo, e temo che non sdegni.

Or guardisi la testa il bolognino,

Che piccoletta piaga non l'atterre;                                              95

Così le gambe guardi il fiorentino,

 

Ché la chiocca taurina colà ascese

Facendosi ai filosofi lo nido,

E Arïete cadendo allor discese;

E parte dell' Aquario e dello Pesce                                            100

Cadde in Fiorenza, e ne sofferse Guido,

E ancor questo accidente più cresce.

 

L'Ariete fa la testa con la faccia

D'ogni animale, e fa lo Tauro il collo,

E Gemini le spalle con le braccia;                                              105

Del Cancro fan le stelle tutto il casso

E stomaco e polmoni, e il cuor non tollo,

E lo splene e le coste a lor pur lasso.

 

E formano le stelle del Leone

Lo stomaco e lo cuore e il dosso e il lato.                                  110

Nel ventre tien la Vergine ragione.

Porta la Libra nelle sue bilance

Le membra genital di ciascun nato

Di fuor del ventre (queste non son ciance),

 

E l'ombelico e li lombi con l'anche,                                            115

E le due parti sopra cui si posa l'uomo

Sentendo le sue gambe stanche.

Ove sta il seme e l'acqua che si stilla

Ed altro che tacere è bella cosa,

Governa Scorpïon quando scintilla.                                           120

 

Di chi con l'arco in cielo pur minaccia,

Le femora conforman le saette;

E Capricorno le ginocchia allaccia.

Aquario fa le gambe radïando,

Ed il Pesce, che è l'ultimo dei sette,                                           125

Forma li piedi ogni ora guizzando.

 

Per questi l'universe creature

Sono disposte, e le terre e li siti,

Secondo il modo delle lor figure.

Quel che tu vedi puoi sentire ormai                                            130

De' cittadini miei, che son puliti,

E come lebbra non fu giammai.

 

Ben fu possente in loro il sesto signo,

E son contento di quel che si dice,

Ch'ha rinnovato il scritto Santo Migno.                                      135

E tu a me: «Perché non puo' seguire,

E qual è la ragion che contraddice,

Che due corpi in un loco non si mire?

 

Ficcando lancia giù nell'acqua in fondo,

Un sol corpo è in tre lochi: e questo è certo                               140

L'ultima è vera, se provi il secondo.

Non è la lancia in terra, in acqua e in aria?

Anch'io ti provo e dico più scoperto:

Ogni elemento se dall'altro varia,

 

Son quattro corpi, dico, in un sol misto,                                     145

E l'aria con la luce corporata

Io veggio: dunque, pur nel primo insisto».

Ed io a te: S'io solvo, non gridare,

Ché utile è tacere ad una fiata

Quando non si convien più di parlare,                                        150

 

E dico che impossibil è due corpi

In un sol loco, e loco senza corpo;

Non voglio che nel falso più ti torpi.

Pone il maestro, e devi saper dove,

Ragione che ti punge come scorpo;                                           155

Ascolta ciò che dico e che mi muove.

 

Il loco è come forma del locato

E termina lo corpo ch'ei contiene,

Sì come sua materia l'ha formato.

Non puote una materia aver più forme,                                      160

Sì che a un sol corpo un loco sol conviene,

Ed è come materia che lo forme.

 

Onde alla prima tua ragion rispondo:

Per continüitate quella lancia

È in un sol loco. Così ti confondo.                                             165

E gli elementi, dico, un corpo fanno.

Chi dice che la luce è corpo, ciancia.

Secondo il detto di color che sanno,

 

Non tengono nel misto gli elementi

Le proprie forme; e voglio che tu il senti.                                   170

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License