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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO II
    • CAPITOLO III
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CAPITOLO III

 

Di alcuni segni fisionomici.

 

Mostra la vista qualità del core.

Lagrime poche col tratto sospiro

Col pïetoso sguardo, vien d'amore.

Cambiar figura con atti umili,

Poco parlare con dolce rimiro,                                                  5

Questi son segni d'amore non vili.

 

Crespi capelli con l'ampiata fronte,

Con gli occhi piccinini posti dentro,

Con memoria e ragion sono congiunti,

Fanno disdegno ne l'alma superba                                             10

Che d'ogni sottil cosa mira al centro,

Ma pure d'umiltà si mostra acerba.

 

Non ti fidar delle raggiunte ciglie,

Né delle folte, se guizza la luce:

Chiunque le porti, guarda non ti piglie.                                       15

Empio, d'animo falso e ladro e fello,

Col bel parlare suo tempo conduce,

Rapace lupo con vista d'agnello.

 

Non fu mai guercio con alma perfetta

Che non portasse di malizia schermo                                         20

Sempre seguendo la superba setta.

Occhi eminenti e di figura grossi,

Occhi veloci con lo sbatter fermo,

Son matti e falsi e di mercede scossi.

 

l'empïa forma d'aquilino naso                                                     25

Viver desïa dello bene altrui,

Onde di morte viene l'empio caso.

Egli è magnanimo fuor di pietate,

Sempre differve e non guardando a cui

Vive com' fera senza umanitate.                                                 30

 

Il concavato ed anche il naso fino,

Ciascun di questi a lussuria s'accosta:

Più del secondo dico, che del primo.

Chi lo ha sottile nell'estremo aguzzo,

Ovver rotondo con l'ottusa posta,                                             35

Muovesi all'ira: il primo, come cuzzo;

 

L'altro è magnanimo e di grave stile.

Superbo è chi possiede l'ampie nari,

E d'ampie orecchie di bestia è simìle.

Così le ha sottili e di bellezza care,                                             40

Sarà magnanimo per scienza nostra.

 

Mostrasi audace chi ha i denti rari;

Concupiscenza tien carnosa faccia

E forte teme piccolini affari.

Chiunque possiede la sua vista macra                                        45

Con la sollecitudine s'abbraccia,

Né l'abbandona come cosa sacra.

 

Chiunque l'ha grande, ben si mostra tardo

Ne li suoi moti: di ciò ben t'accorgi.

Piccola faccia tien pure a riguardo,                                            50

Ché raro ne fu nullo liberale

E timido si fa, se tu lo scorgi.

Mai non fu al mondonuovo animale.

 

Vista dolente e lentigginosa,

Che par traslata nel beato aspetto,                                            55

Dell'altrui male si fa grazïosa.

Non fe' mai tanto il porporato Gracco,

Che questa più non faccia nell'effetto:

Giuda tornasse, non le daria scacco.

 

Degli uomini che hanno corto collo,                                           60

Dolosi per natura come lupi,

Non basterebbe la virtù d'Apollo

A solvere i lor detti senza norma

E senza modo di malizia cupi,

Che lor gridare la contrada storma.                                           65

 

Il grosso collo di fortezza è segno;

Sottile e lungo fa timido l'uomo,

Ed imbecille come sottil legno.

Il grande che non tien troppo di grosso,

Magnanimo si mostra: e intendi como                                        70

Ciò che ne penso qui dirti non posso.

 

L'uomo guardando in terra che va chino,

O egli è avaro, o di sottile ingegno.

Or mi convien lasciar questo cammino

Dei corporali segni e darti modo                                                75

Di come intendo ciò che qui disegno,

E questa conoscenza come lodo.

 

Giudizio che procede da sapere

Con scritta legge riceve ripulsa

Eccettuando il singolar vedere.                                                  80

Per una vista a giudicare il fatto,

Sentenzia da virtute si rivulsa

E di ragione si corrompe il patto.

 

Non giudicare se tutto non vedi

E non sarai ingannato se ciò credi.                                             85

 

 




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