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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO II
    • CAPITOLO V
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CAPITOLO V

 

Della Giustizia.

 

O guida santa di queste altre donne,

Le tue bilance con la spada nuda

Sono del mondo perfette colonne.

O desolata terra, o posta a guai,

Che tua bellezza mirando rifiuda!                                               5

Sua trista piaga non sanerà mai.

 

Verrà il diviso, povertate e fame,

Pioverà sangue sopra campi ed erbe,

Parrà che il cielo la vendetta chiame.

Saranno i giusti oppressi da tiranni,                                            10

Bagnando il viso con lagrime acerbe

Per la tristezza degli empii affanni.

 

Però vedemo le città deserte

Con basse mura all'ombra delli boschi,

Che già fu tempo ch'erano bene erte.                                         15

Non fur fondate nella giusta pietra,

Come Pistoia di terra di Toschi,

U' peste nascerà con sua faretra.

 

Però diritto giudicate, o vui,

Con li volumi di Cesare Augusto,                                              20

Che a tutti specchio sia la pena altrui.

Non provocate ad ira gli altri poli,

Ponendo mano nel sangue del giusto

Che ardendo caggia nei nostri figliuoli.

 

Fanno nel mondo paterni peccati                                               25

E acerba lue dello tempo antiquo

Piaga cadere nelli giusti nati;

Ma gli occhi ciechi non veggono il fine

Per lo desio del volere iniquo

Non riguardando le cose divine.                                                30

 

Ogni peccato ha limitata pena,

E più gravosa quant'è più lontana.

Contra virtude, lasso, chi ne mena?

Non altro che l'inordinata voglia

Per qual s'attrista la natura umana                                              35

Nel tempo che del dolce sente doglia.

 

Il giudicare con gli empi scritti

Che fanno lagrimar gli occhi innocenti

E gli orfanelli in povertate afflitti,

Muover dal cielo fan la giusta piaga,                                          40

Giustificando queste grave genti,

Ciascun movendo che a virtù s'attraga;

 

Per gli orfani e le vedove e i pupilli

Chiamanti Iddio nello amaro pianto,

Sterpanti con le mani i lor capilli,                                               45

Sì com'è giusto, prendon lor balestre,

Sedendo ei soli ed afflitti cotanto

Come columbe nelle lor finestre.

 

Ma sopra terra l'empïo tenere,

O voi con la milizïa pomposa,                                                    50

Fate a la croce nuovo dispiacere.

Non liberate chi è degno di morte,

Fate nel mondo l'alma virtuosa

Sì che non pianga nell'eterna sorte.

 

Questa virtute vien dal quarto cielo,                                           55

E come il Sole illuma l'orizzonte,

Così fa questa con lo giusto zelo,

Illuma il mondo dando a ciascun merto,

E pena vendicando sopra l'onte.

Per lei sta il mondo che non è deserto.                                       60

 

Giustizia non è altro, a mio vedere,

Che a ciascun tribuendo sua ragione

Con il fermo e perpetuo volere.

Giusto è quegli che vive onestamente,

E non offende altrui né fa lesione,                                              65

A ciascuna suo merto puramente.

 

E questi porta del trionfo olive

E nell'eterna pace sempre vive.

 

 




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