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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO II
    • CAPITOLO XVI
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CAPITOLO XVI

 

Dell'Invidia.

 

O bel paese con i dolci colli,

Perché non conoscete, o genti acerbe

Con gli atti avari, invidïosi e folli?

Io puro te piango, dolce mio paese,

Ché non so chi nel mondo ti conserbe,                                      5

Incontro a Dio facendo tante offese.

 

Venirà il tempo delli tristi giorni

Di guerra che farà sanguigni i campi

Ed infuocati li tuoi monti adorni,

E, rotti li tuoi nervi, caderai.                                                       10

Se ciò s'allunga, però tu non scampi:

Senza rimedio nuda piangerai.

 

L'avara invidïosa mente vostra,

O Marchigiani, con le gravi colpe,

Secondo che lo cielo mi dimostra,                                             15

Conduceravvi nelle guerre accese,

E lascerete l'ossa con le polpe

Entrando l'anno con lo tristo mese.

 

Da voi sarà l'invidïa lontana

Quando al ponente ritornerà Tronto                                          20

E Castellano di terra ascolana.

Sì v'han condotti Recanati ed Iesi

Che, se tornate al ben, sarà congionto

Il monte di San Marco con Polesi.

 

'Scolta, Romagna con l'antiche volpi                                          25

Che fanno, per aver le nuove tane,

Nella gran pace li celati colpi:

Sarai pur soggiogata da tiranni.

Carne volpina vuol salsa di cane,

Ed aspre pene li peccati granni.                                                 30

 

L'invidïa, che il mondo no abbandona

E fura la virtù dell'intelletto

Ed arde ciecamente la persona,

Manduca l'alma distruggendo il core.

D'ogni peccato s'ha qualche diletto,                                           35

D'invidia non s'ha altro che dolore.

 

Questa è tristezza dello bene altrui

Ed allegrezza del dannoso male

Che vien per caso nelli tempi a nui.

È l'invidia più forte a sofferere                                                   40

Che non la povertate accidentale

Che fa del sommo stato l'uom cadere.

 

Se vuoi dell'invidioso far vendetta

E con più accesa fiamma far languire,

Accostati a virtù che il bene aspetta,                                          45

Dell'altrui male sempre sii dogliuso,

Ricordati del tempo ch'è a venire

E come la fortuna muta l'uso.

 

Ché chi si gode del vicino pianto,

In ver di lui vegnon le triste ore                                                  50

Ch'ei prende di tristezza nuovo canto.

Anima invidïosa e disdegnata,

Riguarda come è in croce il tuo Fattore

E per qual fine tu fosti creata:

 

Io dico a conseguir le degna sorte                                             55

Fuggendo per virtù l'eterna morte.

 

 




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