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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO III
    • CAPITOLO I
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LIBRO III

CAPITOLO I

 

Dell'Amore, ossia della vita attiva naturale.

 

Dal terzo ciel si muove tal virtute,

Che fa due corpi una cosa animata

Sentendo pene di dolci ferute.

Conformità di stelle muove affetto,

Trasforma l'alma nella cosa amata                                             5

Non varïando l'esser del soggetto,

 

Questa virtute è con l'anima unita

Nel suo creare, come Sole e luce,

Ché fu in un tempo lor forma finita.

Lascia il dolore degli acerbi giorni                                              10

Poi che in disïo l'alma si conduce

Donna mirando con gli effetti adorni.

 

Il terzo aspetto, dico, nel sestile

S'è permutando la Luna col Sole,

O anche l'orïente s'è simìle,                                                       15

Ciascun amore nasce per natura,

Insieme l'alme per virtù raccole

E più e men, secondo lor figura.

 

Amor non fu giammai nostro volere,

Ma vien per natural conformitate                                               20

Che nasce in noi per subito vedere.

Gli occhi umani sono calamite

Che attirano di nostra umanitate

Lo spirito col piacer, come vedite.

 

Amore è passïon di gentil cuore                                                 25

Che vien dalla virtù del terzo cielo

Che nel crear la forma al suo splendore.

Errando scrisse Guido Cavalcanti:

«Non so perché si mosse e per qual zelo».

Qui ben mi spiego lo tacer di Danti.                                           30

 

«Donna mi prega perch'io debba dire»

Dimostra che l'amor muove da Marte,

Dal qual procede l'impeto con l'ire,

Che strugge pïetà con la mercede,

Unita cosa per disdegno parte,                                                  35

Corrompe amore con la dolce fede.

 

Non è effettivo agente quel che priva:

Dunque lo Marte non puo' per suo lume

Formare amore in animal che viva.

L'antiche prove degli eccelsi ditti                                               40

Spogliano Marte di cotal costume,

Ché tien di guerra gli atti circoscritti.

 

Anche ogni agente, dico, naturale,

Che termina ad alcuna passïone,

Da quella dipartirsi mai non vale.                                               45

Del suo creare fu lo Marte cinto

Che all'ira triste e agli impeti dispone:

Amore dunque fu da lui respinto.

 

Senza vedere, l'uom può innamorare

Formando specchio della nuda mente                                        50

Veggendo vista sua nel 'maginare;

Ma pur dagli occhi nasce più piacere

E più si chiude amore in noi possente

Con gran dolcezza e con maggior temere.

 

Questa conformità muove diviso,                                               55

Fa l'anima parzial senza ragione

Nel primo sguardo, mirando nel viso.

Amor non nasce prima di bellezza:

Consimil stella muove le persone

E d'un volere forma la vaghezza.                                                60

 

Non si parton per altro che per morte

Quando la luce trina lor conforma

Insieme l'alme dal piacer raccolte.

Ma Dante, rescrivendo a messer Cino,

Amor non vide in questa pura forma,                                         65

Ché tosto avria cambiato il suo latino.

 

«Io sono con Amore stato insieme»:

Qui pose Dante che nuovi speroni

Sentir puo' il fianco con la nuova speme.

Contro tal detto dico quel ch'io sento,                                       70

Formando filosofiche ragioni:

Se Dante poi le solve, son contento.

 

Natura muove per l'eterno moto

E prende qualitati onde risulta

Esser perfetto che non sia remoto.                                             75

Io prendo esempio da lucente pietra

Che ha per qualità sua forma occulta

Che mai dal suo soggetto non s'arretra.

 

È naturale ciò che il ciel qui muove,

E ciò non prende mai contraria faccia                                        80

Finché non torna in qualitati nuove.

Se questa trina luce amor compone,

Non veggo che accidente amor disfaccia:

Di ciò son certo, senza opinïone.

 

Non intendo trattar d'amor divino                                              85

Come dell'alma nostra è somma vita,

Ché qui di lui parlar non posso a plino.

D'amor che nasce per virtù di sangue

Che per natura nelli nati alita

Io lasso, e dico come lo cor langue.                                           90

 

Come la luce ha il suo proprio aspetto

Illuminando l'aria che risplende

Facendo agli occhi natural diletto,

Così del cuore è oggetto suo l'amore

Lo qual, se limitato, non offende                                                95

toglie alla virtute il suo valore;

 

Ma come offende la virtù visiva

Di luce lo visibile eccedente

Ché lei corrompe potenza passiva,

Amor così tremendo fa languire                                                 100

Il cor che sospirando fa dolente

Sentendo pena del nuovo martire.

 

dov'è amore, sempre è gelosia

Ed è paura e pensiero e sospetto

E l'alma con la spene è tuttavia.                                                 105

Amor nel cerchio non tien fermo punto:

O cala o monta nell'uman concetto:

Sempre col moto fu così congiunto.

 

Chiunque non segue la carnal salute

Riguarda donna come Sole a fango,                                          110

Discaccia d'ogni vizio servitute,

E vede la certezza dello Bene.

Ma io, dolente, in ogni tempo piango,

D'amor sperando quel che non conviene.

 

Amor dall'atto quanto è più lontano,                                          115

Cotanto è più possente il dolce fuoco

Che tien gioioso sempre il cuore umano.

Ardendo fa alla vita il Ben sentire

Donna mirando nel beato loco

Che pace con dolcezza par che spire.                                        120

 

Ma sono in nostra umanità venute

Genti oscure con lor atto fiero

E son di tal virtù lor menti mute,

E la vista carnal van pur querendo;

Per l'abito poi cessa il moto altiero                                            125

Vilmente lor disïo conseguendo.

 

Amor, s'è vizïoso, poco dura;

S'è per vertude, ognora si conferma

Ché l'alma nel suo ben si trasfigura.

Amor che non comincia in ferme stelle                                       130

Tosto s'accende e avaccio si disferma

Partendo disdegnate l'alme felle.

 

Io son dal terzo cielo trasformato

In questa donna, ch'io non son chi fui,

Per cui mi sento ognora più beato.                                             135

Da lei prese forma lo mio intelletto

Mostrandomi salute gli occhi suoi,

Mirando la virtù nel suo cospetto.

 

Dunque, io son ella; e se da me si sgombra,

Allor di morte sentir deggio l'ombra.                                          140

 

 




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