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Francesco Stabili alias Cecco d'Ascoli
L'Acerba

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  • LIBRO III
    • CAPITOLO VII
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CAPITOLO VII

 

Confessione, Penitenza e Preghiera, e dei loro simboli cigno, cicogna e cicala.

 

Il cigno è bianco senza alcuna macchia

E dolcemente canta nel morire

Infino che la morte non l'abbacchia.

Così è bianca l'alma per virtute

Volendo questa donna conseguire                                             5

E per lei vede l'eternal salute,

E canta nella morte, innamorata

Andando al suo Fattor così beata.

 

Cicogna, quando ha male, il ben conosce,

Ché beve a forza dell'acqua marina,                                          10

Così da lei fa fuggire le angosce.

Se mai in fallo trova sua compagna,

La sdegna e mai con lei non s'avvicina;

Sola pensando va per la campagna.

 

D'animai velenosi si nutrica,                                                       15

E lor veleno giammai non l'offende;

Naturalmente de' serpi è nemica.

Non fa col viso, ma col petto cova,

E dentro al core pur l'ova comprende

Che su lo sperma sua virtute muova.                                          20

 

Poi ch'ella è vecchia, da li suoi figliuoli

Riceve nutrimento e gran dolcezza

Sì che in pace riposa de' suoi duoli.

Così fa chi conosce questa donna:

Sentendo de' peccati la gravezza                                               25

Prende conforto sì che non profonna.

Il vizïo abbandona disdegnanno,

Non teme il suo veleno, che nel mondo

Uccide l'uomo; su, nel dolce affanno,

Drizza lo core verso il fine e il bene                                            30

E, sofferendo il corpo il grave pondo,

Vede salute alla gravosa spene

E posa l'alma con dolcezza e pace

Sopra le stelle, sì come a Dio piace.

 

Canta cicala per ardente Sole                                                    35

forte, che il morire in lei fa scucco.

Le dolci olive per natura cole.

Quant'è più pura l'aria, più risuona

La voce sua che fa tacere il cucco,

Sì che il suo tristo canto più non suona.                                      40

 

Nell'olio messa, subito si muore:

Spandendo aceto sopra lei, risurge.

Così fa chi costei porta nel cuore:

Sentendo del divin splendor la luce,

Non fina la sua prece in sin che urge                                          45

La morte, dico, che al tacer conduce.

 

Facendo il canto della giusta prece,

Nell'alma fa tacere ogni vil cosa,

E, se pur cade nella triste nece,

Per penitenza riprende la vita                                                     50

Che per vergogna piangendo fu posa,

Satisfacendo con mente contrita

 

Sì che ritorna alla grazia divina

Della beata vita che non fina.

 

 




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