Berricuocoli, donne, e confortini!
se ne volete, i nostri son de’ fini.
Non bisogna insegnar come si
fanno,
ch’è tempo perso, e ’l tempo è pur gran danno;
e chi lo perde, come molte fanno,
convien che facci poi de’
pentolini.
Quando ’gli è ’l tempo
vostro, fate fatti,
e non pensate a impedimenti o imbratti:
chi non ha il modo, dal vicin l’accatti;
e’ preston l’un all’altro i buon’
vicini.
Il far quest’arte
è cosa da garzoni:
basta che i nostri confortin’ son
buoni.
Non aspettate ch’altri ve li doni:
convien giucare e spender
bei quattrini.
No’
abbiam carte, e fassi
«alla bassetta»,
e convien che l’un l’alzi e l’altro metta;
e poi di qua e di là spesso si getta
le carte; e tira a te, se tu indovini.
O a «sanz’uomo»,
o «sotto» o «sopra» chiedi,
e ti struggi dal capo infino ai piedi,
infin che viene; e, quando vien
poi, vedi
stran’ visi, e mugolar come mucini.
Chi si truova
al di sotto, allor si cruccia,
scontorcesi e fa viso di bertuccia,
ché ’l suo ne va; straluna gli occhi e succia,
e piangon anche i miseri meschini.
Chi vince, per dolcezza si
gavazza,
dileggia e ghigna, e tutto si diguazza;
credere alla Fortuna è cosa pazza:
aspetta pur che poi si pieghi e chini.
Questa «bassetta» è spacciativo giuoco,
e ritto ritto fassi, e in
ogni loco;
e solo ha questo mal, che dura poco;
ma spesso bea chi ha bicchier’ piccini.
Il «flusso» c’è, ch’è giuoco maladetto:
ma chi volessi pure uscirne netto,
metta pian piano, e inviti poco e stretto;
ma lo fanno oggi infino a’
contadini.
Chi mette tutto il suo in un
invito,
se vien «flusso», si truova
a mal partito;
se lo vedessi, e’ pare un uom ferito:
che maladetto sie Sforzo Bettini!
«Trai» è mal giuoco, e ’l
«pizzico» si suole
usare, e la «diritta» a nessun duole:
chi ha le carte in man, fa quel che vuole,
s’è ben fornito di grossi e fiorini.
Se volete giucar,
come abbiam mòstro,
noi siam contenti metter tutto il nostro
in una posta: or qui per mezzo il vostro,
sino alle casse, non che i confortini.
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