Le consonanti
Nel ‘dialetto veneto’, per quanto riguarda le
consonanti, non esistono gravi problemi giacché, solitamente, le parole si
leggono come sono scritte. Due secoli e mezzo fa, lo scrittore Iseppo Pichi a
riguardo del veneziano affermava: ‘Un
aviso ve dago par scurtarla: se scrive in venezian come se parla’. (Per
farla breve vi dico solamente questo: in veneziano si scrive come si parla). Io credo che sia possibile estendere
detta correlazione: ‘In veneto se scrive come se parla e se lese come xe
scrito’ (In veneto si scrive come si parla e si legge com'è scritto). La
vera e seria problematica, per riportare la parlata in iscritto, è quella di
compilare, sia grammaticalmente come ortograficamente, in modo esatto. Sono
convinto che a corretta scrittura possa seguire facile lettura e credo che le
difficoltà si possano risolvere con l’esercitazione.
Dal passaggio dal latino classico al latino
volgare e alle lingue ‘romanze’ (compresi i dialetti), si sono avvicendati
svariati mutamenti che riguardano la grafia all’inizio (elisione), nel corpo
(contrazione) e nel finale (troncamento) delle parole. Anche la pronuncia
(fonologia) dei termini che usiamo quotidianamente ha subito adattamenti
diversi e parole scritte in modo uguale (omonimia) hanno significati e suoni
diversi (omonimia, ma non omofonia): bòte
= percosse, bóte = botte. Per tali
particolarità, chiaramente evidenziate dall’applicazione di un’esatta
accentuazione, inviterei a leggere il paragrafo intitolato GLI ACCENTI. Alcune
diversità di scrittura e di pronuncia prettamente locali (esistenti nel
‘dialetto veneto’), sono da ritenersi neologismi che nascono, vivono, sono
apprezzabili e si esauriscono nel ‘folclore’ dell’ambito autoctono.
Salvo qualche sporadica ‘voce’, la stragrande
maggioranza dei veneti (nella parlata) e dei veneti (nello scrivere) non
raddoppiano le consonanti, salvo l’eccezione (che conferma la regola) della
cosiddetta doppia ss. Tale
singolarità, in ogni modo, riguarda la sola s quando si trova fra due vocali e va letta quale esse sorda intervocalica o esse sibilante intervocalica (musso, posso, tosse ecc.) per poterla distinguere dalla esse sonora o dolce intervocalica (muso,
poso, tose ecc.). Per altri chiarimenti riguardanti la s, segnalerei il paragrafo:
1)
– LA ‘S’ SONORA O DOLCE INTERVOCALICA ...., 2) LA ‘S’ SORDA O
SIBILANTE INTERVOCALICA... (e a seguire)...
|