L’apostrofo
L’apostrofo è un segno che
indica un’elisione (caduta di una vocale in una parola) o un troncamento. Esso
è usato per segnalare il posto ove dovrebbe trovarsi una o più lettere
alfabetiche che l’uso ha lasciato cadere.
Non si apostrofano mai i
maschili con l’art. ind. (un amico =
on amico / un orologio = on orolojo
/ un uccello = on osèlo). Vanno, invece, apostrofati i femminili con l’art. ind. (un'amica = n’amica / un'anima = n’ànema / un’altra= n’altra).
Note
A mio modesto parere (come, del resto, chiaramente scrive il prof. S.
Belloni nella sua grammatica, pag. 63), non mi sembra grammaticalmente esatto
riportare un altro (it.), in n’altro (dial.). Infatti, l’art. ind. uno = un o on, non si può
apostrofare giacché ha nulla (in finale) da elidere. A me sembrerebbe esatto
scrivere: un (on) altro oppure naltro oppure ’n
altro, ma non n’altro (salvo che
non si specifichi che questa forma anomala è ‘concessa’ per abitudine
acquisita). Qualche es.: Un (on) àlbaro, un (on) omo, un (on) orco, un (on) osèlo ecc. Mi
associo al prof. Belloni e a tanti altri valenti scrittori, che sostengono sia
da evitare, oltre n’altro, l’uso di scrivere: on’àlbaro,
on’omo, on’orco, on’osèlo, ecc.
Anche per l’art. ind. una = na, essendo una parola completa in sé,
derivante dalla riduzione dell’indefinito latino unam > na, non
abbisogna d’essere apostrofata anteriormente. Davanti a parola iniziante per vocale,
na solitamente non perde la sua a finale. Qualche esempio.: na àlbara, na erba, na ièna, na òca ecc. Eccezione. Davanti
all’indefinito altra preferisce,
però, l’apostrofo. Es.: El xe vegnù a catarme n’altra volta. = E’ venuto a
trovarmi un’altra volta. (Belloni, pag. 64).
Credo sia utile specificare che non è grammaticalmente esatto (anche se
molti disinvoltamente lo fanno e si giustificano dicendo: “Cussì i fà i altri”)
riportare in ‘dialetto veneto’ nol,
come se fosse un unico termine. Infatti, trattandosi di due termini distinti,
vanno tradotti in no el (due parole
distinte) oppure no ’l (elisione
preceduta da piccolo spazio). Inoltre, mi sembra del tutto errato scrivere no’l (senza lo spazio diventa un vero
apostrofo e apostrofo di che cosa?) Com’è evidente, si tratta di due voci
distinte, una congiunzione negativa (non
= no) ed un pronome personale (egli = el). Sono due termini e due termini devono restare! E’
esatto scrivere: Tonio no el (no ’l) vol studiare. = Antonio non
vuole studiare. E’ errato scrivere: Tonio nol
(no’l) vol studiare. (Belloni, pag. 115).
Riflessione.
Per un buon e bel scrivere, in qualunque dialetto come in ogni lingua
ci si cimenti, la faciloneria o il pressapochismo mai produranno buoni frutti.
Attenzione a non confondere CHEL
con CHE EL o CHE ’L. Es.: Anca mi a go visto chel (agg. dim.) film. = Anch’io ho visto quel film. // Mi a go visto che
el (che ’l) (che, cong. + el, art.
det.) toso ridéa. = Ho visto che
il ragazzo rideva. (Belloni, pag. 99).
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