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Antonio Balsemin
Desso ve conto…

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L’apostrofo

L’apostrofo è un segno che indica un’elisione (caduta di una vocale in una parola) o un troncamento. Esso è usato per segnalare il posto ove dovrebbe trovarsi una o più lettere alfabetiche che l’uso ha lasciato cadere.

 

Non si apostrofano mai i maschili con l’art. ind. (un amico = on amico / un orologio = on orolojo / un uccello = on osèlo). Vanno, invece, apostrofati i femminili con l’art. ind. (un'amica = n’amica / un'anima = n’ànema / un’altra= n’altra).

 

Note

A mio modesto parere (come, del resto, chiaramente scrive il prof. S. Belloni nella sua grammatica, pag. 63), non mi sembra grammaticalmente esatto riportare un altro (it.), in n’altro (dial.). Infatti, l’art. ind. uno = un o on, non si può apostrofare giacché ha nulla (in finale) da elidere. A me sembrerebbe esatto scrivere: un (on) altro oppure naltro oppure  ’n altro, ma non n’altro (salvo che non si specifichi che questa forma anomala è ‘concessa’ per abitudine acquisita).  Qualche es.: Un (on) àlbaro, un (on) omo, un (on) orco, un (on) osèlo ecc. Mi associo al prof. Belloni e a tanti altri valenti scrittori, che sostengono sia da evitare, oltre  n’altro, l’uso di scrivere: onàlbaro, onomo, onorco, onosèlo, ecc.

Anche per l’art. ind. una = na, essendo una parola completa in sé, derivante dalla riduzione dell’indefinito latino unam > na, non abbisogna d’essere apostrofata anteriormente. Davanti a parola iniziante per vocale, na solitamente non perde la sua a finale. Qualche esempio.: na àlbara, na erba, na ièna, na òca ecc. Eccezione. Davanti all’indefinito altra preferisce, però, l’apostrofo. Es.: El xe vegnù a catarme n’altra  volta. = E’ venuto a trovarmi un’altra volta. (Belloni, pag. 64).

Credo sia utile specificare che non è grammaticalmente esatto (anche se molti disinvoltamente lo fanno e si giustificano dicendo: “Cussì i i altri”) riportare in ‘dialetto venetonol, come se fosse un unico termine. Infatti, trattandosi di due termini distinti, vanno tradotti in no el (due parole distinte) oppure no ’l (elisione preceduta da piccolo spazio). Inoltre, mi sembra del tutto errato scrivere no’l (senza lo spazio diventa un vero apostrofo e apostrofo di che cosa?) Com’è evidente, si tratta di due voci distinte, una congiunzione negativa (non = no) ed un pronome personale (egli = el). Sono due termini e due termini devono restare! E’ esatto scrivere: Tonio no el (no ’l) vol studiare. = Antonio non vuole studiare. E’ errato scrivere: Tonio nol (no’l) vol studiare. (Belloni, pag. 115).

 

Riflessione.

Per un buon e bel scrivere, in qualunque dialetto come in ogni lingua ci si cimenti, la faciloneria o il pressapochismo mai produranno buoni frutti.

 

Attenzione a non confondere CHEL con CHE EL o CHE ’L. Es.: Anca mi a go visto chel (agg. dim.) film. = Anch’io ho visto quel film. // Mi a go visto che el (che ’l) (che, cong. + el, art. det.) toso ridéa. = Ho visto che il ragazzo rideva. (Belloni, pag. 99).

 




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